Quando Bianchi zittì Lerda

04.05.2012 08:04 di  Marina Beccuti   vedi letture
Quando Bianchi zittì Lerda
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© foto di Alberto Mariani

Franco Lerda l'anno scorso poteva vivere una situazione simile a quella di Delio Rossi ma non reagì. Per dovere di cronaca (l'hanno fatto presente alcuni tifosi) è bene menzionare anche l'altra faccia della medaglia, prendere ed incassare. Tutti ricordano quel gol di Rolando Bianchi (allenato da Delio Rossi ai tempi della Lazio, ndr), nel campionato scorso, in Torino-Pescara (3-1, giocata il 19 febbraio 2011) quando poi corse verso la panchina di Lerda con il dito sulla bocca per zittirlo e dirgli: "Adesso stai muto". Ma il caso è comunque diverso come dinamica. Intanto Bianchi segnò quando il Toro stava vincendo, mentre mercoledì la Fiorentina stava perdendo e Ljajic era stato sostituito per non aver fatto quanto chiesto dal mister. Inoltre il serbo è ancora giovane e non possiede ovviamente il carisma di Rolando Bianchi, capitano del Torino nonchè suo bomber da quattro anni. Inoltre Bianchi aveva rosicato in panchina perchè aveva saputo sul pullman che portava la squadra all'Olimpico che non sarebbe partito titolare. Questo fatto scatenò un putiferio incredibile, chi difendeva il capitano e chi il mister, perchè Bianchi, secondo alcuni, aveva offeso con quel gesto anche i compagni, per non parlare della multa che ricevette. Lerda rimase impassibile e non lo prese per il collo, Rossi comunque doveva covare una specie di vulcano dentro di sè per arrivare a tanto e siamo certi che due secondi dopo fosse già pentito del gesto. Comunque i media che hanno fatto titoloni con su scritto che Rossi aveva preso a pugni Ljajic hanno sbagliato, almeno a declinare il verbo, perchè il mister romagnolo ha tentato di farlo ma ha preso solo il giocatore per le spalle, c'è una bella differenza dal colpire con un pugno. Al di là di tutto, la trance agonistica, come si suol dire, a volte fa davvero brutti scherzi, anche perchè qui abbiamo parlato di tutte persone tranquille e poco inclini alle sceneggiate, tranne uno (Ljajic), che deve ancora imparare ad essere un uomo prima di diventare un idolo.