L'oro del Napoli
Marco Liguori
Valore della produzione a 88,4 milioni di euro con un incremento del 114% rispetto al 2006/07, utile di esercizio a 11,9 milioni che sovrasta il precedente di 1,4 milioni. Sono le cifre dell’oro del Napoli contenute nel bilancio 2007/08, depositato in Camera di Commercio ed esaminato da “il pallone in confusione”, che ha visto la società azzurra ritornare in serie A dopo sei anni e, alla sua conclusione, ritornare nelle coppe europee con la qualificazione all’Intertoto. Esse costituiscono l’indice di una gestione corretta da parte del presidente e proprietario Aurelio De Laurentiis, che assieme agli altri due componenti del consiglio di amministrazione (sua moglie Jacqueline Marie Baudit e sua figlia Valentina) non ha percepito alcun compenso per la propria attività. I soldi incassati nella precedente stagione fanno capire che il Napoli ha mezzi per poter competere efficacemente con i grandi club. E che soprattutto non c’è la necessità di vendere i gioielli di famiglia come Hamsik (costato 5,5 milioni) e Lavezzi (5,83) su cui sono state ipotizzate offerte da parte di altre squadre comprese tra i 20 e i 25 milioni.
Gli 88,4 milioni hanno coperto ampiamente i 71,2 milioni di costi (+87% sul 2006/07), con una differenza attiva per 17,2 milioni. La salute dei conti è testimoniata anche dal fatto che i ricavi coprono anche i 71,5 milioni di euro di debiti: grazie agli incassi è scomparso quello bancario contratto con Unicredit nel 2004/05. Restando nello stato debitorio, esso è costituito in gran parte (39,9 milioni) da cifre ancora dovute alle società di calcio per il pagamento rateale dei calciatori acquistati e scelti con competenza dal direttore generale Pierpaolo Marino. Al riguardo c’è da sottolineare una parte importante della nota integrativa: «relativamente agli impegni derivanti dall’acquisto dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori si evidenzia che essi sono garantiti dalla società capogruppo». Ciò vuol dire che la Filmauro si è impegnata con le proprie tasche per il calciomercato del Napoli.
Ma qual è il segreto di questi più che soddisfacenti risultati? Lo spiega il consiglio di amministrazione nella relazione sulla gestione. Essa è stata incentrata «su una attenta pianificazione degli investimenti realizzati sul mercato dei diritti pluriennali e su una assennata gestione del monte ingaggi nonché su un adeguato sviluppo del settore giovanile». Riguardo ai compensi dei calciatori, essi sono aumentati del 58% rispetto alla stagione trascorsa in serie B, per un totale di 20,6 milioni: una cifra modesta (fatte ovviamente le dovute proporzioni tecnico-calcistiche e finanziarie) se paragonata ad esempio a quella della strapotente Inter pari a 130 milioni. La relazione del cda sottolinea che il costo del personale, unito alla mutualità verso le squadre ospiti (9,2 milioni, +205%) e agli ammortamenti sui diritti (comunemente ancora chiamati cartellini) alle prestazioni dei giocatori (25,6 milioni, +252%) «rappresentano da sole oltre l’86% del totale dei costi della produzione». Ciò è l’effetto del salto di categoria, che molto spesso supera ampiamente l’incremento delle entrate: il Napoli lo ha evitato con grande scioltezza. A proposito degli ammortamenti, nella nota integrativa si legge un altro elemento della saggia gestione degli amministratori: la società ha deciso di cambiare il sistema, formulando «piani di ammortamento a quote decrescenti». Ciò, si legge ancora nel documento di bilancio, «risponde all’esigenza di contenere la possibilità di rilevare in bilancio ingenti minusvalenze in conseguenza della risoluzione anticipata unilaterale dei contratti da parte dei calciatori successivamente al termine del “periodo protetto”».
L’analisi dei ricavi mostra il grande apporto dei tifosi. L’incremento delle vendite di biglietti e abbonamenti è del 68% per un incasso di 14,9 milioni: 7,2 milioni quello dello stadio San Paolo (4,9 milioni nel 2006/07), 6,3 milioni da abbonati (3,4) e 1,1 milioni in trasferta (precedente 513mila euro). Il tesoro azzurro mostra l’esplosione dei proventi da diritti tv (+362,5%), pari a 37 milioni: a ciò vanno aggiunti quelli da squadre ospitanti pari a 6,2 milioni, ben superiore ai 505mila euro dell’anno prima. Si registra anche il “botto” di quelli da sponsorizzazioni (+59%), ammontati a 18,6 milioni, frutto della politica di coinvolgimento di grandi aziende e delle imprese, in buona parte con sede nel territorio della Campania. Tra questi ultimi si segnalano 7,6 milioni dallo sponsor ufficiale Lete, 4, milioni dallo sponsor tecnico Diadora, 3,4 milioni dagli istituzionali e 2,2 dai partner commerciali. Il club azzurro ha incassato solo 440mila euro da plusvalenze calciatori, con le cessioni di Trotta ed Esposito. Ha incassto di più (705mila euro) dai prestiti di Amodio e Pià al Treviso, Bucchi al Siena e Lacrimini all’Ancona.
Infine, uno sguardo al futuro per la costruzione del Napoli di livello internazionale. I tre membri del cda sottolineano che la partecipazione all’Intertoto e al primo turno preliminare di Coppa Uefa, terminato con l’eliminazione ad opera del Benfica, «ha prodotto positivi effetti in termini economici». Per la stagione in corso «si prevede di consolidare il positivo risultato conseguito» attraverso lo «sviluppo delle attività esistenti ma anche ad investire ulteriormente su settori capaci di generare proventi ad oggi non ancora adeguatamente sviluppati o implementati, quali ad esempio il merchandising, l’home video e l’e-commerce». Il Napoli ha ottenuto soltanto 641mila euro per «proventi da licensing, contro poco più di un milione dell’anno precedente. Sarà un settore da sfruttare soprattutto attraverso l’attività di e-commerce che da pochi mesi è attiva sul sito http://www.sscnapoli.it/.