Mourinho: la preda preferita

11.11.2008 11:48 di  Marina Beccuti   vedi letture
Mourinho: la preda preferita
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In Italia i critici non aspettavano che lui, lo Special One del calcio internazionale, colui che avrebbe cambiato le sorti del calcio italiano. Che Mou sia un tantino presuntuoso è vero, ma il suo curriculum parla chiaro e, complici anche i media che sanno esaltare quanto sbattere nella polvere, è diventato un dio in terra. Mou è un allenatore bravo, preparato, scienziato della partita, dove tutti i meccanismi devono funzionare alla perfezione per vincere, perchè se qualcosa s'inceppa iniziano i problemi. Al mister portoghese forse manca un po' di fantasia, quella di saper inventare qualcosa sul momento se le cose non vanno per il verso giusto, ma i vincenti devono sempre appoggiarsi a regole chiare, ferre e precise. Per rendere al meglio deve avere grandi campioni, ma è il destino dei predestinati, di chi nasce gratificato da madre natura, dove i grandi, si sa, stanno con i loro pari livello.

Detto questo Mourinho merita rispetto, come tecnico e uomo, dunque andarlo a solleticare continuamente sul nervo scoperto è un gioco quasi perverso, con Mou che spesso cade nel trabocchetto delle polemiche sterili di chiara marca italica. Dove si deve parlare di tutto, tranne che delle cose serie. Prima hanno messo alla gogna Mancini, ora tocca a Mou salire sul patibolo, in un gioco perverso che non rende giustizia ad una squadra comunque forte come l'Inter.

La cosa più ignobile però è stata quella di andare a riprendere una vecchia intervista di Mourinho, quando ancora non allenava in Italia, dove aveva parlato di mafia. Prima di partire per una trasferta in terra italiana, il portoghese aveva detto che ci volevano cinque guardie del corpo per sentirsi protetto. Una battuta sicuramente infelice, detta magari senza cattiveria, ma andarla a riprendere a pochi giorni dalla sfida contro il Palermo sa di provocazione gratuita, per mettere continuamente in cattiva luce un allenatore che probabilmente sta scomodo a tanti. In Italia si vuole dare una parvenza di internazionalità, ma dobbiamo ancora imparare molto prima di convivere senza remore con lo straniero, che magari ha pure qualcosa da insegnarci.