TROPPA Inter per il Toro
di MARCO ANSALDO
Il vestito dell’Inter è di tela ruvida, che non strappa l’ammirazione di chi lo guarda, ma il suo passo è già da scudetto per qualità tecnica, forza fisica e anche fortuna, un connubio al quale sarà difficile contrapporre qualcosa di più valido: ci sta provando, tra le grandi, la Juve eppure, per quanto Mourinho dica che il campionato si chiarirà soltanto a Natale, la sensazione che i nerazzurri siano lanciatissimi verso il terzo successo consecutivo, il quarto per gli annali, nasce e si consolida con prestazioni come quella di ieri contro il Toro.
Dopo mezz’ora la partita era chiusa, dopo un’ora inabissata con il 3-0 firmato da Ibrahimovic su contropiede: c’era sempre la sensazione che i granata non graffiassero neppure la superficie di questo mostro monolitico e levigato che il maestro portoghese della provocazione ha ereditato da Mancini e cui ha dato persino più personalità. Il finale ha regalato al Toro qualche rimpianto, comunque la certezza di non essere una squadra di peracottai esposti a tutti i venti, anzi con questo attacco potrà fare molto male alle sue rivali per la salvezza e magari per qualcosa di più: tuttavia nonostante il gol di Abbruscato, le parate di Julio Cesar e la traversa colpita al 41’ da Materazzi, che quasi ingannava il proprio portiere, neppure in quell’ultimo quarto d’ora abbiamo pensato che si realizzasse l’impresa e l’Inter si suicidasse. Troppe le differenze.
Sarà che le maglie bianche ingrossano un po’ ma già ai saluti iniziali la diversa stazza dei campioni d’Italia impressionava e non soltanto quando passavano di fianco a Rosina: Cairo ha trovato un’ottima sponsorizzazione con la Renault ma i camion, nell’occasione, sembravano gli altri. Come superarli? Avevamo immaginato un Toro aggressivo, asfissiante nella corsa perché un difetto dei difensori dell’Inter è di smarrirsi se li bracchi da vicino e con intensità, proprio come è successo nel finale: Burdisso e Materazzi sanno perdere la testa. I granata non l’hanno fatto. Hanno tenuto la palla, hanno accettato il ritmo dell’avversario, hanno provato a sorprenderlo con le triangolazioni basse, perché - ha poi spiegato De Biasi - a buttarla sulla corsa è più facile che ci perdi tu. Sta di fatto che, a parte un tiro di Rosina che non prendeva l’effetto giusto e una bella spizzicata di testa di Bianchi sul cross di Pisano al 12’, il Toro arrivava male dalle parti di Julio Cesar che per parare un pallone avrebbe dovuto aspettare un tiraccio di Ogbonna al 25’ della ripresa.
Il Toro stava a viso aperto e la scelta di confermare tre punte stupiva persino il diffidente Mourinho. Per non dire di quando, sul 2-0, Rosina usciva precauzionalmente e dalla panchina si alzava Abbruscato e non un centrocampista come sarebbe successo da altre parti. Tuttavia i buoni propositi sbattevano contro l’Inter. Se c’era l’idea di allargarne le maglie gli effetti erano nulli. Anzi i granata si rifugiavano sempre più nei lanci lunghi che sono il modo migliore per salvare Materazzi. L’Inter si impossessava della partita senza strafare, con la fortuna che simpatizza per Mourinho, il quale comincia a star simpatico anche a noi. L’1-0 era uno schema non studiato al computer: cross teso di Mancini, troppo libero, dalla destra e deviazione decisiva di Pisano (terza autorete consecutiva per i nerazzurri); il raddoppio, due minuti dopo, lo realizzava Maicon con una sassata a filo di traversa e anche qui il confine tra la prodezza e la botta fortunata è labile.
Gli episodi si possono discutere però l’impronta della partita era chiara: apparteneva al piede dell’Inter, bastavano un movimento di Ibra o la carica del ritrovato Adriano a far scattare l’allarme granata, mentre il centrocampo era la ragnatela vischiosa che Vieira, Cambiasso e Zanetti sanno tessere. Il Toro poteva accorciare al 6’ con un tiro di Diana, il migliore, che Cambiasso deviava contro il palo, sempre perché la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Però che dire di una squadra che si fa sorprendere a quel modo dal contropiede di Mancini e Ibrahimovic sùbito in rete per il 3-0? Il match era chiuso.
Il Toro provava a riaprirlo, finalmente aggressivo come l’avevamo immaginato. L’Inter mollava, saliva in cattedra Saumel (non male anche in costruzione) e azzeccava il cross per Abbruscato, più intraprendente in quel quarto d’ora che in tanti campionati. Una folata di speranza scuoteva i granata ma Julio Cesar e la traversa chiudevano lo spiffero.