La personalità del Torino continua ad essere non sufficiente
Le soste del campionato permettono di analizzare e fare bilanci e questa che arriva dopo sette partite è abbastanza significativa proprio perché tutte le squadre hanno già accumulato un numero sufficiente di minuti in campo in partite ufficiali che consente una prima valutazione basata su dati consistenti e abbastanza omogenei, poiché le varie formazioni hanno incontrato sia altre più forti sia altre meno e anche quelle che suppergiù hanno un valore abbastanza simile. Il Torino non fa eccezione e, infatti, sono emerse positività e criticità.
Di positivo, indubbiamente, c’è il sesto posto in coabitazione con il Milan, ma pur sempre un piazzamento che pone i granata in piena lotta per un posto utile in Europa League, come da obiettivi stagionali. Alcuni giocatori si sono confermati all’altezza, Belotti e Ljajic su tutti. Altri si sono rivelati buoni, N’Koulou e Lyanco. Mentre altri hanno continuato a non convincere del tutto, come Boyé che in campo si sbatte tanto ma per essere un attaccante vede troppo poco la porta oppure Gustafson che non dà garanzie sufficienti per una squadra che ha ambizioni, sono entrambi giovani e hanno margini di crescita, però, essendo al secondo anno in serie A da loro ci si aspetta di più. E, infine, alcuni finora non hanno fatto vedere abbastanza per giustificare l’investimento su di loro, Niang e Berenguer, hanno tempo per far ricredere tutti, ma non devono sprecarlo perché il passo è breve da potenziali promesse del calcio ad anonimi giocatori.
Tra le cose negative riscontrate in questo avvio di stagione nel Torino c’è la mancanza di personalità che si è evidenziata nel non sapere gestire, ad esempio, il finale di partita con il Verona e la gara con la Juventus per citare solo gli ultimi due episodi. Personalità che difetta anche nella determinazione a sfruttare le tante occasioni da gol create. Questi due aspetti da una parte fanno incassare reti e dall’altra i gol realizzati potrebbero essere molti di più. Tutto questo si ripercuote sui risultati e gridano vendetta certi pareggi che potevano essere vittorie, a prescindere dagli errori arbitrali e del Var. A mister Mihajlovic la personalità non manca, ma non può infonderla nei suoi giocatori, tocca a loro tirarla fuori se ce l’hanno. Lui alternando bastone e carota non manca di stimolare i calciatori che ha a disposizione, però, sotto questo aspetto più di tanto non può fare. La personalità dei singoli, fatta qualche eccezione, e del gruppo continua ad essere non sufficiente in relazione alle potenzialità della squadra e, soprattutto, alle ambizioni. Il tempo per rimediare c’è, trentuno giornate sono tante, ma preoccupa un po’ il fatto che le carenze siano le stesse della scorsa stagione eppure ci sono tanti giocatori nuovi, il modulo è stato cambiato e di conseguenza anche l’impostazione del gioco sia in fase difensiva sia in quella offensiva. La lezione dello scorso anno con un buon inizio e poi un progressivo scivolare su livelli da “senza infamia e senza particolare lode” va fatta fruttare. Nel Torino non si può accusare nessuno di non fare, ma c’è da fare meglio per evitare di essere solo una squadra da centro classifica.