Toro, tutto da rifare
Flavio Bacile
Diventa sempre più difficile scrivere qualcosa di nuovo sul Toro, che non sia il naturale proseguimento di quello che era successo la settimana precedente. Insomma, quando si parla dei granata la dose settimanale di masochismo non manca mai, che si vinca o che si perda, tanto in casa, tanto in trasferta, con l’unica certezza di riuscire sempre a cavare un ragno dal buco.
L’ho detto e lo ripeto, in quest’ultimo mese e mezzo il Toro sta giocando un calcio bruttissimo, tanto, troppo è cambiato da dicembre, dove forse la squadra di Lerda non convinceva a pieno, ma almeno lasciava viva la speranza di un miglioramento, se non proprio imminente, almeno dietro l’angolo. Inutile girarci attorno, non esistono buoni primi tempi, nè frazioni di tempo, la partita dura sempre novanta minuti ed oltre, e, Padova, Varese, Cittadella e Crotone, non sono altro che sfaccettature della stessa medaglia, quella che il Sassuolo di Gregucci, tecnico fino ad ieri sulla graticola, ha, quasi senza ritegno, svelato con infinita crudezza.
Il Toro ha cambiato tanto, interpreti, modulo di gioco, persino titolari, per essere poi alla fine sempre lo stesso. Questa al momento è la cruda realtà, con l’aggravante che il Toro migliore lo abbiamo visto con il 4-4-1-1, due esterni veri e con Sgrigna di punta, poiché Bianchi era infortunato. Modulo mai più ripresentato quando Bianchi è tornato disponibile. Personalmente, ho avuto l’impressione che il Sassuolo giocasse in casa, cercando in altre parole di fare la partita, raddoppiando forze ed energie, con un pressing ben articolato e con manovre, forse semplici ma efficaci, che comunque prevedevano la partecipazione di più giocatori alla manovra.
Il Toro, troppo piccolo per essere vero, per settanta minuti in balia degli eventi, senza quel quid che fa di una buona rosa una squadra di calcio, senza quella voglia di reagire alle avversità, senza patos, senza quel carattere che poi è il Toro.
Quando le cose non vanno, la ricerca del “colpevole” è quasi ovvia, ed in questo momento il dito è puntato su Franco Lerda, tecnico che era venuto a Torino, anzi al suo Toro, per aprire un ciclo. Del gioco di Lerda, quello che aveva incantato a Crotone, a Torino si è visto ben poco, anche perché il Toro, specialmente in serie B, è costretto prima a vincere, poi a convincere, e le sconfitte pesano immensamente di più, non basta cioè far bene, il tempo e la piazza sono completamente diversi, le attese di società e della tifoseria di un altro spessore, e la pressione della stampa di tutt’altra sostanza.
I dubbi sul modulo, sull’identità tattica, o “linea guida” come ha detto Petrachi, sono forse oggi come oggi il vero tallone d’Achille di questa squadra, si sono cercati esterni per tutto il mercato estivo, ricerca poi continuata anche a gennaio, per poi farne a meno nella partita che doveva essere quella del rilancio, escludendo chiaramente Garofalo, che contro il Sassuolo era l’unico presente in campo. Ma non è solo questo, questa squadra che pur ha dei valori, non riesce ad aggredire l’avversario, soffre il pressing avversario pur avendo le capacità tecniche per aggirarlo, ha, ed è questo il caso dei tre centrocampisti centrali o quasi, costruito una linea Maginot che difende bene ed attacca pochissimo, lasciando l’onere dell’offesa ai tre davanti, cosa possibile se hai Careca, Maradona e Giordano, che pur nella loro grandezza, venivano supportati da un centrocampo che mai ha rinunciato a fare la fase offensiva.
Quanto alla difesa, l’errore è diventato una costante, ieri ad esempio, Di Cesare, dopo un rigore concesso ai granata benignamente dal direttore di gara, doveva capire da solo che non era il caso di intervenire in quel modo, sicuramente rude, forse non falloso, nella propria area di rigore. Quanto alle trame di gioco, ieri per ammissione delle stesso Lerda, si è sbagliato molto, distanze tra i reparti, disimpegni, perdita durante la gara di sicurezza e tranquillità. Analisi lucidissima, di un tecnico che continua a restare nel mio cuore, sicuramente come uomo, al quale però, rimango distante per alcune scelte tattiche.
Ad esempio, e sempre personalmente, non mi è piaciuto il cambio di Gasbarroni per Sgrigna, anche perché sul risultato di pareggio, il Toro aveva forse bisogno di un uomo in più in attacco ed uno in meno a centrocampo. Alla fine Gasbarroni ha inciso pochissimo, tranne un paio di calci di punizione conquistati, e Sgrigna, pur autore di una partita mediocre, è entrato sia nell’azione del rigore, sia servendo un assist al bacio ad Antenucci, vanificato dallo stesso.
Non si può neanche tirare fuori lo stesso Petrachi, le squadre si costruiscono a luglio e non a settembre, a campionato cominciato, questo è bene ricordarlo, ne si può pensare di portare qualcosa di più che semplici correzioni a gennaio.
Alla fine c’è tanto da fare, con il dubbio che non sia proprio tutto da rifare.