Questo non è il Toro

14.03.2011 09:44 di  Marina Beccuti   vedi letture
Questo non è il Toro
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© foto di Federico De Luca

Flavio Bacile

 

Non è questo il Toro, non può veramente essere questo, altrimenti sarebbe gravissimo, un colpo al cuore di storia e tifoseria, con tanta pace per chi ha dato tutto, ma proprio tutto, persino la propria vita, per questi colori, che oggi sembrano sbiaditi e banali.
Oggi come oggi, per come la vedo io, non c’è nessuno da salvare, da Cairo, colpevole di scelte tardive e poco tempestive, a Petrachi, che evidentemente ha un modo tutto suo di scegliere le sue prime scelte, giacché non “coincidono mai con le mie”, da Lerda che non può assolutamente tirarsi fuori da questo grigiore generale, visto che fino a lunedì scorso sedeva sulla panchina del Toro, di un Toro che non ricorderemo certo per gioco, intensità, punti e classifica, ai giocatori tutti, cominciando da chi ha dato di più in questa stagione, a chi non è riuscito ad esprimere quello che è, o sarebbe, il suo presunto valore.


Lo avevo detto già a gennaio, lo ripeto ancora con più forza, c’è pochissimo da stare allegri, forse ancora meno da salvare, il barile, quello da cui si è riusciti a raschiare di volta in volta il fondo, per giustificare prestazioni che razionalmente avevano poco da giustificare, ormai è irrimediabilmente vuoto. La sensazione che ho, è spero sinceramente di sbagliarmi, che da lungo tempo, il Toro non sia una squadra, ma una “accozzaglia” di giocatori, più o meno dotati tecnicamente, dove, ognuno coltiva il proprio orticello, quasi il Toro fosse un punto di passaggio. In pochi, anzi pochissimi, pensano di mettere radici. Non è un dogma, è solo il mio pensiero, un brutto pensiero se volete.


Nel calcio, per fare risultato, e non entro nel merito del gioco, bisogna correre più dell’avversario, per novanta e passa minuti, e, la stragrande maggioranza di questo tempo, si corre a vuoto, per aprire varchi ai propri compagni, per suggerire un passaggio, per liberare un compagno dalla doppia marcatura, per creare un diversivo, per raddoppiare una marcatura, per fare pressing; insomma, ci si sacrifica per la squadra, solo ed esclusivamente per i colori che si rappresentano. La volontà, la voglia, quella che chiamiamo cuore Toro, copre mille mancanze tecniche.


Nel Toro non ritrovo queste caratteristiche, quindi questo non è Toro.


Quanto alla partita, il fatto che Barusso, sia stato il migliore giocatore del Livorno e allo stesso tempo migliore in campo, vale a dire, un giocatore che il Toro aveva rigenerato, veniva, infatti, da un lungo infortunio, e poi successivamente scaricato, e, se non ricordo male, come inadatto al gioco di Lerda, mi lascia poi pensare sulle scelte fatte a luglio. Tralascio il mio pensiero su Abbruscato, poiché poi siamo andati a cercare una punta che potesse giocare al fianco di Bianchi, o su Dzemaili, mandato via, o meglio “accontentato”, quando ancora oggi cerchiamo un giocatore di valore nel suo ruolo, o su Gabionetta, giocatore forse di prospettiva, almeno così si dice, che evidentemente non può essere pronto dopo più di sei mesi d’inattività. Per 50 minuti, contro il Livorno, abbiamo visto una squadra cercare di giocare a calcio, senza però quella cattiveria, quella lucidità che ti fa arrivare prima sul pallone, e senza quella zampata che ti fa indirizzare un pallone nell’angolino, piuttosto che buttare la palla fuori. Il resto della partita siamo stati a guardare, e, il gol subito, invece di stimolare una reazione caratteriale o nervosa che sia, ci ha affossati in una sorta di buia autocommiserazione, uno scoramento senza giustificazione.


Salvato Lazarevic, che è sembrato l’unico crederci fino alla fine, e la positiva prestazione di Ogbonna e Di Cesare, gli altri si distinguono per una mediocrità passiva, tipo succeda quello che deve succedere, con Antenucci, Budel e D’Ambrosio di molto sotto alla sufficienza. Lazarevic che però partiva dalla panchina, è bene ricordarlo, una scelta discutibile, viste anche le ultime prestazioni dei granata, che il fato a poi corretto in corsa. Tatticamente, ed in questo ha proprio ragione Papadopulo, c’è molto, anzi moltissimo da lavorare, siamo fermi alla ricerca della fascia per cercare il cross vincente, un po’ poco, e quando questo non funziona, non abbiamo alternative valide. Obodo, che è l’unico centrocampista capace di inserirsi senza palla e di portare l’offensiva anche per via centrale, dopo alcune buone prestazioni non ha più trovato il suo ritmo, e, forse è l’unico che può dare fantasia ad un centrocampo zeppo di incontristi.


Ma voglio essere più chiaro, non è una questione di nomi, ne in campo, ne sulla panchina. Stimoli, voglia di fare, di sacrificarsi ben oltre i normali limiti della sufficienza, andare oltre il compitino, pensare esclusivamente al bene della squadra, questo si, questo può aiutare. Gli obiettivi non sono cambiati, così dice la classifica, così dice la società, ma giocare i playoff senza vincerli equivale a non averli raggiunti, e, nessuno pensi che per il Toro raggiungere i playoff sia un obiettivo tale da salvare una stagione disastrosa.


Poi come ha giustamente detto Papadopulo, dobbiamo reagire da subito, perché questo………. non è Toro.