Federsupporter, la tabella Inail classifica i calciatori al più alto livello di rischio
La recente tabella INAIL, concernente la rischiosità di attività lavorativa correlata al coronavirus, colloca i suddetti calciatori al più alto livello di rischio, equiparandolo a quello che corrono medici ed infermieri.
Il Decreto Legge “Cura Italia”, successivamente convertito in legge, qualifica come infortunio sul lavoro il contagio da coronavirus contratto dal lavoratore a causa o in occasione dell’attività lavorativa.
Sulla base di queste premesse, può essere interessante ed utile inquadrarle nel più ampio contesto delle norme generali civilistiche e specifiche che disciplinano la materia antinfortunistica sul lavoro.
L’articolo 2087 CC (Tutela delle condizioni di lavoro) recita che “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
L’osservanza di tale norma richiede, ai fini della sua corretta applicazione, l’impiego di una diligenza qualificata ai sensi dell’art. 1176 , 2°comma, CC.
Vale a dire, non la comune diligenza del buon padre di famiglia, bensì quella da valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata.
Essa, inoltre, richiede una esperienza ed una tecnica relativa a tutte quelle condizioni di pericolo, di disagio, proprie o insite nelle peculiari caratteristiche di ogni specifica attività lavorativa.
A questo proposito, la Cassazione (sentenza del 6 settembre 1988, n. 5048) ha sancito che: “Ai sensi dell’art. 2087 CC che è norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni e ipotesi non ancora espressamente considerate e valutate dal legislatore al momento della sua formulazione, l’obbligo dell’imprenditore di tutelare l’integrità psicofisica dei dipendenti impone l’adozione- ed il mantenimento- non solo di misure di tipo igienico-sanitario antinfortunistico, ma ,anche, di misure atte ,secondo le comuni tecniche di sicurezza a preservare i lavoratori dalla sua lesione nell’ambiente e in costanza di lavoro in relazione ad attività pur se allo stesso non collegate direttamente”.
Il riferimento alla Cassazione impone, poi, al datore di lavoro l’osservanza del principio di massima sicurezza tecnologicamente possibile, dovendo rapportarsi a nuove conoscenze in materia di sicurezza rese disponibili dal progresso scientifico e tecnologico.
L’eventuale inosservanza dei doveri e dei principi di cui sopra da parte del datore di lavoro legittima il rifiuto del lavoratore di prestare la propria attività.
L’art. 28, 1° comma, del Decreto Lgs n.81/2008 prevede, altresì, che il datore di lavoro deve valutare tutti i rischi dei lavoratori esposti a particolari rischi, ivi compresi quelli collegati allo stress creato dal lavoro.
Aggiungasi che, ai sensi dell’art. 30 del predetto Decreto Lgs, l’imprenditore deve adottare un modello di organizzazione e di gestione del lavoro in base alle specifiche caratteristiche dell’attività svolta.
Un modello molto rigoroso e rigido, il solo che può fungere da esimente da responsabilità amministrativa da reato delle società, ai sensi del Decreto Lgs 231/2001.
Da tutto quanto precede, si deve, dunque, dedurre a mio avviso, che il rispetto dell’art. 2087 CC e delle altre norme sopra citate, esistendo il rischio di incorrere in pesanti sanzioni amministrative e penali, nonché in eventuali legittimi rifiuti di prestazioni dei lavoratori, può essere evitato dalle società datoriali di lavoro solo mediante la scrupolosa e minuziosa osservanza di tutte le misure previste in uno specifico protocollo medico-scientifico, concernente la ripresa e lo svolgimento dell’attività calcistica, adottato a livello statale.
La formulazione del protocollo, per ogni Federazione, ed in particolare per la FIGC, dovrà essere redatta tenendo conto del Rapporto predisposto dal Politecnico di Torino “Lo sport riparte in sicurezza”, del 4 maggio scorso, e sulla base delle Linee Guida dirette, dall’Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al CONI, al CIP ed a tutti i Presidenti di Federazioni, DSA (Discipline Sportive Associate) e EPS (Enti di Promozione Sportiva), la cui disamina è effettuata, dal Presidente di Federsupporter, Alfredo Parisi, in altra Nota.
Un protocollo, quello di cui sopra, che , sempre a mio avviso, richiede una adeguata copertura legislativa, mediante un Decreto Legge o nell’ambito di quest’ultimo.
Qualora, infatti, la fonte di esso fosse un provvedimento amministrativo, quale un DPCM, si presterebbe a poter essere derogato da protocolli previsti da provvedimenti, regionali o sindacali, nonché a poter essere impugnato in sede giudiziaria amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) da persone fisiche, giuridiche o da soggetti esponenziali di diritti e interessi collettivi.
Avv. Massimo Rossetti
Responsabile Area legale Federsupporter
Nota:
Art. 42 – (Disposizioni INAIL)
Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati.