Nesti Channel - Il derby della verità

03.03.2009 09:20 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: www.carlonesti.it
Nesti Channel - Il derby della verità
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Alvise Cagnazzo

 

Se è vero, come la logica impone, che la visione genera comportamento, la risicata vittoria ottenuta contro un Napoli in crisi, con la panchina di Reja più traballante di un peschereccio nella tratta che separa Reggio Calabria da Messina, ha definitivamente sollevato da ogni eufemistica visione il percorso obbligato di una squadra, la Juventus formato famiglia, non ancora pronta per competere ad alti livelli. Così, con la prospettiva di un finale di campionato da gestire con la delicatezza di un prepensionamento, quello di Nedved, e di qualche “epurazione” illustre, Iaquinta e Giovinco su tutti, la prestazione offerta dai bianconeri nel sabato sera più noioso della stagione ha rispecchiato le paure e le perplessità che hanno accompagnato l’incedere di un percorso a tappe forzate. A causa della decimazione dell’organico, tradito dagli infortuni, e dalle scelte impopolari di un tecnico, Ranieri, che deve la propria permanenza sulla panchina bianconera alle ristrettezze economiche del momento ed alla coriacea "protezione" ad oltranza dell’amministratore delegato Blanc.

Affidatosi al blocco granitico, composto per cinque undicisimi dalla formazione trafitta a Londra dal Chelsea di Drogba, spettatore non pagante nella vittoria per due ad uno contro Wigan, battuto a pochi istanti dal termine della partita, Ranieri ha versato in un 4-4-2 rigido ed impacciato la foga agonistica dei panchinari in Coppa dei Campioni. Stanca, svogliata e poco concentrata nell’impatto alla gara, la Juventus ha pagato la presenza di due centrocampisti, il combattivo Poulsen ed il “cannoniere” Marchisio, colpevoli di abbassare a dismisura il baricentro della squadra, schiacciando la linea difensiva composta da Legrottaglie e Chiellini. Snaturando un’intelaiatura tattica già di per sé impoverita dall’assenza di “mastice” Sissoko, costretto in panchina da un infortunio al piede. Nella sequela di errori commessi in fase difensiva, il confronto con il velocista Lavezzi ha mostrato l’impopolarità della scelta, oramai cronica, di Ranieri nel ricorrere, in maniera sistematico, o forse sarebbe più opportuno dire ossessiva, al fuorigioco.

Impossibile da applicare con una linea di centrocampo estremamente bassa, oltre che fuori luogo se messo in pratica a pochi metri dall’area difesa da Buffon, miracoloso in un paio di interventi su Hamsik e Cannavaro. Nobile nell’animo quanto sparagnino nel contenuto, il Torino di Novellino non è riuscito ad andare oltre uno scialbo pareggio a reti inviolate. Conquistando il settimo risultato utile consecutivo, nonché l’ennesimo pareggio, nonostante le consuete magagne offensive, figlie dell’anemia di Stellone, Rosina e Bianchi, acquistato a peso d’oro la scorsa estate. La presenza di Amoruso, sbolognato al Siena per presunte beghe di spogliatoio, o magari quella di David Di Michele, icona del nuovo West Ham del baronetto Zola, non avrebbe aumentato a dismisura il potenziale offensivo della squadra granata. Più che mai deluso dalla scarsa reattività di Bianchi.

Ma, in assenza di un vero bomber, come Lucarelli, trascinatore nel Parma cadetto, o Denis, a lungo inseguito nell’ultima campagna acquisti, la permanenza di almeno uno dei due “partigiani” granata avrebbe fornito maggiori opportunità offensive. Evitando di vincolare in uno sterile 4-4-2 la fantasia inqualificabile di Rosina, non ancora capace, alla veneranda età di venticinque anni, di far emergere la propria predisposizione tattica. Caracollando in tutte le posizioni offensive senza garantire quella concretezza necessaria per conquistare traguardi più stimolanti di qualche anonima salvezza. Ma se, già a partire dal prossimo derby, crocevia stagionale per entrambe le torinesi, la Rosina dovesse sbocciare…