ESCLUSIVA TG – Gregucci: “Gli episodi determineranno Lazio-Torino. Il duello chiave sarà tra Bremer e Immobile”

16.04.2022 11:00 di Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Angelo Gregucci
Angelo Gregucci

Angelo Gregucci è stato intervistato in esclusiva da TorinoGranata.it. Gregucci da giocatore ha indossato tra le altre le maglie della Lazio dal 1986 al ‘93 e nella stagione successiva quella del Torino, attualmente è un allenatore. Con lui abbiamo parlato delle sue ex squadre che si affronteranno questa sera.

Lazio e Torino hanno un gioco differente, ma improntato all’attacco. I biancocelesti segnano molto a differenza invece dei granata che mancano nell’ultimo passaggio e nella precisione del tiro in porta. Lei come vede questa partita?

Lazio e Torino hanno due filosofie di calcio differenti, una ha come riferimento l’uomo e l’altra il reparto e le traiettorie di gioco. Per cui sarà una partita combattuta e, secondo me, bella. Sono convinto che gli episodi potranno incanalarla e determinarla. Saranno importanti quindi la lettura delle situazioni e degli episodi. Come dicevo, le filosofie di calcio sono differenti ed è per questo che prevedo una partita combattuta, ma sicuramente bella”.

Giro palla, traiettorie di passaggio precise e percorrere tanti chilometri sono le caratteristiche della Lazio, mentre il Torino è più incline ad interrompere il gioco degli avversari e a vincere i contrasti, soprattutto con Bremer che è il miglior interprete di questo tipo di gioco. Concorda?

Bremer infatti sarà l’uomo mercato dell’estate 2022 essendo l’oggetto del desiderio di tanti club e penso che con lui il Torino andrà a capitalizzare. E’ vero che il Torino va a rubare palla e lo fa con la precisa idea di vincere i duelli uno contro uno nelle varie zone del campo e non è importante se nel frangente è basso o alto, ma va ad attaccare e va addosso nel duello. La Lazio quindi dovrà essere brava nel trovare le sue linee di passaggio poiché si muove un  po’ più organicamente con dettagli precisi. Sintetizzando, mentre l’idea di Juric può essere cambiata con un piano gara differente in quanto è l’uomo al centro dell’obiettivo e dei princìpi del suo gioco, la squadra di Sarri fa fatica a cambiare lo spartito perché è stato memorizzato in mesi e mesi di ripetizioni votate da una parte a meccanizzare e dall’atra a interpretare”.

Gli uomini chiave di Lazio e Torino saranno quindi i centrocampisti?

“No, io penso che il duello chiave sarà tra Bremer e Immobile. Quelli importanti invece saranno tutti quelli a metà campo con Sergej Milinkovic-Savic, Leiva e Luis Alberto.

Mandragora non sarà della partita poiché non ha ancora del tutto superato l’infortunio, per cui toccherà molto probabilmente di nuovo a Lukic, al giovane Ricci e a Pobega, da vedere se al fianco di Bekalo oppure più arretrato.

“Non è importante se Pobega giocherà un po’ più dietro oppure un po’ più avanti, ma sarà importante andare a metà campo, non so se con Lukic o Ricci oppure Pobega e andare a prendere a uomo Sergej Milinkovic-Savic e Luis Alberto e andare ad oscurare Lucas Leiva in prima costruzione. Ma questo il Torino sicuramente lo farà. Poi Pobega può essere spostato un po’ più avanti nello sviluppo dell’azione perché ha come qualità buoni inserimenti, così come Brekalo. Mentre nel caso di Mandragora è un po’ più organizzatore di gioco. Queste sono le caratteristiche dei giocatori, ma lo spartito sarà questo: andare a prendere i tre giocatori della Lazio, che quando sono in forma sono determinanti nel campionato italiano. E lo sono stati anche pre e post lockdown, quando con Simone Inzaghi in panchina la Lazio era a ridosso della Juventus, nell’era del cannibalismo juventino, e facevano le fortune biancocelesti. Credo che anche loro, come Bremer, siano al crepuscolo visto che Leiva tornerà in Brasile, Sergej Milinkovic-Savic è l’oggetto del desiderio si tante società e Luis Alberto non so se la sua esperienza alla Lazio sia finita e se sarà sul mercato. Di certo però questi tre per quattro-cinque anni hanno dominato il centrocampo”.

Un altro molto chiacchierato sul mercato è Belotti, che è stato sfortunato a causa dei due infortuni e che ha subito la delusione per la mancata qualificazione dell’Italia al Mondiale del Qatar, ma resta il punto fermo dell’attacco del Torino.

“Sì, non v’è dubbio: il Toro è Belotti e il “Gallo” è il Toro. Non so se rimarrà perché intervengono dinamiche di mercato, di piacimenti e di rapporti che non conosco, ma di sicuro so che le caratteristiche di Andrea sono perfette per il dna del Toro e che è vero anche il contrario, ossia che il Toro è la squadra perfetta per lui. Spero che resti perché non vedo Andrea Belotti in un’altra squadra. E’ una questione solo di eventuale  incompatibilità economica e del rapporto tra lui e Cairo, loro si conoscono più che bene e non so che cosa succede quando si chiudono in una stanza, ma di certo vanno oltre a quella che è la dinamica di una trattativa calcistica”.

Per concludere l’intervista, si può facilmente immaginare che lei sia proiettato ormai sulla prossima stagione, a ameno che non venga chiamato da qualcuno per il finale di questa?

“Non penso che qualcuno mi chiami per il finale di questa stagione per cui effettivamente sono proiettato sulla prossima e quindi sto alla finestra in attesa di una buona opportunità. E mi auguro che nel calcio italiano qualche cosa possa cambiare perché altrimenti continuando così non ce la caveremo in quanto il format non è di alto livello infatti siamo fuori dalla Champions”.

E anche dal Mondiale.

“L’essere fuori dal Mondiale è catalessi e dramma sportivo che è durato una settimana e poi è andato in cavalleria perché  non è mai cambiato niente. L’anomalia è stato vincere l’Europeo che la visione di Mancini e una buona sorte ci hanno portato a vincerlo, ma sulla qual vittoria nessun italiano avrebbe mai scommesso. E infatti dopo questo grandissimo risultato abbiamo perso un’altra volta la qualificazione al Mondiale. Il nostro calcio purtroppo non è più performante e non lo dico io, ma è una verità oggettiva. Il calcio di altissimo livello, quello della Champions, non ci appartiene più e siamo andati fuori agli ottavi. Anche dall’Europa League non si è andati oltre ai quarti con l’Atalanta, che negli  ultimi due-tre ani è comunque la squadra che nel complesso ha fatto meglio in Europa. In Conference League è rimasta la Roma, ma non considero questa manifestazione di altissimo profilo, anche se è sempre una competizione europea. Per come siamo organizzati noi in Italia nel formare i nostri giovani e nei format per farli crescere in Serie D, in Lega Pro e nelle seconde squadre non produciamo un ganché”.