Il pagellone di Juric: lui incarna lo spirito Toro ed è il paladino dei desideri dei tifosi. "Voglio provare a portare il Toro in Europa". VOTO: 7+
Che Ivan Juric avesse temperamento e ambizione lo si sapeva, ma che il suo impatto sul Torino sarebbe stato rapido e risultasse imponete non era così scontato. E invece ci ha messo un nonnulla per comprendere e incarnare lo spirito Toro e di conseguenza diventare il paladino dei desideri dei tifosi.
L’estate scorsa ha accettato la sfida di rilanciare il Torino, reduce da due stagioni di salvezze conquistate all’ultimo, con uno spogliatoio non proprio unito, con giocatori che si erano persi, altri che c’erano senza volerci essere ed alcuni che restavano per mancanza di alternative e con una tifoseria delusa e scontenta. Uno scenario tutt’altro che positivo e non basta pensare che Juric abbia detto di sì solo per il contratto triennale a due milioni di euro a stagione, perché era intrigato dal progetto di riportare il Torino in zone più consone alla sua storia passata. Quasi come se Juric avesse sentito a pelle che quella storia potesse diventare sua e lui diventarne parte. L’interpretazione può sembrare a qualcuno troppo prosaica, forse, ma se si presta bene attenzione alle parole del tecnico croato probabilmente si comprende che c’è del fondamento.
In un’annata difficile costellata da infortuni che si sono ripetuti nel tempo di giocatori anche importanti, Belotti, Praet, Madragora e Pjaca, è riuscito Juric a ridare gioco alla squadra e ha restituito il senso di appartenenza ai tifosi, anche ai più disillusi. Il Torino ha cambiato pelle grazie a lui: è diventato una squadra determinata e non molla mai, o quasi, fino al triplice fischio finale, è votato al gioco propositivo e fa pressing alto. Ha reso più solida la difesa, resta la pecca dei troppi gol subiti da dopo il 75esimo, ben 18, che hanno fatto evaporare 22 potenziali punti, ma avere la 5ª difesa della Sere A è un grande traguardo che ha raggiunto. Come quello di essersi superato facendo conquistare al Torino 50 punti, superando di uno quello che aveva stabilito nella prima annata al Verona, dove si era fermato a 49. Ha rivalutato alcuni giocatori, Berisha, Djidji e Rodriguez, e ne ha valorizzati altri, Zima, Buongiorno, Singo, Vojvoda, Pobega e Brekalo. Ha fatto sbocciare definitivamente Lukic e ha consacrato Bremer. Ha iniziato a forgiare Ricci e anche Seck. La fase offensiva lascia un po’ desiderare, come dimostrano i 41 gol realizzati che collocano il Torino al 13° posto insieme alla Sampdoria, che deve ancora disputare una partita e ha raggiunto l’aritmetica salvezza alla penultima giornata, ma l’attacco è anche il reparto che ha avuto il maggior numero di infortunati che gli hanno sottratto risorse a più riprese nell’arco della stagione. Un neo il fatto di non aver mai battuto una big, al più ha pareggiato con Lazio due volte, Atalanta, Juventus, Inter e Milan. E un altro neo sono state le sconfitte con squadre più deboli, Spezia, Udinese, Venezia, Cagliari e Genoa. Però è riuscito in una sola stagione a porre le basi in modo che si possa alzare l’asticella il tutto senza avere i giocatori che avrebbe voluto e arrangiandosi con quelli che gli sono stati dati e per i quali ha anche dovuto insistere affinché arrivassero. Giustamente si è dichiarato contento per i risultati che ha ottenuto. Avrebbe potuto fare di più? Forse, ma quanti altri al suo porto avrebbero fatto meno?
In ottica futura per portare avanti il progetto intrapreso con il suo arrivo al Torino chiede di più. Non di certo top player, ma giocatori migliori di quelli che sono arrivati in prestito e che magari andranno via e in questo vede un’occasione come ha detto per Brekalo: “Noi non riscattiamo Brekalo, però è anche una grande occasione perché, secondo me, per queste cifre (11 milioni, ndr) si possono cercare di prendere giocatori migliori”. E che Bremer sia sostituito adeguatamente: “L’unico che non prenderemo più forte è il sostituto di Bremer, questo è sicuro perché Gleison ha fatto un campionato strepitoso ed è stato dominante. Lo si sostituirà cercandone uno che si avvicina a lui”. Ha accettato che il miglior giocatore vada via e non ne fa una tragedia. Ma ha detto chiaramente che servono un numero preciso di giocatori: “Abbiamo bisogno dieci giocatori tra chi è in prestito e andrà via e chi sarà ceduto. Se prendiamo Mandragora è uno, ma ora io lo conto fra quelli che non sono più giocatori del Torino. Abbiamo giocatori in scadenza di cui non sappiamo, 6 in prestito se non mi sbaglio e qualcuno come Bremer che penso sarà venduto e se si fanno i conti si arriva a 10”. Non parla solo in pubblico nelle conferenze stampa o alle tv Juric, ma lo fa anche con la società: "Con Vagnati parlo tutti i giorni e valutiamo le cose e parliamo di quello che potrebbe essere. Con il presidente Cairo ci vedremo la prossima settimana e alla fine è lui che decide che strada prenderà la società, questo è chiaro. Però fino ad ora con Vagnati abbiamo parlato di tutto". E ha aggiunto: “Lunedì ci vediamo e analizziamo tutto e valutando con calma e tranquillità. Prenderemo delle decisioni e imboccheremo la strada giusta, spero”. La scorsa estate il mercato non lo aveva soddisfatto, ma resta speranzoso che adesso le cose possano cambiare: "Mi auguro veramente che dopo un anno sia tutto un po’ più chiaro su quali tipologie di giocatori servono e sul modo di fare il mercato. Vedremo se siamo entrati in sintonia".
L’idea di Juric per il Torino è una sola: “Quando si è al Toro e dopo un anno, dove si è fatto veramente bene, il successivo si deve fare meglio. Mi prendo la responsabilità se ci sono le condizioni giuste perché il Torino deve fare meglio: questa è la mia sensazione. La gente ha questa passione, ossessione ed è anche malata di andare in Europa o provare ad avvicinarsi, ma non è facile. Ci è riuscita l’Atalanta, ma altre Sassuolo e Bologna fanno fatica, però io ci voglio provare: questo è sicuro. Penso che la gente ne abbia bisogno". Per tutto questo Juric si merita come VOTO: 7+.