Il vero problema è che il Torino ha puntato troppo su giocatori scommessa
A inizio stagione, anzi ancora prima, l’obiettivo posto da Mihajlovic per il Torino di puntare all’Europa League in due stagioni, ma provandoci con convinzione già fin dalla prima, aveva risollevato il morale a tutto l’ambiente granata che finalmente aveva trovato un allenatore che non temeva di esporsi pubblicamente e che allo stesso tempo coinvolgeva nei suoi piani dichiarati società e giocatori. Quando poi è iniziato il campionato lo spirito visto in campo era quello giusto, grintoso, di chi non molla mai, qualche scivolone c’era stato con i pareggi con Empoli e Pescara o la sconfitta con la Sampdoria, ma anche le esaltanti vittorie con Roma e Fiorentina o quelle che sapevano di “ottenere ciò che si voleva” con Chievo e Genoa. Tutto questo aveva portato a fare il record di punti nel girone d’andata, da quanto la vittoria ne vale tre, e a restare nel giro delle squadre che potevano lottare per un posto in Europa League. Con il passare del tempo, però, qualche cosa ha iniziato a non girare più per il verso giusto e nelle ultime sette partite, quindi coinvolgendo anche la fine della prima parte della stagione, il Torino ha perso mordente, il gioco si è in parte involuto, la dipendenza dai gol di Belotti si è fatta sempre più forte arrivando anche a non bastare per conquistare vittorie, come con il Milan in Coppa Italia, e non si sono visti passi avanti da parte di giocatori che sarebbero dovuti diventare colonne portanti della squadra.
Oggi intorno e dentro al Torino si respira un’aria diversa, non più quella frizzante e ricca d’ossigeno d’inizio stagione, ma quella stantia tipica delle camere chiuse da troppo tempo dove la vita va avanti per forza d’inerzia. Perché c’è stato questo cambiamento? Di chi sono le responsabilità? Si può invertire la rotta e tornare alla brillantezza d’inizio stagione? Soprattutto c’è la volontà e la profonda convinzione da parte di tutti a non arrendersi alla mediocrità di una fine di campionato anonima? Tante domande alle quali è difficile rispondere, anche se l’andamento di parecchie precedenti stagioni fa temere che il famoso salto di qualità anche per questa volta sia rimandato e che si continui, anno dopo anno, a costruire squadre che non hanno un vero zoccolo duro che fa da base alla scalata alla classifica, infatti, si verificano continue cessioni dei giocatori migliori per fare plusvalenze e arrivi per rimpiazzarli di altri, ma solo di prospettiva o di non uguale valore.
Sinceramente il problema del Torino è che ha troppi giocatori scommessa e si sa che alle volte le scommesse si vincono, come con Belotti, altre si rischia di perderle, come sta avvenendo con Ljajic. L’esempio di questi due giocatori non è casuale, infatti, sono quelli che hanno fatto spendere più soldi a Cairo per aggiudicarseli, otto milioni l’italiano e nove il serbo. Il discorso ovviamente non si limita a questi due soli giocatori perché di scommesse dirigenti e allenatore, prima Ventura e poi Mihajlovic, ne hanno fatte altre. Hart arrivato per caso dopo che era stato scartato da Guardiola si sta dimostrando un portiere affidabile, qualche gol evitabile l’ha preso, ma ne ha anche evitati parecchi altri, non per niente è il portiere titolare della nazionale inglese. Peccato che sia solo in prestito al Torino e che a fine campionato il Manchester City se lo riprenderà per rivenderlo al miglior offerente e per Hart gli estimatori, in patria e all’estero, proprio non mancano. Zappacosta dopo una stagione chiuso da Peres e l’essersi ritrovato a dover lottare per un posto da titolare per l’arrivo di De Silvestri ha ingranato la marcia e sta facendo bene. De Silvestri, voluto da Mihajlovic, concorre con Zappacosta per la fascia destra, ma si è fatto sorpassare nelle gerarchie dal più giovane compagno, anche se è considerato dal mister un titolare. Ajeti, svincolatosi dal Frosinone, è approdato in granata per rinforzare la difesa, ma Mihajlovic l’ha utilizzato solo una volta in Coppa Italia con il Pisa, a inizio stagione aveva subito un infortunio, lesione muscolare al bicipite femorale della coscia destra, però, questo non basta a giustificarne un utilizzo così minimale. Rossertini dopo un inizio di assestamento agli schemi della nuova squadra sta mantenendo un costante rendimento senza sfoderare prestazioni eccelse, ma anche senza demeritare in un contesto dove la fase difensiva ha qualche pecca di troppo. Castan è un ottimo giocatore che però arriva da quasi due anni d’inattività a causa dell’operazione per eliminare un’alterazione congenita vascolare nel peduncolo cerebellare medio posteriore sinistro, conosciuto con il nome di cavernoma. All’interno di tale cavernoma si era verificato un piccolo edema e di conseguenza un rigonfiamento transitorio che aveva causato una sindrome vertiginosa acuta che seppur guarita poteva ripresentarsi in futuro se non fosse stato rimosso il cavernoma. E’ evidente che Castan nell’arco della stagione avrebbe avuto periodi di alti e bassi e che riprendendo la piena attività agonistica potesse accusare, con più facilità rispetto ad altri compagni, qualche piccolo infortunio com’è accaduto, infatti, è fermo per una sofferenza al muscolo bicipite femorale della coscia sinistra. Carlão preso a sorpresa il dieci gennaio non si è ancora visto all’opera, ha trentuno anni e un passato nel Corinthians, nel Sochaux e nell’Apoel Nicosia. Avelar da quando è giunto due estati fa dal Cagliari è stato quasi costantemente in infermeria a causa di ripetuti infortuni, l’ultimo, proprio quando sembrava pronto per rientrare a disposizione, una distrazione al muscolo lungo adduttore della coscia destra. Barreca è un giovane di grandi prospettive ed è al suo primo anno in serie A e si è ritrovato titolare per gli infortuni di Avelar e Molinaro, quindi, da parte sua prestazioni altalenanti sono inevitabili. Benassi promettente centrocampista migliorato già sotto la gestione di Ventura che l’ha portato anche in Nazionale, ma che deve affinare ancora tecnica e grinta. Acquah in competizione con Benassi trovava già non tantissimo spazio nella precedente stagione con Ventura e continua anche adesso con Mihajlovic che lo utilizza il più delle volte come subentrante del compagno. Valdifiori a ventotto anni, nell’estate del 2014, è approdato in serie A e dopo essere stato bandiera dell’Empoli ed essere passato con mister Sarri al Napoli, dove però non ha trovato quasi spazio, al termine della stagione scorsa ha accettato la proposta del Torino che gli ha affidato le chiavi del centrocampo. Mette al servizio della squadra la sua esperienza cercando di dare equilibrio alla mediana. Baselli altro giovane di prospettiva che prima di tutto deve rinforzare il carattere, alterna giocate interessanti ad altre decisamente meno. Obi la sua carriera è costellata da infortuni di varia entità che ne condizionano inevitabilmente il rendimento. Lukic ha vent’anni ed è alla sua prima esperienza in serie A, solo il tempo dirà quanto può valere. Gustafson ha ventidue anni e per lui vale lo stesso discorso fatto per Lukic. Martinez alla sua terza stagione nel Torino continua a essere un attaccante che segna raramente vanificando così la sua grande capacità di esibirsi in progressioni in velocità palla al piede. Falque con otto gol e nove assist si è guadagnato con sei mesi d’anticipo il diventare un giocatore granata a tutti gli effetti dopo che era arrivato in prestito dalla Roma dove non era considerato indispensabile da Spalletti. Belotti da metà della scorsa stagione ha iniziato a segnare con una continuità impressionante conquistando la Nazionale e meritandosi una clausola rescissoria valida per l’estero da cento milioni. Una sicura super plusvalenza per Cairo, ma l’intenzione della società dovrebbe essere quella di costruire intono a lui un attacco da competizioni internazionali. Con un Torino che vivacchia a metà classifica in granata resterà poco. Maxi Lopez le qualità non gli mancano, ma è in eterna lotta con il peso forma e la bilancia dice sempre che è in sovrappeso e per questo non è utile alla causa. Boyé giovane di prospettiva che si sbatte in campo, ma è un altro attaccante che non ha dimestichezza con il gol. Ljajic il talento non gli manca, ma difetta in continuità e questo lo sta portando a essere un’eterna promessa che non sboccia mai, come dimostra il suo curriculum. Iturbe quattro stagioni fa nell’Hellas Verona si è messo in grande evidenza per giocate e gol, poi, approdato alla Roma si è spento. Venti giorni fa è arrivato al Torino in prestito con diritto di riscatto per rilanciarsi e dare una mano ai granata, nei prossimi mesi si vedrà quanto sarà utile.
Con tutti questi giocatori scommessa non basta la determinazione e la sana ambizione di Mihajlovic, che deve e può correggere qualche cosa sul piano tattico perché sopperire alle lacune puntando sul fare un gol in più degli avversari non sempre funziona, come si è visto. Pensare che il Torino possa rientrare nel giro delle squadre che lottano per un posto in Europa League oggi è più un atto di fede che un ragionamento sensato e supportato dalla logica, ma questo non significa che bisogna accontentarsi di terminare la stagione eseguendo il compitino partita dopo partita. Proprio adesso non bisogna mollare e costruire basi solide per il futuro, il mercato è ancora aperto per otto giorni, oggi compreso, e qualche giocatore che potrebbe non essere solo una scommessa c’è: bisogna, però, voler investire un po’ di denaro. Il centrocampo è il settore che ha bisogno urgente di veri rinforzi e non solo da questa stagione, continuare a sottovalutare l’importanza della mediana non porterà mai ad avere una squadra competitiva. Non si è mai vista una formazione che si piazza ai primi posti della classifica con centrocampisti solo di prospettiva o d’esperienza, ma in squadre non di vertice. Comunque non basta aumentare il tasso tecnico in mediana perché anche in difesa e in attacco ci vogliono giocatori di spessore tecnico e dotati di personalità. Chi vuole intendere intenda, a fine stagione si tireranno le somme, però, oggi la prospettiva non è positiva perché le potenzialità c’erano all’inizio, ma è mancato quel qualche cosa in più. Si può ancora rimediare … se si vuole.