DZEMAILI Soprenderò tutti
Secondo un cliché consolidato, il ds Pederzoli ha presentato l’ultimo rinforzo granata, Blerim Dzemaili, con tono asciutto e concetti mirati: «Dzemaili è un giovane di grande prospettiva, quello che si dice un acquisto di progetto. Ha solo ventidue anni, ma alle spalle ha già un curriculum importante. Il suo nome era sui taccuini di tante società e sulla bocca di tutti i talent scout europei: siamo perciò particolarmente contenti che sia arrivato al Toro». Il giocatore rideva con gli occhi, sentendo quelle parole: parla l’inglese, il francese e il tedesco, e capisce molto bene l’italiano. Si ha la sensazione che lo possa parlare con discreta scioltezza entro poco tempo: ieri ha risposto alle domande dei media in inglese. Ma ad un tratto, per spiegare meglio un concetto, ha sorpreso tutti con un inciso nella lingua di Dante: «Io sono un combattente, il mio motto è non mollare mai».
Dzemaili, la prima domanda è d’obbligo: come sta?
«Bene, tutti i test hanno dimostrato come fisicamente sia a posto. L’infortunio al ginocchio è dell’anno scorso, ormai è solo un brutto ricordo. Ho ricominciato a giocare da qualche tempo: se ho disputato poche partite ufficiali è stato per scelta tecnica, difatti nell’Under 21 della Svizzera sono regolarmente presente».
E lo sarà anche sino al 10 settembre: è appena arrivato al Toro e già se ne va.
«Mi spiace molto. Avrei preferito potermi allenare qui a Torino, per conoscere meglio i compagni e lavorare subito con De Biasi, ma il nostro allenatore dell’Under 21 ha voluto che io fossi a disposizione della Svizzera».
Non ha avuto paura di restare ostaggio del Bolton?
«No, non ho avuto paura perché io sono un combattente, il mio motto è non mollare mai e quindi avrei fatto di tutto per trovare uno spazio per me. Io pensavo che la Premier League fosse il campionato migliore per me. Quando sono andato al Bolton ero felice. Poi sono cambiate tante cose: ora comincia una nuova avventura e non vedo l’ora di viverla».
Il presidente Cairo ha dovuto superarsi per riuscire a ingaggiarla, convincendo alla fine direttamente il patron del Bolton.
«Il presidente ha una carica incredibile: è terrificante vedere la partita vicino a lui, è iperattivo, ama davvero molto questo club e fa ogni cosa per renderlo sempre più forte. So che si è impegnato tantissimo per riuscire a prendermi, spero di dargli ragione: non vedo l’ora di cominciare».
Cosa le è piaciuto di più nel suo debutto nel mondo granata, domenica allo stadio?
«E’ stato tutto molto bello e coinvolgente. Durante la partita il presidente ha voluto sapere tutto di me, abbiamo commentato le fasi dell’incontro e poi alla fine mi ha accompagnato negli spogliatoi e mi ha presentato alla squadra. Sono stati tutti gentili con me e l’immagine più bella che mi ha trasmesso il Toro è quella di un ambiente famigliare. I tifosi poi sono caldissimi, fanno sentire tutti i calciatori molto importanti».
Che centrocampista è Dzemaili? Più regista o più mediano recupera-palloni?
«A me piace fare entrambe le cose. Sono un uomo squadra, mi trovo a mio agio nello spezzare la manovra degli avversari e poi a rigiocare l’azione».
Il suo idolo come calciatore?
«Zidane è stato un grande interprete del centrocampo, ma con un ruolo diverso dal mio».
Il migliore nel suo ruolo?
«Andrea Pirlo: è tra i più bravi al mondo».
Si ispira a lui?
«No, io devo essere solo e sempre me stesso, dando il meglio delle mie potenzialità. Sono qui per crescere, mi vedo nel Toro per tanti anni».
Lei poteva arrivare in Italia già nel gennaio 2007: non pensa di aver perso tempo, in Inghilterra?
«No, perché comunque è stata un’esperienza di vita, ho imparato l’inglese, sono cresciuto e maturato e mi sono confrontato con un calcio diverso da quello svizzero, molto più veloce ».
Si reputa pronto per la serie A?
«Posso e devo migliorare ancora tantissimo, lo so. Questo è un calcio che non ti consente di pensare, è un football molto competitivo, devi sapere dove giocare il pallone ancor prima di averlo tra i piedi. Per me si tratta di una grande opportunità: oggi sono davvero felice d’essere in Italia, e ancor più nel Torino che mi ha accolto così bene».
Com’era il derby di Zurigo?
«Una partita bella e importante, ma mi sono bastati due giorni per capire che il paragone non regge il confronto. Qui c’è la Juve e tutti mi hanno già spiegato che si tratta di due partite che non si possono assolutamente sbagliare».
Dei nuovi compagni, chi le è piaciuto di più domenica?
«Tutta la squadra ha giocato molto bene, il Lecce non ha mai potuto fare la partita, era sottomesso. Non sarebbe bello e giusto fare un solo nome: quella di domenica è stata la vittoria del gruppo, non di un singolo».
Visto dalla tribuna, lei credeva che Corini potesse avere 38 anni?
«Sì, perché i grandi calciatori quando sono eccellenti professionisti giocano anche a 40 anni, in serie A: come Costacur- ta e Maldini. Sapevo molto del Torino: prima di venire qui mi sono documentato ».
Lei è giovane ma evidentemente molto maturo: ci racconta la sua storia personale di cittadino del mondo?
«Sono nato in Macedonia, ma all’età di sei anni la mia famiglia si è trasferita in Svizzera, dove abbiamo trovato molte più opportunità. Al mattino io studiavo e di pomeriggio mi impegnavo per diventare un calciatore professionista. I miei genitori hanno fatto tanti sacrifici perché potessi provarci: loro sono sempre stati un punto di riferimento fondamentale, e ancor oggi la famiglia è molto importante per me».
Perché ha scelto la maglia numero quattro che era di Recoba?
«Non sapevo fosse quella di Recoba: è un onore per me. La realtà è che mi piacciono i numeri piccoli, l’anno scorso avevo il 23 e non mi ha portato fortuna. Meglio cambiare».
Quali obiettivi s’è imposto?
«Conta la squadra, non il singolo. I miei traguardi sono quelli del Toro. Ovvero la salvezza, da raggiungere il più in fretta possibile, ma pensando a una partita alla volta. Una volta tranquilli poi si vedrà cosa poter fare».
Un messaggio ai tifosi?
«Sono Blerim Dzemaili, sono felicissimo di essere qui.
Forza Toro».
Tuttosport