Per il bene del Toro dirigenti e Ventura devono avere la stessa visione del futuro
“Dipende dagli obiettivi che il club si pone”, “Dipende se si vuole vincere subito o no”, “Andrà via un pezzo importante. Mi auguro rimarranno tutti gli altri e penso che faranno meglio”, “E’ stata un’annata negativa, ma si è seminato molto e servirà d’esperienza, specialmente per i giovani”, “L’obiettivo nostro non è la parte sinistra della classifica, ma lottare tutti gli anni per andare in Europa. Per riuscirci o si fanno investimenti importanti su giocatori che già disputano le Coppe oppure li si costruisce in casa, come abbiamo deciso di fare noi”. “Serve pazienza con i giovani, c’è chi cresce in poco tempo e chi ha bisogno di anni”, “Serve pazienza, non si po’ pensare di essere in attivo con i bilanci e in sei mesi ottenere chissà quali successi in campo”. In sintesi questi sono i concetti che Ventura ha espresso al termine della partita con il Napoli e che in parte aveva già detto più o meno esplicitamente in altre occasioni.
Le parole di Ventura possono essere lette e interpretate in vari modi, dal tentativo di giustificare una stagione deludente scaricando anche qualche sua diretta responsabilità, al voler spronare i vertici della società, Cairo e Petrachi in primis, a fare investimenti maggiori se si vogliono risultati nel breve periodo, all’avvertire i tifosi che anche per la prossima stagione non possono aspettarsi chissà quali risultati perché per costruire uno zoccolo duro formato dai giovani di prospettiva ci vuole tempo e non basta una stagione di transizione.
In questi ultimi anni non c’è mai stata vera chiarezza sugli obiettivi stagionali, solo indicazioni generiche e qualche accenno o sussurro. Questo ha portato tutti in società a potersi nascondere dietro la vaghezza delle dichiarazioni e a non assumersi fino in fondo la responsabilità quando non sono giunti i risultati agognati, sperati, vagheggiati, sognati, ognuno utilizzi il termine che più gli piace. I successi, come la partecipazione all’Europa League, sono stati da tutti sbandierati e ognuno non è mancato di attribuirsene i meriti, così come l’aver portato in Nazionale giocatori che prima non erano nel giro oppure aver ceduto a importanti club calciatori che erano assurti alla ribalta giocando nel Torino facendo plusvalenze di grande rilievo. Quando, però, le cose hanno iniziato a girare meno bene solo qualche piccola ammissione giustificando il tutto con l’avere pazienza perché i giovani hanno bisogno di tempo per crescere e sbandierando di avere i conti in ordine a differenza di tante altre società che in classifica sono decisamente più avanti del Torino.
Il rischio è che tutto ciò diventi un boomerang e che, come tante volte accade e non solo nel mondo del calcio, l’unione d’intenti tanto e sempre sbandierata stia venendo, di giorno in giorno, meno. Nessuno sembra disposto ad assumersi la responsabilità di questa stagione mediocre e soprattutto si ha l’impressione che serpeggi il timore che anche il prossimo campionato non sarà tanto differente e quindi per non finire nel tritacarne delle critiche si cerchi, più o meno esplicitamente, di mettere preventivamente le mani avanti in modo da non essere indicati come i responsabili della situazione. Il Toro per la sua Storia e i Tifosi per la loro abnegazione e per l’amore incondizionato meritano chiarezza assoluta e nessuno può permettersi di scaricare su altri le responsabilità, se ci sono opinioni e intenti divergenti sulla programmazione del futuro ognuno vada per la sua strada e si smetta di sembrare una famigliola felice stile Mulino Bianco, il campo dirà chi ha agito per il bene del Toro e chi per il suo tornaconto personale.