Mihajlovic: “Il Toro sta nell’arena, lotta, combatte e non ha paura. Servono giocatori di carattere”
Sinisa Mihajlovic è stato presentato, alla conferenza stampa erano presenti il presidente Cairo, il direttore sportivo Pertachi, il direttore generale Comi e tutto il nuovo staff tecnico e il responsabile medico Albertini. Dopo un’introduzione, che ha fatto capire chi è nel profondo Mihajlovic e quali sono i suoi valori e il suo concetto di allenatore, il neo mister del Torino ha risposto alle domande dei giornalisti presenti, ecco le sue parole:
“Buongiorno a tutti, prima di rispondere alle vostre domande vorrei dire qualche cosa. Per me è un grande onore essere qui oggi perché quando mi raccontavano che il Torino è un’altra cosa rispetto ad altri club pensavo fosse un’esagerazione, ma ora mi sono accorto che non è così poiché qui si respirano pagine di storia e quelle granata sono tra le più belle, drammatiche e intense del calcio italiano. Penso che questo club sia fatto di anima, cuore, orgoglio, lacrime e sudore, come piace a me e avevo voglia di ritornare a lavorare in un club, in una società che mi assomigliasse. Diciamo che il Toro è abituato a stare nell’arena e ha il compito di lottare, combattere e non ha paura e per questo noi in tutte le partite che faremo lotteremo e combatteremo, ma vogliamo anche giocare bene a calcio per far divertire i nostri tifosi. Ho scelto questa società perché penso che sia epica e fa venire voglia di vivere con la sua sciarpa al collo, segno di appartenenza ai colori e di rispetto per gli eroi che li hanno indossati. Si dice che gli eroi sono sempre giovani e belli e i giovani e belli muoiono per diventare leggenda. Il Torino ha vissuto tutto questo sessantasette anni fa e proprio per questo ho chiesto al presidente di accompagnarmi dopo la conferenza a Superga per deporre un mazzo di fiori e omaggiare quelli là che ci guardano da lassù perché penso che il Torino, più di ogni altra società, sia legato alla sua storia. Noi, io per primo con tutti gli altri, dobbiamo essere sempre all’altezza in ogni partita, in ogni allenamento e in ogni minuto nel quale indosseremo la maglia granata. Ci sono ancora tante cose che vorrei dire, ma me ne scordo alcune, però, sicuramente la cosa importante è che i presenti daranno tutto il possibile poiché penso che sia necessario recuperare i valori d’appartenenza e i valori morali perché quando si lavora, quando si deve fare bene per un club è necessario conoscerlo, capirlo, amarlo. Chi mi conosce bene sa che io non sono abituato a fare appelli ai tifosi perché ritengo che il loro sostegno lo si debba meritare sul campo, ma una cosa la voglio chiedere: trasmettete a chi si avvicina alla storia granata con rispetto come me e a chi non la conosce come i ragazzi giovani che arriveranno che cosa è il Torino. Questa è una cosa fondamentale. Se noi riusciremo a sentire sulla nostra pelle la gioia di ogni vittoria o il dolore di ogni sconfitta, come accade a ogni nostro tifoso, allora sì che questa può essere una grande stagione ed è per ciò che non vedo l’ora di cominciare. Questo è più o meno quello che volevo dire e se ci sono domande sono qui a disposizione”.
Con quali moduli intende giocare? E se rimanesse Bruno Peres dove lo collocherebbe?
“Non ho un modulo preciso, perché penso non ci sia un modulo che faccia vincere o perdere le partite, ma bisogna trovare il modulo che si adatta meglio alle caratteristiche dei giocatori che sono a disposizione. Vedremo quello che faremo sul mercato e la società sa che cosa deve fare e poi faremo di tutto per riuscirci. I moduli possono essere diversi, durante la mia carriera ho giocato in tutti i moduli tranne con quello a 3, ma penso che dopo quattro-cinque anni anche voi volete qualche cambio (sorride, ndr). Ho fatto solo una partita con la Fiorentina e una con la Sampdoria giocando a tre e ho anche vinto, ma in altre occasioni non l’ho più utilizzato, perciò non ho un modulo predefinito. Sono molto preparato su tutto e sicuramente avremo un modulo di base, ma ci saranno anche moduli alternativi in modo da poter cambiare durante le partite, questo dipende sempre dai giocatori che abbiamo e che prenderemo. Una cosa è sicura le scelte le abbiamo fatte e le faremo e qualche giocatore andrà via e qualche altro arriverà, ma è certo che tutti quelli che ci sono e che arriveranno dovranno avere una caratteristica in comune: di essere ambiziosi, motivati e di aver voglia di migliorarsi, di sacrificarsi e di avere fame”.
Che cosa manca a questo Torino, o che cosa non deve perdere dell’attuale rosa, per tornare in Europa? Basta un mix di giovani e di giocatori esperi o serve il cosiddetto top player?
“Noi partiamo un po’ svantaggiati rispetto alle squadre più forti. Sono convinto che se noi saremo tutti uniti, la società, la squadra e i tifosi, potremo recuperare quei sei o sette punti che ci possono permettere di andare in Europa. Come ho detto, stiamo facendo, si è appena cominciato per quel che riguarda la squadra e sono convinto che faremo di tutto per andare in Europa, ho parlato con il presidente e con Petrachi e loro sono ambiziosi quanto me e tutti vogliamo fare bella figura. Questo è il nostro obiettivo, poi vedremo se riusciremo a raggiungerlo oppure no, ma sicuramente non ci tiriamo indietro.
Qualche top player? Non lo so, tutti quelli che vorranno venire al Torino e che ci sono devono essere contenti di giocare nel Toro. Io non guardo i nomi, non sono importanti, il nome non va in campo e non gioca, ho avuto qualche esperienza di calciatori che avevano un nome e poi in campo è rimasto solo il nome e non c’era nulla del giocatore. Ribadisco: i giocatori che verranno devono avere fame, essere ambiziosi, avere voglia di sacrificarsi e di migliorarsi, solo questo”.
Ventura diceva che i giocatori erano adatti al 3-5-2 mentre le li vuole duttili, quindi quanto peserà la sua mano nella costruzione della rosa?
“Sono uno che è abituato e che gioca per vincere, non per non perdere. Per questo la mia squadra deve essere offensiva: pressare l’avversario, il recupero deve essere immediato, però, bisogna trovare un equilibrio tra il saper attaccare bene e il difendersi. L’equilibrio è fondamentale e ci saranno delle partite dove si soffrirà e bisognerà difendersi e per farlo servono giocatori di carattere che sappiamo prendersi qualche rischio per poter vincere qualche partita. Magari poi si perderà, ma non sono uno che gioca per non perdere, gioco sempre per vincere. Ho sempre fatto così e dobbiamo creare una mentalità vincente. La mentalità vincente non la si crea solo con una bacheca piena di trofei, dipende tutto dalla testa, dalla voglia, dallo spirito che si ha e che dobbiamo avere. C’è tanto da fare, ma sono convinto che possiamo disputare una bella stagione”.
Le pesa non essere mai riuscito ad allenare per due stagioni intere una squadra? Il Torino può essere l’occasione buona per costruire qualche cosa di più duraturo?
“Non mi pesa perché a quarantasette anni e avendo allenato sei-sette club e una nazionale ho un bel curriculum, poi dipende sempre dai risultati, dalla programmazione e da quello che c’è. Qualche volta sono andato via io, altre sono stato mandato via, ma quando si va in un club si spera di rimanere il più a lungo possibile, però, non sempre accade perché per andare avanti bisogna essere d’accordo in due. Vediamo, ho il contratto per due anni e spero di rimanerci per altri dieci, poi magari fra sei mesi il presidente mi manda via oppure rimango per dieci anni, non lo so. Quando arrivo in una società do tutto me stesso e peno di rimanere il più a lungo possibile”.
Ha qualche timore vista la dimensione della sfida che l’attende?
“No”.
In organico sembra che ci siano giocatori non in linea con la sua visione del calcio
“Per esempio?”.
Forse lei desidera un centrocampo più muscolare.
“No, un centrocampo che ha corsa e che sa fare tutto. Quando si dice muscolare non è detto che si debba essere alti 1,90, si può essere muscolari anche se si è alti 1,70 come Acquah”.
C’è un settore che ritiene che debba essere completato più degli altri?
“Penso forse la difesa perché dopo cinque anni giocando a tre e passando a quattro cambia qualche cosa. Ma anche il centrocampo e l’attacco”.
Che cosa ci sarà nel suo Torino di continuità con quello di Ventura e che cosa cambierà?
“Ho sempre stimato molto Ventura e ho sempre detto che è uno dei miei allenatori preferiti e sono molto contento che sia andato in Nazionale perché si sarebbe meritato anche una grande squadra molto prima, per quello che ha fatto e per come fa giocare le sue squadre. Allenare la nazionale è il coronamento della sua carriera. Gli faccio un grande in bocca al lupo e lo chiamerò per dirglielo e per chiedergli qualche cosa. Il Torino sarà sempre casa sua e sarà il benvenuto quando verrà a vedere i nostri nazionali o i futuri nazionali. Per cinque anni si è giocato con un sistema e una delle novità sarà cambiare modulo giocando in un altro modo e sperando di eguagliare e superare i risultati che ha ottenuto Giampiero, non sarà facile, ma è possibile”.
Quando allenava la Serbia in occasione della gara con la Croazia disse che doveva essere bravo lei a trasmettere ai suoi giovani di non cadere nelle provocazioni dell’avversario, questo potrà accadere anche per il Torino in occasione del derby con la Juventus?
“La Juve ha vinto cinque scudetti di fila, giusto? Sicuramente è una squadra forte, ma il derby è sempre una partita particolare, però, porta tre punti e anche se è una gara diversa dalle altre cerco di prepararla in modo normale visto che non permette di guadagnare sei punti. Ho avuto la fortuna di disputare quasi tutti i derby d’Italia da giocatore, ma anche da allenatore quindi sono abituato. Loro sono forti, ma penso che il Toro abbia dimostrato di poter giocare alla pari, un derby l’ha vinto, altri li ha persi all’ultimo minuto, ma al derby ci penseremo quando ci arriveremo. Ci sono tante altre partite dove dobbiamo fare bene. Sicuramente queste partite sono anche più facili da preparare perché se non si è pronti e motivati per giocare il derby contro la Juve è meglio che cambi mestiere e che vada a fare il ragioniere. Non sono queste le partite che creano problemi, ma quelle con le squadre dello stesso livello o quelle che sulla carta sono più deboli ed è qui che è importante la mentalità vincete. Alla Sampdoria abbiamo fatto una cosa simile, quando sono arrivato erano ultimi o penultimi in classifica e abbiamo cambiato tutto portando la mentalità che in ogni partita dovevamo creare il nostro gioco al di là dell’avversario giocando scoperti, a viso aperto, magari anche perendo, ma quando si affrontavano squadre che più o meno erano della stessa forza si vincevano le partite. Questa deve essere la nostra mentalità: avere i nostri principi di gioco e cercare di fare sempre come vogliamo noi. Adattarsi all’avversario un po’, ma con una percentuale solo del venti per cento, non di più. Qualche volta si riesce e qualche altra no, dipende dall’avversario, dalla giornata, però per come la intendo io, la squadra deve essere offensiva, pressare, che giocare a viso aperto sapendo di avere gli equilibri giusti”.
Cairo come l’ha convinta ad allenare il Torino?
“Ho scelto il Toro, come ho detto prima, per la storia e poi mi ha convinto il programma della società che sta in piedi sul suo passato, ma che sa anche andare avanti nel futuro. E’ una società moderna, sana nei valori e nei bilanci, ognuno ha il suo ruolo ben definito e tutti insieme si combatte per arrivare all’obiettivo. Questa è la programmazione e la serietà, che distingue il presidente non solo nel Torino, ma anche nel resto. La società è seria e non c’è stato bisogno di grandi discussioni, ho accettato subito perché per me è un grande onore e la società mi assomiglia per la storia e per il tifo, c’è una storia dietro e mi piace”.
Immobile resterà o andrà via?
“Immobile è un giocatore nostro? (chiede Mihajlovic rivolto al presidente e a Petrachi, ndr)”.
Alla risposta di Cairo fino al 30 giugno ha proseguito: “Non sono abituato a parlare di giocatori che non alleno, ma come ho detto tutti quelli che ci sono e che verranno devono essere ambiziosi, contenti di stare al Torino, avere fame e voglia di migliorarsi. Chi ha queste caratteristiche è benvenuto, gli altri non ci servono”.
Parlava d’equilibrio e che la difesa dovrà essere completata, ma per una squadra votata all’attacco servono attaccanti e in rosa oggi ci sono Belotti, Maxi Lopez, Martinez e il nuovo Boyè, bastano?
“Scuramente servono giocatori in tutti i reparti, difesa, centrocampo e attacco. La società sa che cosa deve cercare e sta lavorando di conseguenza. Ci saranno dei cambiamenti con alcuni giocatori che andranno via e altri che arriveranno”.
Ci sarà e chi sarà il Donnarumma granata?
“Il Torino in rosa ha già tanti giocatori giovani e ce ne sono alcuni che arriveranno dai prestiti come Parigini, Gomis, che è bravo, Barreca, il terzino sinistro, Aramu e altri come Baselli e Silva che sono già qui. Vediamo, sicuramente i ragazzi che erano in prestito li conosco meno, ma verranno in ritiro e sono tutti giocatori con grandi prospettive. Non ho mai guardato all’età, ma alle qualità del giocatore, se uno è bravo a sedici anni lo metto in porta, così come a diciotto, non ho problemi. Per un allenatore è una soddisfazione quando debutta un ragazzo giovane, ma devo credere in lui non basta che sia giovane deve essere anche bravo e allora mi prendo il rischio sapendo che un giovane all’inizio può fare bene una partita sì e due no, però, in prospettiva può diventare più forte di quello che era titolare prima. Se un ragazzo è bravo cerco di metterlo in campo il prima possibile, ma questo dipende da lui perché agisco solo in base a quello che fa durante la settimana e la fiducia che mi dà. Penso che ci saranno tante possibilità se i ragazzi sono bravi, valuteremo durante il ritiro e poi il campionato è lungo e giocherà chi se lo meriterà”.
Convincerà Maksimovic a restare?
“Non ho bisogno di convincere nessuno, ha un contratto fino al 2020 e allora …”
Prima parlava di motivazioni.
“Sicuramente se uno non è motivato vale quello che si è detto prima per Immobile. Chi è motivato resta e si mette a disposizione, chi non lo è e vuole andare via si cerca una squadra che accontenti le richieste del presidente e va via, non è un problema e se non trova una squadra resta e guarda”.
Maksimovic non è quindi incedibile?
“Dovete chiederlo al presidente. Io non faccio i conti alleno la squadra che la società mi mette a disposizione. Ho le mie preferenze, ma come ho detto Maksimovic l’ho portato io in Nazionale perciò sa come lavoro e come sono fatto e, per dire la verità, ho parlato con lui e gli ho spiegato per bene come stanno le cose. Non dipende da me, ma soprattutto da lui”.
Gli ha parlato, l’ha trovato motivato?
“Al telefono è difficile parlare, bisogna guardarsi negli occhi (glissa, ndr). Vale per lui come per tutti gli altri”.
Ha già pensato a chi sarà il prossimo capitano del Torino?
“Io di solito non scelgo il capitano perché penso sia una cosa che debba riguardare i giocatori, come faccio a scegliere il capitano? Conosco i giocatori, ma non bene, devo parlare e passare del tempo con loro. Dove sono stato non ho mai scelto il capitano, ho sempre fatto decidere dalla società o dai giocatori”.
Dall’autunno inoltrato vi allenerete al Filadelfia, ci saranno sedute a porte aperte o chiuse com’è stato finora?
“Non vedo l’ora che sia pronto il Filadelfia ed essere l’allenatore del ritorno al Filadelfia per me è un grande onore. Non ho problemi a far assistere agli allenamenti, l’ho sempre fatto dove si è potuto e ritengo che sia una cosa bella e giusta, al massimo ci saranno uno o due allenamenti a porte chiuse e gli altri saranno aperti ai tifosi, anche se ci dovessero essere contestazioni. Con la Sampdoria non si potevano chiudere le porte e ci siamo sempre allenati con i tifosi e siamo arrivati in Europa quindi … Non ho niente da nascondere, oramai nel calcio si sa tutto, non ho problemi da questo punto di vista”.
Oltre a Maksimovic in nazionale ha fatto esordire Djuricic, le piace sempre come giocatore?
“In quel periodo abbiamo fatto esordire tanti ragazzi giovani, la Serbia era la nazionale più giovane d’Europa con un’età media di ventidue anni. Abbiamo cambiato tutto facendo giovare Markovic, Nastasic, Zivkovic, tutti giocatori che all’inizio della qualificazione nessuno li conosceva e un anno e mezzo dopo l’ultima partita di qualificazione gli undici in campo e tre riserve giocavano tutti all’estero. Sono tutti bravi, ma come dice Petrachi, bisogna vedere se sono adatti e funzionali al nostro tipo di gioco, ma noi sappiamo come vogliamo giocare”.
Andrà in Francia a vedere partite dell’Europeo? Pensa che ci siano giocatori utili per il Torino?
“Ieri non ho visto partite perché ero in viaggio, ero in Serbia, ho visto le precedenti e sicuramente ci sono dei talenti, ma non penso di andare in Francia perché fino ad oggi ho lavorato e vorrei passare un po’ di tempo con la mia famiglia tenuto anche conto che loro non vivranno a Torino. Magari qualcuno del mio staff andrà a vedere delle gare dell’Europeo. In televisione si vedono bene le partite, anche se di persona è sempre meglio. Ci sono dei talenti, ma uno ce l’hanno rubato … eravamo arrivati per primi, però, altri hanno offerto di più, non si è potuto fare”.
Non si è capito il nome?
“Non l’ho detto (risate generali, ndr)”.
Come pensa di trasmettere la rabbia agonistica ai calciatori giovani?
“Dobbiamo cercare giocatori di carattere, anche se non ce ne sono più come quelli di una volta. Il carattere uno ce l’ha o non ce l’ha, lo si può modificare un po’, ma non cambiarlo totalmente. Per questo è importante conoscere come sono i giocatori non solo dal punto di vista calcistico, ma anche morale. Si può parlare, lavorare, motivare, però, sono i giocatori ad andare in campo per questo si deve essere molto attenti nella scelta. In una squadra come il Torino l’idolo è Glik, è uno che combatte e che lotta, e magari un altro che è più tecnico piace meno. Come ho detto, in ogni zona del campo dobbiamo avere giocatori che sappiano attaccare e difendere, non è facile, so che è difficile, ma ci sono giocatori che possono darmi una mano in campo trasmettendo il mio carattere. Oggi come oggi ci sono sempre meno leader, purtroppo, rispetto a quando giocavamo io e Comi. Siamo stati compagni di squadra e guardate la differenza: quaranta chili (ride, ndr). Allora c’erano i leader e adesso il leader deve esserlo anche l’allenatore, ma, come dicevo, serve che in campo ci sia chi può trasmettere l’idea e il carattere agli altri”.
In quanto tempo pensa che la difesa sarà pronta avendo assimilato il nuovo modulo?
“Anche quando si gioca a quattro sempre uno dei due terzini attacca, quindi, si difende a tre. I movimenti sono un po’ diversi, ma non cambiano così tanto e i giocatori sanno cosa fare. Maksimovic ha giocato sempre a quattro, ad esempio, e altri ci mettono un attimo a impararlo. I terzini che sono esterni diventano più offensivi e devono imparare a difendere, ma il problema non è solo di un reparto perché la fase difensiva comincia dagli attaccanti poi tocca ai centrocampisti e ai difensori. Si lavora a reparti, ma c’è tutto il tempo per assimilare, iniziamo il dieci luglio e il campionato inizierà il ventuno agosto e prima c’è la Coppa Italia, ma, ripeto, c’è tutto il tempo. Speriamo di prendere i giocatori il prima possibile per lavorare e sistemare le cose”.
Il presidente e Petrachi le hanno garantito qualche giocatore che ha chiesto?
“Nessuno può garantire nulla oggi”.
Loro sì perché hanno i soldi, la società dal punto di vista economico è perfetta, quindi possono comprare.
“Sappiamo quello che si deve fare, di solito leggo poco i giornali, ma ho visto un po’ di nomi e devo dire che su dieci nove sono sbagliati (risate generali, ndr)”.
Però di quei nove lei ne vorrebbe tre o quattro.
“Beh, ma voi dovreste sapere che il Torino non è l’Inter, il Milan o la Juventus, quindi bisogna prendere giocatori che sono adatti per le possibilità che si hanno. Sapete che il presidente è molto attento ai bilanci e non per nulla il Torino è una delle poche società che non ha debiti”.
L’anno scorso è stato preso Belotti, finora il più caro giocatore dell’era Cairo.
“Se l’anno scorso sono stato presi otto giocatori, quest’anno almeno dieci (ride, ndr)”.
Ritornando alle motivazioni, parlando con i giocatori al telefono quanti le sono parsi motivati?
“E’ difficile, parlo al telefono, ma non si guarda la persona in faccia mentre face to face ci si guarda negli occhi, ma penso che i giocatori siano motivati, a parte alcuni di cui abbiamo parlato e per quel che riguarda loro vedremo che cosa succederà. Gli altri sono tutti motivati. Dopo che avrò parlato con tutti face to face ve lo dirò, ma non penso che ci saranno problemi”.
Che rapporto ha con Maxi Lopez?
“Con me ha sempre fatto bene sia a Catania sia alla Sampdoria. E’ sicuramente un giocatore importante ed io so come gestirlo. E’ un bravo ragazzo, è vero che ha un problema di peso, ha il fondo schiena un po’ grosso, però, è una cosa che si sistema. Vedremo quello che succederà. Per adesso abbiamo tre attaccanti e come si diva prima anche in attacco dobbiamo prendere qualche giocatore, ma questo va detto al presidente. Se Maxi Lopez rimane va bene e altrimenti ne verrà un altro, va bene comunque. Sono contento se dovesse rimanere sapendo anche le problematiche che ci sono: lui è un bravo ragazzo, ma vuole sempre giocare, come tutti gli altri, ma in campo ne posso mettere solo undici. Qualche volta giocherà e qualche altra no se pensa di rimanere, giocherà quello che si merita”.
Per concludere, come sarà la settimana tipo degli allenamenti?
“Purtroppo giocheremo una sola volta a settimana, quando non c’è la Coppa Italia o i turni infrasettimanali. Sono abituato a cambiare sempre: doppio allenamento il mercoledì o il giovedì, il giorno libero può essere il lunedì o il martedì e per gli altri giorni ci si allena il mattino o il pomeriggio e ogni volta lo comunico ai giocatori il giorno prima per il seguente”.
Vi presento lo staff così se ci sarà qualche cosa che non andrà bene ci divideremo le colpe, non sarà solo colpa mia (risate generali, ndr). Non ho voluto fare da solo per non avere tutti su di me.
Attilio Lombardo, vice allenatore, lo vedete così lui è la tipica persona che da giovane era vecchio e adesso è giovane; Paolo di Sarno, preparatore dei portieri; Emilio De Leo, Renato Baldi, Diego Gabriel Raimondi e Miroslav Tanjga, collaboratori tecnici; Antonio Bovenzi, responsabile preparatori atletici; Vincenzo Manzi, preparatore fisico; Paolo Solustri, preparatore atletico e recupero infortunati; Davide Lamberti, osservatore.
Qualora le cose non dovessero andare come si pensa … guardate bene le facce e se li incontrerete per strada …, anche per voi è la scelta migliore andare a prendere loro piuttosto che me (grandi risate, ndr).