Il calcio torinese ha perso la memoria
Una mutazione genetica ha stravolto i connotati di questa squadra, rendendola irriconoscibile: il tremendismo si è tramutato in una paura incondizionata, il Filadelfia è in rovina, il celebre vivaio è un sottobosco, i tifosi scioperano, la retrocessione non è il peggio che possa capitare. Il peggio è questa serie B, vissuta da comprimari. La rimozione di Cairo è stata un’opera lenta ma inesorabile: ha finto di flirtare con Zaccarelli e Pulici, due tra tanti, ma si è guardato bene dall’imbarcarli. Troppo ingombranti, persino per un presidente assiso a furor di popolo. Ha faticato a digerire Camolese, un altro reperto, salvo espellerlo a missione fallita.
E adesso, anche se volesse risalire la corrente, dopo aver cambiato nove allenatori e non si sa quanti direttori sportivi, non saprebbe a chi affidarsi. D’accordo, le bandiere non vanno più di moda e la retorica da queste parti ha prodotto seri guasti. Per qualche predecessore di Cairo è stata addiritura impostura, basta fare l’inventario delle promesse a vuoto. In compenso questa squadra non va da nessuna parte per la semplice ragione che non si ricorda da dove viene, e non c’è nessuno che la costringa al ripasso. Sale a Superga perché ce la portano una volta all’anno, per mano, in fila per due, e mi raccomando non disturbate i morti.