Simoni, quando la passione non ha età
Gli anni ti inseguono quando sei solo e poi ti parlano, ma non è vero. Gigi Simoni li ha incasellati ordinatamente nei cassetti e ha fatto il bagaglio. Una vecchia valigia ancora buona per una gita. Settanta primavere, settanta estati. E poi autunni e inverni. Di scontento e gioie, rabbie e scudetti sfumati. Anche l’eterno secondo ha la propria dignita. Basta divertirsi, Gigi Simoni da Crevalcore lo sa. Così quando il telefono è squillato, non ha reciso il filo delle possibilità. «Gubbio, dice?». Sì, Gubbio. Buio oltre la siepe, luci alle spalle. Niente del passato, nessuna Inter, neanche una Lazio sofferente, men che mai un Napoli, un Torino, persino un Siena. No, Gubbio. Quarta serie, disfide umbre, capponi e vino rosso in qualche trattoria di retroguardia.
Quante mani erano passate tra le sue dita, dal 1939? Avrebbe stretto anche quelle. Aveva deciso. Così ha stipato la sua buona educazione in macchina, ha attraversato l’Appennino e situato le Ande ai piedi del monte Ingino. Per disegnare una miniatura, alla maniera di Oderisi o perdersi nelle abitudini care, nelle convenzioni acquisite. Un solo sponsor,(un cementificio in quasi un secolo di storia), il freddo spietato, la bellezza di una camminata in centro storico col bavero alzato. Quello, Simoni non l’ha mai abbassato. «E’ un signore d’altri tempi» dicevano. Non voleva essere un complimento ma una maniera capziosa per frustrarne le ambizioni. «Fatti più in là e lascia spazio a chi sul cuore porta uno spesso pelo, Gigi».
Lui lo sapeva e nonostante questo, fece vibrare la voce. Non volentieri. Quando era necessario. Proprio indispensabile. Millenovecentonovantotto. A Torino si gioca Juventus-Inter. Il titolo a un passo, le squadre appaiate. Iuliano abbatte Ronaldo in area e l’arbitro Ceccarini fa finta di non vedere. Quel giorno in Gigi si ruppe qualcosa. E lo si vide entrare in campo, urlare, accusare «Si vergogni!». Perse la gloria ma guadagnò la stima di una tifoseria. I giocatori lo adoravano, Moratti lo considerava poco moderno. Lo cacciò dopo una vittoria. Kafka e non solo. Come una luce da un finestrino la vita abbaia e morde, un giorno al centro del quadrato, il giorno dopo alle corde. Quando Simoni è finito nell’angolo, stretto dai tanti Moggi incontrati in carriera, ha salutato senza fare rumore. Vivendo il dolore per la perdita del figlio in un incidente con dignità. Quella è merce non inventabile. O la si possiede, o è inutile fingere di averla.