ESCLUSIVA TG – Pasqualin: “Non concordo con Cairo che il campionato sia finito, deve riprendere”

02.04.2020 07:00 di Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Claudio Pasqualin
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Claudio Pasqualin

L’avvocato Claudio Pasqualin è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Pasqualin è un grande esperto di vicende calcistiche ed è il decano degli agenti di calciatori italiani con lui abbiamo parlato di questo stop del campionato dovuto alla pandemia da Covid-19 e delle prospettive del calciomercato estivo.

Il campionato potrà riprendere e in che modo?

“Mi auguro di sì. Secondo me, il calcio deve protendere con ogni mezzo, con ogni sua cellula a far sì che si riesca a completare questa stagione. So che sono di parere assolutamente opposto a quello, molto più autorevole e potente, del presidente, non solo del Toro ma anche di Rcs, Urbano Cairo. Io sono per rispettare le esigenze generali del calcio che sono altre rispetto a quelle di mollare tutto e subito. Ovviamente c’è una premessa, infatti, la speranza di riprendere il campionato e arrivare ad assegnare lo scudetto e le retrocessioni sia compatibile con le esigenze di salute non solo dei calciatori, ma di tutti noi. Abbiamo bisogno del calcio, anche per distrarci un po’. Che sia a porte aperte o chiuse vedremo, ma l’auspicio è che si giochi. Cairo è fra i più autorevoli a dire che bisogna finire qui, ma non valuta, forse, quella componente di sportività, bel concetto di cui si parla molto, che ci deve essere rispetto a quello di “economicità” e della salute, quest’ultima prioritaria su tutto. Siamo in un ambiente sportivo e allora perché dobbiamo annichilire gli esiti delle partite disputate fino ad oggi? Perché dobbiamo umiliare le legittime ambizioni della Juventus piuttosto che della Lazio o dell’Inter di vincere lo scudetto o quelle di salvarsi del Brescia, della Spal e del Lecce, che se il campionato finisse qui sarebbero invece retrocesse? Perché dovremmo decidere a tavolino? Non voglio dire che si debba immaginare addirittura, come se le esperienze passate non fossero servite, di avere il prossimo anno una Serie A a 22 squadre. Secondo me bisogna cercare in tutti i modi di uscirne portando a termine con correttezza sportiva il campionato e superando i conseguenti problemi di natura giuridica come quello del prolungamento dei contratti dei calciatori, che com’è noto scadono il 30 giugno, utilizzano lo strumento dell’accordo collettivo che in quanto tale ha un’efficacia erga omnes e, quindi, vale per tutti. Se seguiamo la falsa riga di ciò che ha detto Tommasi (presidente dell'Associazione Italiana Calciatori, ndr) e delle trattative individuali allora non si può neanche volendo trovare una soluzione per cui servono decisioni forti come quella di un accordo collettivo”.

C’è un limite invalicabile per concludere questa stagione in modo da non andare a sconvolgere anche la prossima?

“Il limite è l’inizio della nuova perché i calciatori hanno già detto che sono disposti a rinunciare di fatto alle vacanze, non dico le ferie perché molti le hanno già godute in questo mese in quanto molte società li hanno messi appunto in ferie. Se si giocasse in estate, non ci sarebbe bisogno dei ritiri o si potrebbero ridurre temporalmente al minimo. Si tratta di soluzioni estreme perché se gli allenamenti riprendessero ai primi di maggio e se poi a metà mese ripartisse il campionato, anche se si tratta di un’ipotesi ultra ottimistica ma nessuno impedisce di sperarlo, allora il campionato finirebbe addirittura entro giugno. Se, invece, si riprendesse dopo allora vedremo di quanto si sforerà. Per me l’imperativo è arrivare ad assegnare i tutoli e a premiare i valori conseguiti sul campo, anche se alla ripresa si tratterà di un altro campionato perché la sosta forzata inciderà, ma lo farà per tutti. Fortunati saranno quelli sui quali inciderà in positivo e pazienza per quelli sui quali inciderà negativamente. Questi ragionamenti sono complicati rispetto alla necessità che ha il calcio di ripartire quanto prima, di ricominciare a vedere un certo movimento anche economico attorno a sé. Come l’araba fenice risorge dalla proprie ceneri così il calcio deve ripartire quanto prima. Prima che inizi la nuova stagione c’è del tempo e spero ardentemente che ci sia lo spazio per continuare questa stagione e finirla. Sono confortato e anche un po’ sorpreso dall’atteggiamento della Federazione che, secondo me, è in linea con il settore che gestisce e che in passato non sempre lo è stata”.

Il calciomercato andrebbe compresso fra la fine di questa stagione e l’inizio della prossima oppure dilatato come ha ipotizzato la Fifa?

“Per l’esperienza che ho, so che gli affari si fanno sempre alla fine, ma so anche che appunto la Fifa è orientata a fare un mercatone aperto fino al 31 dicembre con poi ovviamente l’esclusione di quello di gennaio”.

Durerebbe quindi quasi per tutto il girone d’andata.

“Sono molto dubbioso e perplesso sull’efficacia di questa soluzione, anche se so che ci potrebbero essere dei lati positivi come la possibilità, avendo una spazio temporale maggiore, di aggiornare le rose e di fare le cose per bene. Però, so anche che inizierebbero i mal di pancia dei giocatori alla terza panchina di fila che li porterebbe a flirtare con altre società e questo a campionato in corso non è il massimo e non solo dal punto di vista etico perché tutti i protagonisti devono essere corretti. Va considerato anche che in un tale contesto diventerà sempre più centrale il ruolo di chi gestisce i calciatori. Adesso è mal gestita la figura di quello che viene ancora inopinatamente e impropriamente e, secondo me, ingiustamente definito agente, mentre, invece, è un mediatore perché, evidentemente, tutti dalla Fifa per arrivare al Coni e finire con la Federazione si vergognano di aver rivalorizzato la figura del mediatore che era stata messa al bando da sempre poiché era una figura interdetta dall’organizzazione calcistica. Adesso, invece, c’è , però, è spacciata con un nome improprio, non adatto dal punto di vista giuridico ossia agente, ex procuratore, come sono chiamati coloro che sono regolati dall’ultimo regolamento, ma che non sono tali perché sono dei mediatori. Infatti, basta penare che legittimamente possono essere pagati da tutte e tre le parti: calciatore, società che vende il cartellino e società che lo acquista. Questo provoca una conseguente emorragia di denaro nel mondo del calcio perché i soldi escono dalle tasche dei tre soggetti e vanno in quelle dei cosiddetti agenti, ma che sono mediatori. Questa figura, come dicevo, sarà sempre più centrale e a mercato indefinitamente aperto faranno il bello e il cattivo tempo. Questa non è forse una conseguenza da non trascurare in un mercato dilatato nel tempo? Se ci fosse una buona regolamentazione e se esistesse ancora la figura del procuratore, che era la persona fisica che prestava la sua opera di consulenza ed assistenza al calciatore nell’attività diretta alla ricerca della stipula del miglior contratto. Negli anni la consulenza e l’assistenza si è poi estesa anche alle società, ma c’era un e/o: o al calciatore o alla società, ma non a tutte e due le parti contemporaneamente. Silenziosamente il regolamento è stato modificato e hanno ufficializzato, forse senza neppure rendersene conto, la figura del mediatore e adesso si lamentano perché, giustamente, i mediatori fanno delle eccezioni circa l’entità dei loro guadagni, etc etc. Ma è giusto che lo facciano, è la Fifa che ha creato al suo interno un mostro, si vede che a qualche impiegato dell’ufficio giuridico di Zurigo gli è scappata la penna quando scriveva il regolamento, ma continuano a chiamarli agenti sebbene siano dei mediatori perché il mandato è dato da entrambe le parti, giocatore e squadra e se si è pagati da tutti e tre allora si tratta di un ultra mediatore. Secondo me sarebbe giusto chiamarli broker perché renderebbe meglio l’idea. Va tutto bene, dilatiamo il mercato ma poi i trasferimenti chi li decide? Forse sono io che do un’importanza esagerata a questo, ma siccome la figura dei Raiola e dei Mendes, professionisti rispettabilissimi che fanno il loro lavoro, è diventata centrale sarebbe il caso di puntualizzare”.

Il Torino proverbialmente è una di quelle società che si muove in sede di calciomercato con trattative prudenti, per i tifosi granata un mercato lungo fino al 31 dicembre sarebbe da mani nei capelli?

“Possono vivere bene lo stesso. Anni fa un mio assistito, Carlo Perrone, parafrasando, con evidente errore d’italiano, la frase di un suo allenatore, Gaetano Salvemini, aveva messo un titolo scherzoso a un suo libro “Ogni uomo hanno una sua personalità” per cui dipende dai direttori sportivi, dai presidenti. Qualcuno ha la fama di muoversi in sede di mercato in un certo modo e altri in un altro, ma non credo che si possa generalizzare, infatti, c’è chi è abituato a fare subito e chi è più temporeggiatore, c’è chi è più deciso e chi deve raschiare nel fondo del barile. Sono pochissimi, due o tre, che dispongono di soldi immediati. Bisognerà vedere perché la regola varrà per tutti e non credo che si possa dire che il Toro risulterà condizionato, svantaggiato o avvantaggiato, così come si può dire lo stesso dell’Udinese piuttosto che della Fiorentina. Si vedrà alla prova de fatti come procederanno le varie società. Secondo me, le porte degli spogliatoi girevoli è un concetto odiato dagli allenatori e che per primi contrastano, ma è giusto. Io per primo sono della serie “si stava meglio quando si stava peggio”, sono un po’ nostalgico di quando il calciomercato durava 15 giorni a luglio, la prima settimana di riscaldamento e la seconda di grande intensità e anche allora gli affari si facevano all’ultima ora come accade adesso, ma si lavorava anche durante i precedenti giorni, e poi c’era la settimana di riparazione a novembre. E le squadre che avevano qualche limite, qualche deficit e quelle con qualche esubero attendevano la settimanella di novembre per aggiustare il tiro.  Erano mercati meravigliosi e le squadre si presentavano nel loro fulgore e disputavano quello che era il campionato più bello del mondo. Allora funzionava e andava benissimo, quindi, non si capisce perché le cose siano state cambiate, anche perché poi dilatando la durata del mercato non si sono fatti più affari e neppure si faranno in futuro perché tutti si muovono alla fine. Certamente quello che verrà sarà un mercato depresso, ma caratterizzato da guizzi di fantasia e sarà anche un po’ frizzantino perché siamo italiani e ci inventeremo qualche cosa in più rispetto ai tedeschi che anche loro avranno dei problemi perché a dettarli è la crisi, che come sappiamo sarà globale. Ci saranno degli scambi e dico fortunatamente con riferimento ai giovani e per alcune squadre potrebbe essere l’occasione finalmente di far ricorso ai loro vivai. La mancanza di contanti farà sì che anche nelle grandi transazioni ci sarà sempre all’interno, al di là del prezzo finale ribassato, una o due pedine di scambio. Anche per andare alla ricerca delle plusvalenze, che tengono in piedi a volte con lo sputo i bilanci delle società, si dovrà sopravvalutare un po’ i cartellini e invece di scambiare due giocatori uno a cinque e l’altro a sette lo si farà uno a cinquanta e l’altro a settanta in modo da aumentare la plusvalenza”.

Un mercato di questo tipo non darebbe maggiore potere d’acquisto alle grandi società nell’accaparrarsi i giocatori più forti? Per intenderci, Sirigu interessa a un grande club che gli offre un contratto economicamente vantaggioso e al Torino propone un po’ di contanti e due-tre giocatori che ha in esubero, ma che servono a completare la rosa granata, e così si porta via il portiere senza sborsare gradi cifre per il cartellino.

“Le grandi società hanno sempre avuto più potere delle altre, quindi, sotto quest’aspetto non cambierà niente. La crisi ci sarà anche per i grandi club che, però, già come accadeva prima avere un potere d’acquisto maggiore anche perché al giocatore oltre a tutto il resto possono offrire il fascino della grande squadra. Chi entra nel mirino di un grande club alla fine ci va, nessun giocatore rifiuta una grande squadra o fa il difficile in queste circostanze. Il potere attrattivo ed effettivo di acquisto delle grandi è sempre stato maggiore. Comunque tutto sarà relativizzato nel prossimo mercato e per tutti scenderanno i prezzi, quindi, non vedo i grandi club più favoriti rispetto a prima. C’è da sperare che alla partenza del nuovo campionato qualche società voglia puntare sui giovani, e mi verrebbe da dire italiani, anche se oramai le squadre Primavera sono zeppe di straneri, e magari una squadra di giovani italiani non dico che vinca, ma riesce a emergere. In tempi di crisi, e non solo, bisognerebbe fare così”.