Rosina come Mercurio, il messaggero degli dei

05.02.2009 17:12 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: www.alessandrorosina.it
Rosina come Mercurio, il messaggero degli dei
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Appello: vogliamo i gol. Anche banali e ignoranti, non necessariamente perle da sigla televisiva. Che poi le suddette perle sono generalmente tanto preziose quanto rare. Sicuramente non sufficienti per domenica, quando dall'Olimpico salperà una delle ultime navi per la A. Questo lo sanno praticamente tutti, anche i clivensi per intenderci. Dunque, appello. Appello alle Fate carabine, perché il tamburo della rivoltella non si inceppi proprio nel duello cruciale. Appello ai giocatori: perché scendano in campo con menti sgombre e rabbia concentrata. Insomma, con tutto quell'involtino di determinazione e convinzione necessario per vincere. E appello ai tifosi: perché in fondo l'arma in più sono sempre loro.

Detto ciò, procediamo all'analisi di un Torino che per la prima volta farà a meno di Malonga e Amoruso. Il primo è andato al Foggia, con il preciso compito di farsi le ossa. Il secondo è invece passato al Siena e, con ogni probabilità, domenica esordirà con la maglia bianconera.

Due cessioni, queste, che avranno sicuramente delle conseguenze, alcune positive, altre negative. La prima è già su tutte le pagine dei giornali: il Torino si affiderà quasi sicuramente a una sola punta, con Rosina alle sue spalle nel ruolo del novello Mercurio. Mercurio, il messaggero degli dei, che faceva la spola tra mondo divino e mondo terreno, così come Rosina dovrà farlo tra centrocampo e attacco. Insomma, quello è il suo ruolo: è cucito su misura e trova consensi un po' ovunque. Non più, dunque, un Rosina ingabbiato dagli schemi, ma la vecchia scheggia impazzita, quella che ha libertà di movimento, di inventare, di creare. Questa forse sarà la mossa anti-Chievo. Quindi,non un Toro rivoluzionario o rivoluzionato, ma una squadra che ha preso coscienza di sé e che cerca di inseguire le orme del Venezia di Recoba. D'accordo, forse non sarà il Venezia di Holly e Benji, ma un Venezia reale e quasi leggendario. E questo basta.

 

Andrea Riccardi