Nel calcio serve chiarezza

17.04.2015 10:38 di  Marina Beccuti  Twitter:    vedi letture
Fonte: Flavio Bacile per TorinoGranata twitter @ flavio_bacile
Nel calcio serve chiarezza
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Il calcio italiano non cambia mai, ormai ci sono abitudini cosi radicate e talmente difficili da eliminare, che sono diventate consuetudini da dare in pasto a stampa e tifoseria. Quasi il tifoso fosse un emerito imbecille, senza idee proprie, senza neuroni funzionanti, appeso, ed è proprio il caso di ripeterlo, a frasi senza senso logico, che non dicono nulla, e che rafforzano sempre lo stesso banale concetto. Gli esempi sono tantissimi, ma poi alla fine sono sempre gli stessi, qualcuno non ha neanche il buonsenso, o se preferite la decenza, di cambiare l’ordine delle parole, con la frase che rimane sempre la stessa, buona da essere appiccicata a varie situazioni.

Quel rigore ci può stare, si può anche dare, non è uno scandalo che l’abbia dato, più varie ed eventuali, per dipingere un rigore concesso con un fallo commesso 1 metro e mezzo fuori area, in pratica, un rigore assurdo, un regalo della terna arbitrale, un errore più che grave.

Ma si può fare ancora peggio, vedere i commenti al rigore concesso da Mazzoleni per il non fallo di Moretti su De Rossi. Per precisione Mazzoleni, sempre da giudice di porta, è lo stesso del rigore concesso al Napoli per fallo di mano di Glik, con braccio a completa protezione del corpo, o del gol in fuorigioco concesso a Tevez in occasione del derby. Ma più degli errori di Mazzoleni, fanno ridere, anzi, fanno piangere alcuni commenti di opinionisti e commentatori vari. C’è stato un contatto da valutare, il contatto però c’è, l’ha toccato, Moretti è stato ingenuo, De Rossi è stato furbo.

Mi pare di ricordare che il calcio sia un gioco dove è previsto il contatto fisico, nella specifico, o Moretti si amputava una gamba, per evitare il contatto, oppure si smaterializzava per una frazione di secondo. Dire che è De Rossi ad allargare la gamba per cercare la gamba di Moretti, che tra l’altro ha entrambi i piedi sul terreno di gioco, forse, non faceva piacere alla Roma, ma corrisponde alla pura verità.

Ma le banalità non sono solo di giornalisti, opinionisti, ex calciatori, veline e starlette.

Presidenti e direttori sportivi non sfuggono a questa regola, cosi come allenatori e giocatori. Sinceramente preferisco il “prima faccio, e poi dico” del presidente Cairo, che nulla toglie e nulla aggiunge, ma che almeno esce da un quadro specifico di frasi fatte, trite e ritrite. Ricordo che il tetto degli ingaggi in casa Toro è di 800 mila euro, e che nessun giocatore, che ha un regolare contratto, può partire senza il beneplacito della società d’appartenenza. Detto anche che non conosco la situazione contrattuale di Matteo Darmian, anche se è facilmente reperibile facendo un giro sulla rete, e chiarito che l’esempio sotto riportato non riguarda nello specifico Darmian, penso si possa essere tutti d’accordo.

Ovviamente se X guadagna y, ed una qualsiasi società nel mondo ti offre 3y, quale professionista non accetterebbe? E non parlo di Barcellona, Real Madrid o Manchester, società alle quali è impossibile dire di no, non fosse altro per gli stipendi faraonici con cui ricoprono i propri tesserati.

Ripeto, i giocatori sono professionisti, pagano profumatamente altri professionisti, che hanno l’unico compito di far guadagnare il più possibile ai propri assistiti.

Insomma Cerci guadagna 2,5 milioni netti a stagione, Immobile 2 milioni netti (minimo 2, 3 con i vari bonus), cifre che il Toro evidentemente non poteva offrire.

La situazione del Toro mi appare piuttosto fluida, inutile fare e pensare in modo diversamente, almeno se non si vuole alimentare sogni che in questo momento di difficoltà del calcio italiano appaiono irrealizzabili. Il Toro ha un lordo annuale che si aggira sui 50\60 milioni di euro, ai quali vanno tolti stipendi e spese di gestione. Logico, per una società che non ha altri introiti, dove l’azionista di maggioranza non è uno sceicco, e che ha un tetto ingaggi onorevole, vendere i giocatori migliori, ed investire nuovamente nel mercato è una soluzione logica. Poi, si può discutere, e c’è veramente tanto da discutere sull’ultimo mercato dei granata, sia quello estivo che invernale, dove invece di investire sulla qualità, almeno per come la penso io, si è investito sulla quantità.

Cairo ama ripetere, e non ho dubbi che poi alla fine sia così, che ha speso 22 milioni, il fatto che li abbia spesi per 9 giocatori non viene invece mai evidenziato. Il giocatore più pagato quest’estate, cioè, Sanchez Mino, credo 3 milioni di euro, è oggi in prestito all’Estudiante. Nove colpi di mercato, giusto per ritornare alle banalità e alla frasi fatte, una volta i colpi di mercato erano altri, Dossena preso dal Bologna, Leo Junior (nazionale brasiliano), Martin Vazquez soffiato al Real Madrid, gli altri erano tutti acquisti. Senza nulla togliere, oggi mi fa impressione leggere che i colpi del mercato sono Barreto, Larrondo, Amauri, ecc…………

Parere personale, se arrivano offerte importanti per Darmian, Glik, Maksimovic, Bruno Peres, Quagliarella, offerte che devono essere anche appetibili contrattualmente per i giocatori, il Toro, come qualsiasi squadra italiana, non ha la possibilità per trattenerli, se non andare al braccio di ferro con gli stessi, e perderli tra 1 anno, quasi gratis. Il problema, sempre secondo il mio pensiero, non è tanto nel vendere, quanto nel comprare, seguendo un progetto tecnico e tattico, tenendo sempre presente qual è attualmente l’indirizzo societario.

Se poi Cairo riesce a blindare i giocatori più forti del Toro, e questo si può fare unicamente aumentando, e non poco, il tetto ingaggi, tanto di guadagnato.

Progettualmente si può pensare di riprendere questi soldi puntando con maggiore regolarità all’Europa, posto che il calcio non è una scienza esatta, ma quando si parla di progetti, preferisco defilarmi, ed in questo caso il virgolettato è mio: “prima vedo, poi giudico”.