L'umoralità può far gravi danni

Un breve periodo di appannamento non rende brocco chi ha dimostrato a lungo di essere bravo. Il lavoro e la programmazione futura non possono dipendere dall'umore del momento. Capacità, determinazione ed equilibrio creano stabilità e vittorie.
22.03.2012 12:47 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it
L'umoralità può far gravi danni
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© foto di Luigi Gasia/TuttoJuveStabia.it

Sorrisi e gioia quando si vince e facce cupe e volti tirati in caso contrario, certo se si gioca male e poi si pareggia o si perde c’è ben poco da ridere, ma visto che non si può passare nel giro di poco dall’essere capaci a diventare dei brocchi, incupirsi non solo non serve diventa anche un atteggiamento negativo che può peggiorare la situazione, perché approcciare qualsiasi lavoro con l’animo gravato da pensieri cupi porta più facilmente alle sconfitte che ai successi. In questi giorni serpeggiano voci sulla possibilità che Ventura, in scadenza di contratto, non rinnovi o che Cairo non gli proponga di restare sulla panchina granata, va subito chiarito che il presidente ha smentito e che il mister di questo argomento non vuole parlare perché è concentrato sul lavoro che deve portare a far tornare il Torino in serie A. Però anche questi rumor possono influire sulla volata finale, nonostante in questo periodo sia normale che radiomercato faccia squillare le sue trombe, più o meno veritiere, e che i professionisti vi siano abituati e non si facciano più di tanto coinvolgere da certe chiacchiere.

In questo periodo normalmente le società di calcio programmano la prossima stagione, ovviamente non è facile se non si sa ancora in quale campionato militerà la squadra, ma questo non può essere un alibi per attendere di avere maggiori certezze, perché quando si avranno potrà essere troppo tardi e magari i buoni affari saranno già sfumati, costringendo a ripiegare su seconde scelte o dovendo spendere di più. Quindi anche la programmazione non deve minimamente farsi influenzare dall’umoralità di due partite vinte o no per far decidere se rinnovare un contratto o meno. Un grande esperto di calcio oltre che uomo di buon senso quale è Gigi Simoni, tornato a fare il direttore sportivo del Gubbio, in un’intervista rilasciata a Tuttosport e pubblicata oggi a firma Marco Bonetto ha detto con garbo e lucidità: “Il Toro non è una squadra qualsiasi. In B puoi anche adeguarti e aggrapparti ai prestiti, ma in A o hai la forza per creare una struttura societaria e di squadra all’altezza, o torni giù e diventa solo una presa in giro. Per storia, cultura e rispetto dei tifosi l’unica cosa giusta è portare il Toro stabilmente nelle prime dieci posizioni della A: ma per farlo servono progetti chiari, investimenti adeguati, capitali, idee a lungo termine, una società ben organizzata e all’altezza, un vivaio di primo piano. Come l’Udinese, mi viene da dire. Ma l’Udinese non si crea e non si improvvisa in un mese”. E tanto meno è stata ideata e realizzata facendosi influenzare dall’umoralità, viene da chiosare.

Mantenere il primo posto per il Torino è quello che deve essere fatto: né più né meno, ma la normalità. E nella normalità ci sono sia i sorrisi sia le facce cupe, ma senza che vi sia prevalenza degli uni o delle altre. La consapevolezza del lavoro svolto deve dare la forza per percorrere l’ultimo tratto che potrà essere in salita, in piano o in discesa questo solo in funzione delle proprie capacità e della propria determinazione. Capacità e determinazione che hanno portato il Torino ad essere la capolista in solitario a lungo e questo non può minare le certezze acquisite: riflettere sulle difficoltà è un conto, farsi assalire dai fantasmi del passato tutto un altro. I tifosi sono con la squadra e lo continuano a ribadire anche quando non ridono per il gioco che latita o i tre punti mancati a fine partita, loro hanno imparato a gestire l’umoralità ora tocca anche a tutti gli altri, giocatori, allenatore e dirigenti, crescere in tal senso, la serie A la si conquista anche così.