Sussidiario.net - Camolese: "Ho allenato una big, il Torino"
Giancarlo Camolese ha rilasciato un'intervista esclusiva al Sussidiario.net. Abbiamo estrapolato alcune sue dichiarazioni.
Nell’ambiente calcistico si mormora che Camolese non ha mai allenato una big perché non ha un procuratore. Quanto ha pagato nella sua carriera questa coerenza?
Non c’è la controprova (ride, nda). Il mio biglietto da visita è la valutazione che danno i giocatori, non tanto quella dei procuratori. Credo di essere ancora giovane per avere altre opportunità di mostrare il mio lavoro. Una big, comunque, l’ho allenata: il Toro.
Torniamo indietro nel tempo, cosa è successo lo scorso anno al Torino?
Il Torino ha tutto per essere una grande squadra, ma purtroppo non ha fatto il salto di qualità: dopo una salvezza, è necessario fare degli ulteriori investimenti per fare il salto di qualità. La professionalità dei giocatori non basta per raggiungere gli obiettivi di una società.
Nella sua ultima parentesi granata cosa non ha funzionato?
L’anno scorso quando sono subentrato eravamo in zona retrocessione, alla fine siamo arrivati vicino alla salvezza. Mi spiace che nella gara con il Genoa, che poteva essere importante per noi, la squadra abbia perso la testa. Si deve anche comprendere, però, la tensione dei giocatori, soprattutto dei più giovani. Mi è spiaciuto aver trasmesso una brutta immagine, non consona alla storia del Torino e a quella degli stessi giocatori.
Lei e Franceschini avete avuto una storia quasi parallela: il difensore ai margini della squadra fino al suo arrivo, con lei ha fatto delle buone prestazioni ma non è stato confermato, come se lo spiega?
Avevo avuto Franceschini a Reggio e me lo ricordavo per la professionalità e per l’integrità fisica. Quando sono arrivato, ho scelto di impiegarlo visto che c’erano alcuni problemi in difesa. Lui è stato bravo e in otto partite ha fatto tre gol: di più non poteva fare. Un giocatore a scadenza di contratto sa comunque che una società può arrivare a determinate valutazioni. Credo che a breve troverà una squadra.
Per molti tratti della stagione Rosina, il più talentuoso del gruppo, è stato un oggetto misterioso, preso di mira anche dai tifosi…
Al mio arrivo abbiamo cercato di fargli recuperare la condizione perché era reduce da un infortunio. Rosina si è applicato, ma le cose non sono sempre facili. Rimane la qualità, resta il fatto che come capitano è stato preso di mira dai tifosi, che in un’annata negativa individuano le responsabilità nei giocatori più rappresentativi. La colpa non è mai di un solo giocatore.
Ci sono alcuni giocatori, si pensi a Rolando Bianchi sotto la sua gestione, che rinascono dopo un periodo di luci (poche) e ombre (tante). Qual è stato il suo merito?
Tra un allenatore e un giocatore deve esserci un rapporto, un dialogo continuo nel rispetto dei ruoli. La bravura del tecnico è di riuscire a trovare la chiave di lettura per capire il giocatore. Posso dire che non mi è mai successo di dover fare delle scenate per portare avanti le mie idee. L’allenatore, pur rispettando il giocatore, deve fare delle scelte.
A parte la serie B, cosa c’è di diverso nel Toro di ieri da quello di oggi?
La categoria non è cosa da poco. Il Torino ha grandi giocatori che fanno la B con qualità al di sopra della media. Vincere non è, però, mai facile. I granata partono con i favori del pronostico, ma soprattutto all’inizio c’è da soffrire, poi alla lunga esce la maggiore qualità tecnica e numerica.
Abitando vicino a Vinovo, le è capitato di “spiare” i bianconeri?
Vado a vedere qualche gara della Primavera. Quando passo di lì, provo un po’ di invidia per quello che sono riusciti a costruire, cioè un Centro sportivo completo. Era il mio sogno anche per il Toro, ma non si è concretizzato. I dirigenti bianconeri hanno dimostrato una grande lungimiranza, sarebbe bello che anche il Toro riuscisse a costruire una struttura simile.