Colloquio Ventura-tifosi: tutte le verità

16.03.2016 11:30 di  Alex Bembi   vedi letture
Fonte: Alex Bembi per Torino Granata
Colloquio Ventura-tifosi: tutte le verità
© foto di Alex Bembi

Durante l’allenamento, non vola una mosca per 1 ora e mezza. E sì che al terzo “porte aperte” in tre mesi e mezzo, di gente ve ne è sin troppa. Con i risultati che porta a casa la squadra, la voglia di Toro è ancora alta è non sembra esserci aria di contestazione. Finito il lavoro, i giocatori si avviano pian piano nel tunnel che porta agli spogliatoi e non resta che Ventura sul terreno di gioco: tutto comincia da qualche urlo verso il tecnico, che attira la sua attenzione. Il mister si ferma a metà scalinata e sembra contrariato, le parole che giungono a lui non sono tenere, ma accetta l’invito al confronto.

Un bel gesto, va detto, parzialmente rovinato dalla smania di far notare che in pochi l’avrebbero fatto: “A questi livelli, nella mia posizione, non sono molti quelli che si fermerebbero a dialogare con i tifosi, credetemi”. Ha ragione, senza dubbio. Un confronto civile con i tifosi però, era forse dovuto vista l’annata tribolata e va dato atto a Ventura di averci messo la faccia. Sottolinearlo lo fa un po’ pesare, ma il mister è fatto così, ormai lo sappiamo. Rimarca continuamente i meriti come non gli fossero riconosciuti, mentre il famoso ambiente ha ben chiaro cosa di buono è stato fatto ed è grato, ma qualunque relazione vive di alti e bassi: per una Bilbao, c’è anche un derby umiliante e così via. Le prime accuse vertono proprio su questo: “Siamo stanchi delle solite dichiarazioni” urla un tifoso. Un altro chiede rispetto: “Non può l’allenatore del Toro continuare a dire che forgiamo talenti per le squadre da Champions League”. “Il percorso di crescita lo facciamo con i giocatori vecchi che continui a schierare?” Altri semplicemente lo invitano ad andarsene a fine stagione. Quelli caldi non sono molti, i più ascoltano silenti e interessati, ma l’aria si fa pesante. Qui Ventura dimostra pazienza e buon senso: tiene duro e sfodera le sue doti di ottimo oratore. E il dialogo da dibattito diventa via via monologo, con lui che diventa mattatore.

C’è una risposta a tutto, il mister è un fiume in piena: “Con chi vuole ascoltare ed è interessato al Toro, parlerei delle ore”. E lo fa. Si ferma più di 60 minuti, in piedi sotto la balconata della tribunetta e riesce a trasformare i fischi in applausi.

Parte da principio il mister: “Sono cambiate tante cose da quando abbiamo iniziato. Eravate molti di più il primo giorno qui, su questa tribuna, e avevate la bava alla bocca. C’erano dei ragazzini come Verdi e Oduamadi, che si chiedevano dove fossero finiti. Mi chiedevate di tornare a giocare a San Siro, di tornare in Europa. Io ero e sono d’accordo, ma la domanda giusta è: come farlo?”. Il progetto è logico e condivisibile, ma serve pazienza per vederlo realizzato. “Il Toro non può permettersi acquisti a fondo perduto come un 29 enne preso per dieci milioni di euro. Deve prendere giovani da crescere in casa propria. I giocatori esperti di cui a volte vi lamentate, servono a far crescere con calma i giovani di cui sopra. Abbiamo potenzialmente i migliori giovani che ci sono in Italia, stiamo gettando le fondamenta per aver tra pochi anni uno zoccolo duro di 25 enni che saranno la base di un Toro che potrà stabilmente provare ad andare in Europa, come dovrebbe essere. Perché è lì che vorremmo arrivare: ad Amsterdam ci siete andati una volta sola, ma il Toro dovrebbe avere la possibilità di andarci sempre. Dobbiamo prendere i ventenni e farli maturare, ma con i giusti tempi”.

Per poi venderli, gli fanno notare. Ma per Ventura non sarà così: “Ne puoi vendere uno, per comprarne altri quattro da cui sperare di ricavarne due o tre buoni. Questo è il percorso giusto. Se invece me li venderanno tutti allora avrete ragione: prestatemi una sciarpetta che vengo a tifare contro, in mezzo a voi”. Le convinzioni del mister prendono forza da un esempio: “Maksimovic, che per tutti doveva andare via, è ancora con noi. Mi sono opposto io perché non aveva senso venderlo a giugno né a gennaio e il Presidente non lo ha dato via nemmeno a fronte di un offerta da 21 milioni di euro”.

Poi spiega quali sono i cambiamenti di cui parlava e non si può dire che abbia torto: “Oggi i giocatori al Torino vogliono venire, la società è sana, unica in Italia coi bilanci più che a posto”. “Abbiamo finalmente preso un centro sportivo, erano anni che lo dicevo al Presidente: ci alleniamo su un campo pessimo, ora finalmente potremmo aver risolto il problema e sono passi per diventare una grande squadra”.

Si parla anche di singoli: “Baselli è un giocatore con doti straordinarie, ma negli ultimi due anni aveva giocato un decimo di quanto fatto qui con noi in 5 mesi. Anche fisicamente, non si può pensare che non abbia dei cali. Bisogna lavorarci sopra perché tra un po’ di tempo sarà uno che farà la differenza. Benassi è uno che ha fatto errori, con lo Zenit, nel derby. Ha imparato dalle esperienze, è leggermente migliorato: fra un anno al massimo sarà convocato nella nazionale maggiore e diventerà un giocatore importantissimo”.

Il mister ha sposato questo progetto, vuole che sia condiviso dai tifosi: “Avessi avuto vent’anni in meno, dopo queste due o tre stagioni buone sarei andato altrove, firmando accordi forse migliori. Invece resto qui, dove ho sposato un progetto in cui credo. Ho ancora due anni di contratto, ma resterò solo se anche voi ne farete parte”.

Il lungo preambolo porta ad una semplice richiesta: “Quello che vi chiedo è solo di restare uniti, di non buttare via tutto questo. Aspettiamo il 15 maggio, poi potrete giudicare: arrabbiarvi se avremo fatto male o gioire se saranno arrivate le vittorie. Si potranno cambiare i giocatori, l’allenatore, tutto. Adesso però restate vicini a questa squadra, ha bisogno di voi tifosi perché questa maglia pesa, ha una storia e i giovani che la indossano sentono tutta l’aspettativa che c’è intorno”.

Stesso discorso riguardo al derby: “Se al secondo passaggio sbagliato o alla prima occasione da gol avversaria viene giù lo stadio, possiamo dare la mano agli avversari e chiuderla lì”.

Che sostegno sia allora, se la squadra non riesce a sopportare le pressioni di una contestazione (peraltro mai davvero sfociata in qualcosa di più che qualche coro e uno striscione), va incitata, soprattutto alla vigilia di una gara che in città si aspetta per tutta la stagione. I tifosi, almeno quelli rimasti dopo più di un’ora di confronto, sembravano convinti. Il mister ha protetto i suoi calciatori da vero uomo (“se volete contestare, contestate me. Io posso solo collaborare. I ragazzi cerchiamo di lasciarli tranquilli”). Nella speranza che lui e i tifosi vengano ripagati con una prestazione all’altezza.

Alex Bembi