Nesti, la scomparsa di Aurelio Benigno
Nelle rare volte in cui riuscivo ancora a giocare a calcio, allo Sporting, cercavo quel posto laggiù, in fondo al corridoio, dove sapevo di trovare lui: Aurelio. Mi sentivo rincuorato, spronato, protetto da chi avrebbe messo in discussione, sul campo, la mia età avanzata, i miei limiti di calciatore a livello amatoriale. Una sorta di "angelo custode".
Avevo sempre apprezzato la sua grinta, quel modo molto "granata" di affrontare le situazioni, sia inseguendo un pallone, sia affrontando i temi del giornalismo di oggi. Aveva il cuore indomabile dei Ferrini, di chi aveva instaurato un legame di sangue con la storia "tremendista" del Toro, comunque andassero le cose.
Quando sono i grandi combattenti a mollare, nella vita, vien da pensare che non ci siano proprio più margini di sopportazione esistenziale. Soltanto lui, povero Aurelio, poteva stabilire se certi limiti erano stati superati, o meno. Io, invece, posso stabilire che ho perso un collega e un amico, e i 2 aspetti, purtroppo, non camminano sempre a braccetto.