Il mercato del Toro in tre mosse
Oggi ha ufficialmente inizio il mercato di riparazione. Tre sono gli obiettivi principali della dirigenza granata: risolvere il caso di capitan Bianchi, rinforzare la squadra e decidere il destino dei giocatori fino a questo momento poco utilizzati.
Per quanto riguarda il primo punto, sembrerebbe esserci poco da discutere. Il Torino non può permettersi di perdere un giocatore come Bianchi, soprattutto a parametro zero. Anche quest’anno, seppur non aiutato dal gioco di Ventura, che non ne sfrutta appieno le doti, l’attaccante bergamasco è il miglior marcatore della squadra. Oltre all’aspetto tecnico non minore importanza riveste l’aspetto umano che ha reso il calciatore un simbolo per la tifoseria e una guida per la squadra. Insomma in una squadra che ha un parco attaccanti al momento appena sufficiente non si vede come si possa rinunciare all’unico giocatore che ha dimostrato, eccome, di saper segnare in serie A. Certo il giocatore probabilmente dovrà accettare una riduzione dello stipendio, ma di fronte ad un contratto lungo che dia la possibilità a Rolando di entrare definitivamente nella storia del club l’accordo potrebbe diventare più semplice.
Il secondo tema riguarda gli innesti che servirebbero al Toro per disputare un girone di ritorno con meno ansie e per regalare qualche soddisfazione in più ai tifosi. Di nomi in queste settimane ne sono circolati parecchi, dai soliti noti Barreto e Almiron a new entry poco accattivanti come Donadel, Aquafresca e Moscardelli. La speranza è che gli operai specializzati a cui faceva riferimento Cairo non siano degli scarti di altre squadre, ma che invece siano dei giocatori che possano rappresentare anche il futuro del club. Investire esclusivamente su giocatori provenienti dal mercato italiano può andare bene se si riescono a centrare le prime scelte, altrimenti diventa un orizzonte troppo limitato per una società professionistica come il Toro. La conoscenza capillare dei mercati esteri diventa fondamentale in assenza di budget illimitati e ora, dopo tante promesse, è tempo che il Toro faccia vedere di essere in grado di operare anche in questo campo. Ventura ha bisogno di un mediano, di un attaccante e di un esterno. Pochi innesti ma di qualità, come sottolinea il mister, sperando che Cairo e Petrachi abbiano recepito il messaggio.
In ultimo arriviamo alla questione delle cessioni. Una distinzione va fatta tra chi non ha avuto spazio, perché non all’altezza o non funzionale al progetto tecnico, e i giovani. Agostini, Caceres e De Feudis è giusto che abbiano l’opportunità di giocare altrove, anche se le perplessità sull’acquisto dei primi due rimangono alte e la curiosità di vedere all’opera l’uruguaiano anche. Per i giovani il discorso è diverso perchè si parla di cessioni a titolo temporaneo per fargli acquisire esperienza. Una sola considerazione: Fabregas a 17 anni era capitano dell’Arsenal, ogni anno blasonate squadre inglesi lanciano giovani promesse su palcoscenici ben più impegnativi di quelli nostrani. Il Toro non ha una rosa di giocatori così ampia da non poter dare la possibilità a chi è cresciuto con la maglia granata addosso di dimostrare il proprio valore a casa. L’abitudine di far girare per anni in prestito i giovani giocatori non deve per forza valere per tutti.