ESCLUSIVA TG – Cassardo: “Il problema del Torino è la società che pensa solo ai conti in ordine”

01.03.2018 07:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
ESCLUSIVA TG – Cassardo: “Il problema del Torino è la società che pensa solo ai conti in ordine”
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© foto di Federico De Luca

Marco Cassardo è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Cassardo è un mental coach, scrittore, giornalista e tifoso del Toro. Con lui abbiamo parlato delle difficoltà del Torino.

Ammesso e non concesso che perdere con la Juventus ci possa stare, con il Verona penultimo in classifica e con un piede in serie B no. Ma quali sono i mali del Torino?

“Mi sembra abbastanza palese che ci sia un problema di società, non si può pensare che ogni anno si debbano ripetere sempre le stesse cose. Il problema consiste nella mancanza di un progetto serio e mancano personaggi societari che siano vicini alla squadra. Penso, infatti, che la squadra sia un po' abbandonata a se stessa e credo che i problemi siano fondamentalmente legati a questo tipo di società, alla mancanza di progettualità e al fatto che non succeda mai niente di granata, come ad esempio investimenti importanti sul Filadelfia da parte della società oppure iniziare a pensare a uno stadio di proprietà o anche pensare a personaggi in società che fungano da tramite tra la società stessa e la squadra. Sembra che mai come in queste situazioni i problemi stiamo nel manico e ogni voltaci ritroviamo a febbraio con la stagione già finita e a dare le colpe all'allenatore di turno. Non è questo il punto, bensì sta nel fatto che se la società è assente questi sono poi i risultati e questo è il primo discorso. Il secondo discorso è legato al fatto che la società punta esclusivamente allo scudetto del bilancio e ai vari premi che prende Cairo in giro per il mondo, ma poi noi negli ultimi sei o sette anni abbiamo avuto giocatori come Zappacosta, Darmian, Glik, D'Ambrosio, Ogbonna e potrei continuare, mentre adesso abbiamo come titolari De Silvestri e Molinaro. I soldi non sono investiti per rinforzare la squadra, ma per costituire il tesoretto. Il discorso sempre lo stesso: da una parte manca la voglia di rinforzarsi veramente e, quindi, c'è soltanto l'interesse di avere i conti a posto e dall'altra una società lontana, distante, assente e poco entusiasmante".

Ma com’è possibile che giocatori professionisti sbaglino ripetutamente gli approcci alla partite o non abbiano la forza mentale di reggere per tutta la durata della gara?

“Innanzitutto farebbero bene a venire da me che sono un mental coach (sorride, ndr) perché ci sono dei casi abbastanza palesi di giocatori del Torino che a livello mentale sono veramente in difficoltà, quindi, molti ragazzi avrebbero bisogno di farsi aiutare. Ovviamente si tratta di un discorso personale, infatti, nella squadra ci sono vari giocatori che hanno difficoltà mentali di tenuta e altri che sono scarsamente interessati alla maglia, soprattutto gli stranieri. In terzo luogo comunque c'è sempre alla base il discorso societario. Se un giocatore dentro di sé non ha la forza caratteriale e non riesce a motivarsi autonomamente deve essere motivato in gran parte dall'esterno e questo avviene quando si ha un allenatore molto forte dal punto di vista caratteriale e una società che sta alle costole in modo che il giocatore sia costantemente tenuto sul pezzo. Ai giocatori del Torino succede che appena la tensione su di loro molla un attimo, passatemi l'espressione, calano le braghe. Indubbiamente i giocatori hanno delle belle responsabilità anche loro sugli approcci sbagliati alle partite o sul fatto che non tengano alta la determinazione per tutto l'arco della gara".

Prima c'era Mihajlovic che sicuramente era uno forte, adesso c'è Mazzarri che magari usa toni differenti ma dà l'impressione di essere un allenatore che non lascia correre le cose eppure i risultati non cambiano, perché?

"E' una bella domanda e per rispondere innanzitutto ci vuole umiltà perché bisognerebbe conoscere i vari giocatori che compongono la rosa del Torino perché parlare da fuori può essere fatto da un giornalista, ma non da un mental coach. Se mi si chiede un'interpretazione psicologica la mia risposta onesta è che dovrei conoscere l'ambiente. Due cose dovrei conoscere: da una  parte i singoli giocatori che compongono la squadra e dall'altra le dinamiche di gruppo. In qualsiasi sport di gruppo bisogna considerare da una parte il singolo e dall'altra come il singolo si pone all'interno del gruppo. Questa è la risposta tecnica che posso dare, però, aggiungo quello che ho detto prima perché non è che tutti i giocatori che arrivano al Torino di colpo diventano incapaci così come gli allenatori e di conseguenza se ogni volta succede una cosa del genere evidentemente il problema sta nella società. Possiamo raccontarci tante cose, ma molto probabilmente anche Nainggolan e Mandzukic se arrivassero al Torino diventerebbero mosci. È inutile che ogni anno si pensi che il problema stia nei giocatori o dell'allenatore perché non è possibile che chiunque arrivi si ammosci e non riesca a esprimersi sui livelli precedenti o non sia in grado di raggiungere gli obiettivi".

Il prossimo avversario sarà il Crotone che lotta per non retrocedere, il Torino dovrà puntare sull’attacco o prima di tutto dovrà pensare a difendersi per non incappare in un’altra partita deludente?

“Credo che debbano dare il tutto per tutto e giocare buttando, come si suol dire, il cuore oltre l'ostacolo. Poiché come sempre la nostra stagione è già finita a febbraio adesso devono concentrarsi partita per partita cercando di dare il massimo in ogni singola gara e, soprattutto, a livello agonistico. Il secondo tempo con la Juventus e il primo con il Verona giocato "da scapoli e ammogliati" sono stati inguardabili. A livello di agonismo, pressione e rabbia i giocatori del Torino devono dimostrare di aver voglia di vincere la partita a prescindere, non è un discorso se debbano difendere oppure attaccare, ma avere un'intensità agonistica devastante per novantacinque minuti però ci verrebbe da dire".

Se non l'hanno fatto prima quando c'era la possibilità di andare in Europa League adesso che questa possibilità è ridotta al lumicino per non dire svanita dove troverebbero le motivazioni?

"Il Toro è una squadra strana perché non è sempre andata male, è una squadra molto umorale, lunatica, infatti, ha disputato partite mettendo grande pressione agli avversari. Con il Bologna aveva attaccato per novantacinque minuti, a Genova contro la Sampdoria aveva fatto una partita eccellente così come in precedenza a San Siro contro l'Inter e  contro il Milan e anche nella capitale con la Roma in Coppa Italia e con la Lazio in campionato, quindi, si tratta di una squadra che ha le qualità e le possibilità per disputare partite ad alto livello agonistico per novantacinque minuti. Tornando a un'interpretazione da mental coach che può essere utile per capire, molto spesso dipende da quanto ci si sente forti e da quanto ci si sente capaci di fare le cose e in questo caso si parla di efficacia. I giocatori del Torino hanno già dimostrato di avere auto-efficacia perché quando sono andati due volte a Roma e hanno vinto sia con la Roma sia con la Lazio e altre due a Milano e hanno pareggiato con Inter e Milan e con i nerazzurri avrebbero meritato di vincere, questo vuol dire che le capacità ci sono e di conseguenza non è tanto una questione di capacità, ma di voglia, di determinazione, di rabbia e di desiderio di raggiungere la vittoria. Quindi, com'è successo in passato può riaccadere, il problema è che bisogna attivarsi, bisogna accendere la lampadina, ma se non lo si fa accade che una squadra come il Verona, che è decisamente più debole del Torino, ti prende a pallonate per un tempo mentre nelle precedenti tre partite non aveva fatto un tiro in porta".

In questi casi bisogna aggrapparsi ai giocatori con maggiore personalità o comunque a quelli che hanno voglia di dimostrare qualche cosa come Ljajic?

"Sì anche, però, bisogna soprattutto aggrapparsi all'amor proprio. Bisogna aggrapparsi ai giocatori di maggior qualità, ma anche a quelli che ne hanno meno e che puntano tutto sull'agonismo. È il momento di dare il centoventi per cento, anche per chi dal punto di vista tecnico non ha le qualità di Ljajic o Niang e di conseguenza deve raddoppiare il proprio furore agonistico. Non è una questione di giocatori più bravi o meno bravi perché ognuno deve dare il meglio di se stesso. C'è il se stesso che è un giocatore tecnico alla Niang o alla Ljajic e il se stesso che è un giocatore di rottura e di aggressività come lo sono Acquah e Obi. Non si deve pensare all'altro, ma a se stessi pensando di dover mettere in mostra quelle che sono le proprie capacità".