TORINO, una città depressa

20.10.2008 15:58 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: stampa.it
TORINO, una città depressa
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Roberto Beccantini

Nasce, in barba alle promesse di mezza estate, il derby dell’orgoglio ferito. La Juventus ha perso a Napoli, il Toro in casa con il Cagliari, che era ultimo in classifica e non aveva mai vinto. La «Signorina» ha cinque punti in meno di un anno fa; il Toro, due. È così pazzo, questo scorcio di stagione, da offrire ogni genere di panorama: dalla fuga della straripante Inter di Mourinho alla zona B della Roma crollata. E allora, perché meravigliarsi di un derby-salvezza? La Juve è una squadra in caduta libera, già staccatissima dal «suo» Ibrahimovic (ciao scudetto); il Toro, una squadra che non decolla: sempre lì, a metà della pista, finché l’Acquafresca di turno non gli buca le gomme. In discussione non è l’impegno, mai mancato. Sulla graticola sono i risultati, il gioco, gli allenatori, i mercati. E comunque, più Ranieri che De Biasi. Nelle rispettive aree di competenza, si assomigliano: il primo non riesce a compiere l’ultimo, decisivo, balzo; il secondo non riesce a garantire nulla più di una sofferta esistenza.

In comune, Juve e Toro hanno una certa mollezza di fondo. Per lottare, lottano. Per creare, creano. Ma al momento del dunque, non mordono. E così gli avversari si leccano i baffi. Sfibrata dal doppio binario campionato-Champions, la Juve non vince dal 21 settembre (1-0 a Cagliari); il Toro, addirittura dal 31 agosto (3-0 al Lecce). In questi casi, ci si aggrappa agli episodi: troppo comodo. È un alibi che regge una volta, massimo due: poi basta. Ranieri si gioca la panchina fra domani (Real) e sabato (derby, appunto). Di fronte all’eventuale naufragio di un progetto, la mannaia non dovrebbe cadere esclusivamente sull’allenatore. John Elkann ne tenga conto, a giugno. Urge un referente tecnico di spessore. In casa Toro, la proprietà coincide con il governo: Urbano Cairo è tutto, nel bene e nel male. Difficile che sappia, possa o voglia licenziarsi.

Nella griglia estiva de «La Stampa», la Juve figurava al terzo posto, il Toro al tredicesimo. Molto è ancora possibile, ma può essere che abbia preso un granchio. Gli infortuni, soprattutto quelli di natura muscolare, si contano, si pesano e pesano. Lo sbandamento granata sfrigola all’ombra della recessione juventina. Lo snodo Real si profila cruciale. Lo squadrone di Schuster può battere tutti e può perdere da (quasi) tutti, specialmente in trasferta. Se De Biasi fatica a cambiare le partite, Ranieri le cambia male. La Juve segna poco, il Toro incassa troppo. Li unisce Knezevic, il croato del Livorno per il quale si sono scannati. Juve e Toro sono, oggi, squadre infelici. Il derby li coglie in debito di fiducia. I patti non erano questi. D’altra parte, se hai Criscito e lo molli per ridurti a Mellberg, matematico che il destino s’incavoli. La somma dei punti di Juve e Toro fa quattordici, gli stessi di Catania, Napoli e Udinese. Serve altro?