Dramma di Galdiolo, generosità viola

di Xavier Jacobelli
17.11.2010 19:34 di  Raffaella Bon   vedi letture
Fonte: datasport

Bagno a Ripoli (Firenze), 16 novembre 2010 - "La nostra famiglia vive in Romagna. Mio padre ha lasciato Firenze trent'anni fa. E' commovente vedere quanta gente si sia radunata qui, stasera, nel suo nome. E noi non abbiamo parole per ringraziare tutti". Alessandro Galdiolo è uno dei tre figli di Giancarlo, cioè è un altro Giancarlo, tanto gli rassomiglia. Vicino a lui c'è Alberto, il fratello; in sala, c'è Eleonora, la sorella. Sono qui, nell'Antico Spedale del Bigallo, sulle colline che guardano Firenze, perchè Giovanni Galli e la Fondazione che porta il nome del figlio Niccolò, insieme con Moreno Roggi, il Comune di Bagno a Ripoli, i tifosi viola, la Fiorentina di oggi e di ieri, ha organizzato una serata per aiutare l'antico Capitano, stopper dei toscani dal '70 all'80, (229 partite e 3 gol), amatissimo dai propri sostenitori per la serietà, la determinazione, lo spirito gladiatorio che ne contraddistinguevano le prestazioni.

Colpito da una demenza fronte-temporale, Galdiolo, 62 anni, è gravemente ammalato. Il buco nero l'ha inghiottito un anno fa, dopo essersi preso troppi altri ex viola: Bruno Beatrice, morto a 39 anni a causa di una leucemia linfoblastica acuta; Nello Saltutti, morto nel 2003 a 56 anni per un infarto; Massimo Mattolini, morto nel 2009 a 56 anni, a causa di un'insufficienza renale. E poi, Giuseppe Longoni, morto a 64 anni; Ugo Ferrante, morto a 59 anni; Ugo Sforzi, senza dimenticare i problemi di salute che hanno afflitto Mimmo Caso, Giancarlo De Sisti, Giancarlo Antognoni. Nell'agosto scorso, con un'iniziativa coraggiosa, i figli di Galdiolo sono usciti allo scoperto e hanno reso pubblico il dramma del padre. 'Non si tratta di Sla. Magari si trattasse di Sla. Purtroppo la malattia contro la quale combatte papà è più grave.

Speriamo che il suo nome riesca a dare nuovo impulso alla ricerca. L'assistenza è difficile perchè nostro padre va tenuto sempre sotto osservazione, anche durante il sonno. Papà non si è mai dopato durante la carriera da calciatore, ha giocato partite di novanta minuti fino a 60 anni, aveva un fisico incredibile'. I ragazzi di Galdiolo sono ammirevoli: affrontano il dramma del padre con dignità e coraggio. L'affetto della gente viola li rincuora. Mihajlovic, Gamberini, De Silvestri, Ripa e poi Galli, Antognoni, Speggiorin, Desolati, Celeste Pin, Riganò: l'uno dopo l'altro si alternano al microfono di Gianfranco Monti e Mario Tenerani per dire che, ciò che conta è essere qui, stasera. "Non ho conosciuto Galdiolo - annota Mihajlovic - Ma quando mi hanno raccontato la sua storia e mi hanno detto che è stato il capitano della Fiorentina, per me è diventato il mio capitano. E sono venuto". Struggente la testimonianza di Antognoni: "Io, Giancarlo l'ho conosciuto bene. Ha sei anni più di me e, quando sono arrivato a Firenze, per un certo periodo abbiamo abitato nella stessa casa. Allora non c'erano nè i computer né i social network:; allora si diventava veri amici, giorno dopo giorno. Giancarlo è stato anche mio testimone di nozze: sono qui per dirgli di non mollare". L'atmosfera si fa rarefatta, la commozione si legge sui visi di tutti. I tifosi si stringono attorno a quei ragazzi, partecipano alla raccolta fondi promossa grazie alla vendita di 170 bottiglie di Brunello di Montalcino, espressamente prodotte dall'omonimo consorzio presieduto da Stefano Ciatti, per aiutare Galdiolo.

Il calcio è sempre capace di stupire per la generosità e la solidarietà che sa esprimere grazie ai campioni rimasti tali anche dopo essersi ritirati. Giovanni Galli, ad esempio, insieme con Anna e le loro figlie, Camilla e Carolina, onorano il ricordo di Niccolò con la fondazione che ha un solo scopo: fare del bene al prossimo. E il pensiero corre al sostegno di Roberto Baggio alla Fondazione Borgonovo, a ciò che ha fatto Moreno Roggi per Adriano Lombardi, ex capitano del Como e dell'Avellino, morto di Sla. I ragazzi di Galdiolo, stasera nell'Antico Spedale che nel Medioevo ospitava i pellegrini in viaggio verso Roma, hanno compreso di non essere soli. E' l'unica cosa che conti.