Il DRIBBLING di Rosinaldo: L'esagerazione di un gesto

15.09.2008 20:01 di  Marina Beccuti   vedi letture
Fonte: www.alessandrorosina.it
Il DRIBBLING di Rosinaldo: L'esagerazione di un gesto
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Spesso chi fa informazione ingigantisce, deforma, nel peggiore dei casi falsifica la realtà dei fatti. E finisce per dare in pasto ai lettori un’istantanea che travisa i fatti, e fotografa le persone per ciò che non sono e, cosa ancor più grave, per ciò che mai si sarebbero sognati di essere.

E allora non stupisce più di tanto se sui giornali di oggi si leggono titoli che strombazzano il gesto un po’ collerico del capitano del Toro che esce a 27 minuti dalla fine di una partita grigia, quella disputata con la Reggina. Tutta colpa dell’aria che tirava al Granillo, tutta colpa di un destino avverso che ha scalato le marce senza preavviso, facendo rallentare di botto il motore.

Una cosa è certa: se Rosina non avesse sbuffato, non sarebbe stato se stesso fino in fondo. Certo, buttare per terra la fascia e insieme la maglia bianca si poteva evitare. Soprattutto per la risonanza mediatica che i due gesti avrebbero avuto. Certe cose sono facilissime da prevedere. E i malpensanti e i malfidati non sono mai troppo pochi, perfino nel mondo del calcio.

Ma è colpa del capitano arrabbiarsi con se stesso per una cattiva performance, per non aver dato ciò che si aspettava di dare, per non aver giocato una buona partita, per non aver regalato ai suoi tanti tifosi le emozioni giuste? E soprattutto: è colpa del capitano se tutto questo proprio non gli è andato giù, se non ha digerito questo bocconcino amaro, se non è riuscito a dare il meglio di sé?

La risposta è no. Nessuna colpa se a volte il destino gioca brutti scherzi, se qualcosa va storto e non proprio secondo le aspettative. La reazione di Alessandro è stata forte, dura, istintiva, ma vera. Perché Rosina è fatto così, è autentico fino in fondo. E lo testimonia il comunicato di oggi, in cui si scusa con tutti, ripensando il suo gesto come un po’ troppo “sopra le righe”. Ebbene sì, anche questo vuol dire pagare il prezzo dell’autenticità.

Elena Orlando