Il derby delle parole finisce con un pugno di mosche. L'unica scintilla granata è stato l'apporto di Niang
E' stato un Toro triste, mesto, senza idee quello sceso in campo contro la Juventus, pronto a fare sfracelli, almeno secondo le parole dei possibili, probabili protagonisti, che poi in campo si sono per così dire scansati, non per proprio volere, ma per non potere. La Juve non ha acceso il match, perchè è scesa in campo con pochi titolari e molte riserve (che in una squadra normale sarebbero titolari, sia chiaro), che ha perso addirittura Higuain nel primo quarto d'ora. Ma Bernardeschi, nemmeno al meglio della condizione fisica, è riuscito a trovare il lampo di genio della partita per il gol di Alex Sandro. Fine della partita.
Il Toro non ha fatto molto per cercare di ribaltare il risultato e lo stesso i bianconeri non si sono affannati a trovare il raddoppio, riducendosi a gestire il pallone e poco più. Questo è stato il derby, brutto, senza mordente, noioso come una partita qualunque, come quelle che troppo spesso ci propina il campionato italiano. L'unico che ha acceso il match è stato Niang, che oggi ha dimostrato di essere superiore alla media dei suoi compagni, sia dal punto di vista atletico che di classe. Aveva ragione Mihajlovic a volerlo, peccato che non abbia potuto utilizzarlo nel suo momento migliore.
Belotti non ha dimostrato di saper ancora fare la differenza, anche se è stato picchiato dai difensori bianconeri, mentre Falque ha provato a far risaltare il suo estro, ma era siderale la distanza tra lui e lo stesso Belotti, per provare ad imbastire un'azione d'attacco da cardiopalma per i biancoeri.
Com'è distante il Toro di Cairo rispetto ai granata degli anni passati, dove proprio il derby li esaltava e permetteva loro di vincere anche partite impossibili. I derby attuali sono pieni di parole dette alla vigilia, salvo poi uscire dal campo con un pugno di mosche. Tra gli applausi dei tifosi innamorati, forse troppo, di quello che rimane più un sogno che realtà.