Frosinone-Torino 1-0, l'analisi tattica
Canto del cigno di Giuseppe Papadopulo sulla panchina granata segnato da una partita che certamente non aveva suscitato grandi afflati di ottimismo dal punto di vista tecnico e tattico. Quello visto contro il Frosinone è infatti apparso un Toro senz'anima, privo di mordente e di identità, per lo più incapace di pungere. Certamente ben poche, se non pressoché nulle, sono le colpe del Papa, considerazione facile specialmente a posteriori della pantomima del day after; ma questa è un'altra storia.
Verrà con tutta probabilità archiviato l'esperimento legato alla difesa a tre: meglio, in ogni caso, Di Cesare rispetto a Pratali, ancora lontano dalla buona condizione mantenuta tra novembre e dicembre. Senza infamia né lode per lo più la prestazione di Rivalta (ma Lerda potrebbe nuovamente puntare su D'Ambrosio sulla destra, fin da Ascoli), disorientato e vagamente fuori ruolo Garofalo, il giocatore da ritrovare è Angelo Ogbonna: urge un nuovo inquadramento tattico per lui, finito spesso fuori posizione e in controtempo al Matusa.
Come spesso è accaduto nelle ultime uscite, il centrocampo è apparso il reparto più deficitario: tra il compassato e il legnoso Obodo e Budel, De Feudis raramente dimostra lo spessore necessario a prendere per mano la squadra dal punto di vista della grinta e dell'interdizione. Discreto inizio di gara per Pagano, poi persosi, a ravvivare anche soltanto in piccola misura la manovra è stata l'entrata di Lazarevic; caparbio ma impreciso Rolando Bianchi, scialbo Antenucci, il suggerimento per il nuovo insediamento di Lerda è di puntare sulla vena del succitato giovane sloveno e di Andrea Gasbarroni, troppo spesso accantonato prematuramente.