Toro, convinciti

30.10.2009 08:58 di  Marina Beccuti   vedi letture
Toro, convinciti
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© foto di Giacomo Morini

Flavio Bacile

 

C’è amarezza, non riesco a negarlo, soprattutto a me stesso, i giornalisti fanno le domande, e le risposte sono sempre le stesse, quelle che tagliano l’aria come gli affetti, salvo poi essere smentite o ridimensionate, ma ormai ci sono, e non si possono più dimenticare. Devo forzatamente ritornare sul “caso” Ogbonna, e dico subito che del ragazzo sono stato il primo grande estimatore. Non sono emotivamente nella posizione migliore per esprimere un giudizio su quanto ha detto, ma rimane l’amarezza nel constatare che solo per i tifosi il Toro è una squadra “grande” e bellissima. Lui, Angelo, sia chiaro, non è il primo ne sarà l’ultimo caso, sicuramente non colpevole, tocca ai dirigenti fare in modo che il Toro sia un punto d’arrivo e non solo un bellissimo trampolino di lancio. Fortunatamente gli ultimi vent’anni non hanno arrecato ancora danni irreversibili, ed il Toro, anche in B, non si può considerare alla stregua di una provinciale.


E, proprio Angelo Ogbonna, con Davide Bottone, quindi due ragazzi cresciuti nel Toro, erano stati tra le note liete della partita interna contro la Reggina di Novellino. Un piccolo sussulto d’orgoglio per chi come me ha vissuto l’epopea dei ragazzi del Filadelfia, i ragazzi di Sergio Vatta, il mago del settore giovanile, un autentico re Mida per i presidenti che hanno avuto la fortuna di averlo alle proprie dipendenze. Leggere per credere, Mariani, Sclosa, Camolese, Francini, Bertoneri, Mandolini, Rossi, Cravero, Carbone, Fuser, Venturini, Lentini, Bresciani, Pancaro, Cois, Vieri…….., ed una miriade di ottimi professionisti per seria A, B e C.
Proprio contro la Reggina, parere strettamente personale è ovvio, si è visto il Toro più bello dall’inizio di questa stagione, difesa accorta, centrocampo finalmente credibile, ed attacco sempre pungente, condito il tutto da uno spirito di squadra, una voglia di sacrificio, e una distanza tra i reparti che se non ha raggiunto “l’ottimissimo”, poco ci manca.


Da questa prestazione, da questa voglia di imporre il proprio gioco e la propria superiorità il Toro di Colantuono, che ha fatto sicuramente più di una riflessione sul perché il centrocampo granata stentava a decollare, tutto l’ambiente granata deve ripartire. Non sarà facile a Trieste, e non è la solita dichiarazione di circostanza, e non solo per gli infortuni, attacchi influenzali, o la voglia di fare risultato della Triestina. Sarà difficile, ma non impossibile, ripetersi da subito su ottimi livelli, e non è solo una questione di automatismi che evidentemente devono trovare il loro tempo per essere tali o una questione puramente fisica, ma più spesso è una questione mentale, una sorta di autocompiacimento che può a volte annebbiare la prospettiva delle cose. Benissimo quindi quando Cairo ricorda che il campionato è lungo, e che noi non siamo ancora primi, meno bene quando si afferma che il primo posto, ora come ora non è il nostro primo obiettivo. Penso, infatti, che il Toro debba mirare da subito al primo posto, una sorta di dovere imposto, dal nome, dalla storia, dal blasone, dal passato, dal presente e dal futuro. Questa stagione non può essere come le altre, tutti ne siamo convinti, ed il Toro per primo, dirigenti in prima linea ne capiscono il motivo. Una stagione che il Toro deve vivere da grande, questa come quelle a venire, almeno nel cuore e nella testa di noi tifosi, perché è bene ricordarlo a tutti.


Il Toro siamo noi.