L'intervista di Cairo: commento
L’intervista che Urbano Cairo ha rilasciato oggi a Massimo Gramellini sulle pagine de La Stampa, pone il sigillo ufficiale sulle intenzioni del patron granata. Cairo vuole vendere.
In barba ad ogni polemica o titolone sui quotidiani (citando a memoria, ricordo un “Cairo libera il Toro” soltanto alcuni giorni addietro), il presidente è uscito allo scoperto smascherando un segreto che ormai era palese a tutti.
Cairo vuole vendere, afferma che le sue intenzioni sono irrevocabili ma che fin’ora, a bussare alla sua porta, non si sia proprio presentato nessuno.
Dice e non dice il presidente. Avverte futuri e potenziali acquirenti che non tratterà sui giornali perché è pieno il mondo di gente che per farsi pubblicità millanterebbe di acquistare pure Palazzo Chigi. Chiede e pretende riservatezza e identifica i requisiti essenziali del futuro acquirente:
persona ben identificata (nessun mister X), più facoltosa di lui, più capace, più organizzata, più tifoso (si vede che si sarà disinnamorato…), possibilmente piemontese o meglio ancora torinese.
Non indica il prezzo Cairo e, onestamente, solo un fesso lo farebbe.
Ma indirettamente lo fa intendere, sparando altissimo. Al netto dei ricavi Cairo sostiene di aver speso di tasca sua circa 30 milioni di euro per una società che in molti indicano come una scatola vuota e che lui, opponendosi, tenta fino all’ultimo di valorizzare (“abbiamo giocatori di proprietà come Bianchi, Dzemaili, Ogbonna, Rubin, Abbruscato, Suciu…).
La sensazione è che il patron gradirebbe rientrare delle spese da lui citate ed è scontato scrivere che la cifra sia super trattabile… .
L’impressione, analizzando a caldo l’intervista, è che nulla sia cambiato.
Il presidente voleva calmierare i tifosi e certe voci di stampa che mettevano in dubbio la sua volontà di “liberare il Toro”.
Lo ha fatto, mettendo paletti importanti, uscendo allo scoperto e destabilizzando ancor di più proprio la gestione sportiva che più gli sta a cuore.
Ci chiediamo, infatti, in quale stato d’animo si trovino tutti i giocatori in prestito o in comproprietà arrivati al Toro per dare il massimo e sputare sangue nella speranza di una riconferma, dopo aver letto il giornale di oggi.
Resta la speranza che, essendo il Toro una vetrina comunque prestigiosa agli occhi di addetti ai lavori e media, questi ragazzi giochino il residuo scampolo di campionato per farsi pubblicità, costruendo il loro futuro sull’apparenza, sul mettersi in mostra agli occhi di altre squadre.
Il Toro, dunque, come veicolo pubblicitario, un’azienda di comunicazione, una concessionaria di pubblicità in tutto e per tutto.
Un Toro Communication, insomma… .