Toro, che senso avrebbe cedere Koffi Djidji proprio ora?
Quella piccola porzione di braccio in maglietta giallorossa, visibile sul margine sinistro della foto che accompagna l'articolo, è di Nikola Kalinic. Centravanti di scorta della Roma, uno dei tanti componenti della compagine guidata da Fonseca che Koffi Djidji, fulcro della questione ivi sottoposta, ha contribuito a fermare domenica sera. All'Olimpico si è infatti rivista la qualità di gioco che ne aveva caratterizzato molte delle gare disputate lungo la passata stagione: il difensore franco-ivoriano, oggi 27enne, era riuscito a non far rimpiangere Emiliano Moretti, nelle occasioni in cui lo aveva rimpiazzato, finendo per diventare, prima di infortunarsi ed essere costretto a saltare il grosso della seconda metà di stagione, il titolare di riferimento, sul centro-sinistra arretrato, accanto agli (allora, e, auspichiamo, nuovamente, da qui in avanti) inossidabili Izzo e N'Koulou.
Interventi in anticipo, fisico, corretto gioco di posizione. E la capacità di francobollare gli avversari più temuti, da Dzeko a Zaniolo, ed esercitare su di loro la pressione necessaria per renderli almeno parzialmente inoffensivi. Riscuotendo, per di più, la prima sufficienza assoluta della stagione, nei giudizi dei principali quotidiani: qualche bocciatura, nelle cinque gare in precedenza disputate - tra uno stop per infortunio e l'altro, circostanza che certo non l'ha aiutato a rendersi efficace sul terreno di gioco, - era sempre arrivata. Ma, soprattutto, rivelandosi un valore aggiunto per un Toro complessivamente, fino a ora, un po' più fragile di quello dello scorso anno. Specie negli equilibri difensivi.
Vorticano, come più o meno sempre tende ad accadere in questo periodo dell'anno, i nomi accostati ai movimenti di mercato. Dinamica che riguarda fondamentalmente per tutte e tre le riserve difensive agli ordini di Mazzarri (considerando Bremer, se non altro per il tempo di gioco finora concessogli da Mazzarri, terzo attuale titolare di riferimento). Comprensibile per quanto riguarda Kevin Bonifazi, le cui lunghe esclusioni dalla rotazione, al netto degli effettivi infortuni occorsigli, oltre all'andirivieni di questi anni dalla SPAL (che potrebbe a breve arrivare al terzo capitolo), non possono non far pensare all'ipotesi di scarsa compatibilità tra ambiente e giocatore. Comprensibile anche per Lyanco: altro perenne inquilino dell'infermeria granata, il brasiliano era stato rivitalizzato dal quadrimestre trascorso a Bologna, sotto la guida di quel Mihajlovic che lo aveva fortemente voluto al Toro.
E invece, Djidji? L'ex-Nantes, riscattato la scorsa estate per una spesa totale di 4 milioni e mezzo di euro, sta finalmente ritrovando la condizione, e serve come il pane, ora come ora, alla causa. Specie considerando che, dopo il trionfo in terra capitolina, il momento della stagione si fa cruciale: con Cagliari e Parma che sembrano perdere colpi, per il Toro sarebbe questo il momento più indicato per proporsi, a pieno titolo, come vera outsider alle spalle delle big. In particolare tenendo conto delle crisi profonde che affliggono Napoli e Milan (la prima a pari punti con i granata, la secondo sotto di due). E, al di là di questa istanza, già di per sé sufficiente a giustificare una permanenza senza se e senza ma per Djidji, spedirlo, in un momento di grande crescita e di riacquisizione della fiducia nei propri mezzi, a lottare per la salvezza a Lecce, dove certo una maglia da titolare - al netto della condizione atletica - sarebbe garantita o quasi, ma dove dovrebbe riambientarsi, e adattarsi a un calcio diverso, più "di trincea", servirebbe a renderlo un calciatore migliore in termini assoluti, nella prospettiva di un prosieguo in granata?
Va ricordato, peraltro, che non parliamo, per ora, di qualcuno che, in ottica mercato, sia già in grado di fornire una plusvalenza sicura e significativa (se è per questo, ci si chiede se lo sia invece il succitato Bonifazi, ma questa è un'altra storia). Per sostituirlo con chi, peraltro? I nomi che circolano, uno tra tutti un Goldaniga che a Genova non sta certo brillando, non sono certo di quelli che fanno rizzare i peli sulle braccia dall'entusiasmo. Djidji, al netto dei rumours, che però a fronte di un'altra buona prestazione del giocatore potrebbero affievolirsi sensibilmente, non appare un autentico candidato a un "arrivederci a luglio", a oggi. La prova di Roma dice invece che il franco-ivoriano, è anzi un jolly difensivo prezioso, troppo prezioso, per essere ceduto ora. All'alba di una possibile ripartenza virtuosa, in una stagione che, dopo la delusione di Verona e il disastro casalingo contro la SPAL, sembrava compromessa.