Baroni trova la chiave: Simeone e Adams, il tandem che ha trascinato il Toro

Baroni trova la chiave: Simeone e Adams, il tandem che ha trascinato il ToroTUTTOmercatoWEB.com
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Oggi alle 16:30Notizie
di TG Redazione

Sabato Giovanni Simeone ha regalato una splendida vittoria al Torino: con due dribbling secchi e un tocco che non perdona, ha riempito di entusiasmo lo spogliatoio granata e ribaltato i pronostici (già il pareggio contro la Lazio avrà scombinato le schedine di tutti i giocatori di Lottomatica). A stendere il Napoli di Antonio Conte, al secondo intoppo in campionato, dopo quello di Milano contro Allegri, è stato proprio l’argentino che sotto il Vesuvio aveva conquistato due scudetti consecutivi. Per Marco Baroni è stata la serata della liberazione: il suo Toro ha giocato un primo tempo di grande intensità, poi sa soffrire, stringe i denti e regalarsi un 1-0 dal peso specifico enorme, tanto per la classifica quanto per il morale.

Il tecnico granata ha varato la coppia Adams-Simeone dal primo minuto, scelta che alla fine ha ripagato. Il Torino ha confermato i progressi delle ultime settimane tanto da aver costretto spesso il Napoli capolista a stare sulla difensiva. Al quarto d’ora Vlasic ha colpito un palo pieno dopo un’azione travolgente, mentre l’unica vera occasione degli ospiti arriva al 23’, ma Coco si è opposto al tentativo ravvicinato di De Bruyne. Il Toro ha continuato a comandare il gioco e ha trovato il vantaggio al 32’. Il “Cholito” ha saltato Di Lorenzo, neutralizzato Milinkovic e deposito in rete: è il più classico gol dell’ex. Tre minuti dopo il raddoppio sfuma di poco, con Pedersen che ha spedito in alto il servizio dello stesso Simeone.

Nella ripresa il Napoli ha provato a riorganizzarsi, alzando il baricentro e aumentando i giri del pressing. Il Toro ha resistito con ordine, lasciando solo qualche tiro dalla distanza e un paio di angoli pericolosi. Al 60’ Baroni rinuncia a Simeone, costretto a uscire per un fastidio muscolare, e ha inserito Ngonge. Gli azzurri crescono: De Bruyne manca il bersaglio da posizione favorevole, Politano entra e porta vivacità, ma la linea difensiva granata regge grazie alla solidità di Coco e Tameze. In pieno recupero il Napoli troverebbe anche il pari, ma il Var cancella tutto per un fuorigioco millimetrico. Per il Torino arriva la vittoria che può dare un cambio di rotta alla stagione.

Simeone e Adams, il tandem che ha trascinato il Toro
Sabato contro il Napoli, Giovanni Simeone e Che Adams hanno condiviso per la prima volta una maglia da titolari. Solo a Roma, per una decina di minuti, si erano trovati fianco a fianco e in quell’occasione lo scozzese aveva firmato il momentaneo 2-2. Contro i campioni d’Italia, però, la coppia ha trovato la sua consacrazione. L’intesa tra i due è apparsa naturale: movimenti complementari, sacrificio, pressing e presenza costante in area. “Che e Giovanni si sono mossi benissimo - ha commentato Baroni - hanno garantito profondità e aiutato anche dietro. La direzione è quella giusta”.

Da qui può nascere un’idea più stabile: la staffetta di inizio stagione potrebbe lasciare spazio a un tandem fisso. Il 3-5-2, per la prima volta adottato in modo netto, ha dato equilibrio e solidità, anche se dovrà essere testato in contesti diversi, contro avversari che costringeranno i granata a gestire di più il possesso. I numeri raccontano che il Toro ha avuto solo il 31,4% di palla, ma ha colpito con lucidità e compattezza. Simeone e Adams, tecnici e generosi, hanno mostrato di parlare la stessa lingua calcistica: uno attacca la profondità, l’altro lega il gioco e si sacrifica. Due “uomini da Toro”, capaci di incarnare quello spirito di battaglia che la piazza pretende. Lo scozzese conferma il suo rendimento costante, l’argentino ha già conquistato il pubblico per atteggiamento e dedizione: “Sono entrato in simbiosi con la storia granata”, aveva detto alla vigilia. Dopo Napoli, nessuno lo metterà in dubbio.



La vittoria contro il Napoli, più che un traguardo 
Simeone immaginava diversamente il suo primo gol all’Olimpico Grande Torino, ma difficilmente avrebbe potuto sceglierne uno più pesante. Al 32’, il retropassaggio errato di Gilmour, indotto dal pressing di Adams, gli ha spalancato la porta. Con un guizzo da centravanti puro, l’argentino ha dribblato Milinkovic e messo dentro con freddezza. Un gesto tecnico limpido, frutto d’istinto e calma.
Non solo Simeone, però. Baroni ha scelto di tenere inizialmente fuori Ngonge, uno degli uomini più in forma, e ha potuto rivedere in campo Duván Zapata, che sta gradualmente ritrovando ritmo e condizione. Segnali che il gruppo è ampio, competitivo e pronto a sostenere la nuova coppia d’attacco anche nelle rotazioni future. La vittoria contro il Napoli, più che un traguardo, può diventare un punto di ripartenza.

Equilibrio nei giudizi: un successo che non basta a cambiare tutto
La vittoria sul Napoli ha riportato entusiasmo e sorriso nell’ambiente granata, ma serve prudenza. Dopo sei giornate il Torino era al 16° posto con 5 punti, la peggior difesa del torneo (13 reti subite) e appena 5 gol fatti, tre dei quali nella rimonta di Roma. Ora i punti sono 8 e la squadra è salita al 14° posto, ma la classifica resta corta e le criticità non sono sparite. L’euforia post-partita è comprensibile, ma Baroni dovrà lavorare sulla continuità e sulla gestione dei momenti di difficoltà.

Il Napoli, va detto, non era al meglio: diverse assenze tra i titolari e una serata storta hanno favorito il risultato. Un po’ come era accaduto contro la Roma, nell’altra vittoria stagionale. Il successo resta meritato, ma per trasformarlo in una svolta serviranno altre prove convincenti. Il Toro resta la squadra più battuta del campionato, con una media di meno di un gol a partita: numeri che impongono cautela. In questo momento i granata condividono la zona centrale della classifica con Cagliari e Lazio, in attesa dei risultati di Udinese e Cremonese. È il territorio di chi può guardare con serenità al futuro, ma senza abbandonarsi a illusioni europee.

Continuità e realismo: il nuovo percorso del Torino
Il calendario adesso offre un banco di prova concreto: Genoa, Bologna, Pisa e Juventus prima della sosta. Poi Como, Lecce e Milan per chiudere la prima metà di stagione, seguite dal trittico con Cremonese, Sassuolo, Cagliari, Verona e Udinese. È in questo blocco che si misurerà la solidità del progetto Baroni. Con coerenza e realismo, si può pensare di raccogliere almeno sette punti prima del derby, e poi giocarsi tutto contro la Juve. Ma la storia recente non sorride: un solo successo nelle ultime venti stracittadine (26 aprile 2015), due pareggi in Coppa Italia e 24 sconfitte totali. Appena 16 gol segnati contro 57 subiti: cifre che parlano da sole e che danno la misura della sfida.

Per invertire la rotta non bastano entusiasmo e una notte felice: serve una crescita strutturale, mentale e tecnica. La vittoria sul Napoli deve essere un punto di partenza, non di arrivo. Il Torino di Baroni è ancora in costruzione, ma ha mostrato di avere orgoglio, compattezza e identità: qualità indispensabili per lasciarsi alle spalle anni di mediocrità e restituire ai tifosi l’ambizione di una squadra degna della propria storia.

Tra speranza e consapevolezza
Prima del colpo al Napoli il Torino non era un disastro, ma viveva evidenti difficoltà. Tre mesi di lavoro hanno portato cambi di modulo e continui adattamenti, dal 4-2-3-1 al 3-5-2 attuale, segno di una ricerca ancora in corso. Dopo una vittoria non può essere già tutto risolto, ma la direzione sembra finalmente tracciata. Nelle ultime stagioni i granata si sono stabilizzati nella mediocrità di metà classifica, troppo lontani dai sogni europei e troppo distanti dalle zone calde per accendere passioni. Vendere i migliori e sostituirli con scommesse ha limitato l’ambizione. Oggi Baroni prova a rompere questo equilibrio, puntando su uomini motivati e un’idea chiara di calcio.
Il Torino, per storia e identità, merita di più. Servirà continuità, lucidità e la capacità di non farsi travolgere dagli entusiasmi passeggeri. Perché, come spesso accade in casa granata, tra l’essere brocchi o fenomeni basta una partita. Ma solo chi resta fedele al lavoro quotidiano può tornare davvero grande.