ESCLUSIVA TG – Gandolfo: “E’ da irresponsabili aver costruito il Toro senza un vice Belotti”
Beppe Gandolfo è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Gandolfo è giornalista del Tg 5, scrittore e tifoso del Toro. Con lui, che ha appena scritto il suo ultimo libro “Meroni. L’artista campione” edito da Priuli e Verlucca e da sabato 14 ottobre in edicola abbinato al quotidiano “La Stampa”, abbiamo parlato del momento del Torino e anche del suo omaggio all’indimenticata “farfalla granata”.
Che cosa sta succedendo al Torino? A inizio stagione c’era tanto entusiasmo e sembrava che fosse arrivata la svolta, però, poi nelle ultime partite, non sono nel derby o nel finale rocambolesco con il Verona ma anche nel rischio corso all’ultimo istante con l’Udinese, le certezze sembrano svanite. Si era stati troppo ottimisti prima o adesso è solo un momento di difficoltà come capita nel corso di un campionato?
“Mah, se andiamo a ben vedere anche la partita con il Benevento non è stata un’esplosione di grande calcio e di dominio e quella con il Sassuolo se non la sbloccava Belotti con un gol strepitoso, che sarà, forse, il gol della stagione e di tutto il campionato si serie A, anche in quell’occasione si stava soffrendo. Con la Sampdoria ci sono stati due svarioni difensivi. E’ un inizio così, la squadra è stata cambiata, ci sono parecchi elementi nuovi e si è alla ricerca di una fisionomia, che forse si sta trovando dal punto di vista del gioco, ma mi sembra che manchi, e questo già da un po’ di anni, la mentalità. Per mentalità intendo qualcuno che in mezzo al campo con uno sguardo o una parola faccia sentire la sua personalità e che siamo il Toro. I giocatori sembrano molto volenterosi, vogliosi di spaccare il modo, ma alla fine alla prima difficoltà vengono fuori paure che non dovrebbero esserci. Forse c’è anche un po’ di difficoltà fisica poiché magari la preparazione è stata improntata a lungo termine, però, ho la sensazione che la squadra giochi bene fino al sessanta-settantesimo e, poi, negli ultimi minuti abbia un problema di gambe oppure di testa, non so dire altro perché non sono né un tecnico né un esperto, ma i giocatori nei finali di partita vanno in affanno”.
A Mihajlovic la personalità non manca, ma, forse, non basta a dare qualche cosa in più a questa squadra?
“Eh, sono meccanismi complessi. Prima c’era Ventura e il problema era che pareggiavamo o perdevamo negli ultimi minuti, basta ricordare quanti punti abbiamo buttato via così. Adesso è cambiato il mister e dà sicuramente tanta grinta, tanto incoraggiamento e tanta spinta, almeno per quel che si vede nelle dichiarazioni pre-partita e in campo, però, poi osservando i calciatori in campo si vede che hanno gli occhi smarriti. Ancora oggi mi sto chiedendo che cosa sia passato nella testa a Molinaro quando sul cross ha allungato il braccio in area e provocato il rigore eppure non è un ragazzino, è scafato, ha una certa età, ha giocato dappertutto anche a livello internazionale. E’ un po’ questo che è un rebus. Che cosa succede? Che cosa scatta dentro la testa dei giocatori? A volte si attacca addirittura con leggerezza, perché è vero che con il Verona abbiamo preso due gol negli ultimi minuti, ma se a metà del primo tempo fossimo stati sul quattro a zero non ci sarebbe stato nulla d’inaccettabile poiché Ljajic si è mangiato un gol a porta vuota e in altri due-tre contropiedi facili da concludere non hanno portato a segnare. Poi, all’improvviso al primo fulmine scagliato dagli avversari tremano le gambe e si va nel pallone. Ripeto, non so se sia una questione psicologica o di tenuta atletica, forse entrambe. Certo è che mancano quegli uomini che danno peso in campo e nel momento decisivo dicono agli altri di stare attenti e calmi, di tenere palla e di governare la partita perché siamo il Toro. Anche di fronte al Verona squadra veramente modesta, senza nulla togliere agli scaligeri, noi siamo andati in tilt così come contro l’Udinese quando avevamo dominato in lungo e in largo e se Ansaldi non avesse fatto quel salvataggio all’ultimo secondo avrebbe beccato il gol del pareggio. Non lo so, può anche darsi che sia soltanto un momento di crescita, di ricerca dell’affiatamento da parte della squadra, però, ora il passo per diventare una squadra da Europa è ancora da fare, manca ancora qualche cosa”.
Finora il calendario, Juventus a parte, ha fatto confrontare il Torino con squadre tutte alla portata e si sono palesate difficoltà, ma quando incontrerà tutte le altre forti non c’è il rischio che mancando di personalità finisca per disputare un’altra stagione come la scorsa dove non ha rischiato nulla, ma dove anche i sogni di gloria sono rimasti tali?
“Fino a domenica prima delle sedici e quaranta avrei risposto a questa domanda dicendo di no. Nel senso che l’anno scorso la più bella partita che ha giocato in casa il Torino, forse, è stata quella con la Roma seguita poi da quella, sempre al Grande Torino, con la Fiorentina, gare dominate entrambe, mentre quest’anno il Toro se era gasato e se dava il top, per lo meno per quel che riguardava la fase offensiva, era veramente all’altezza di parecchie altre squadre, lasciando stare Napoli e Juventus, ma dopo l’infortunio a Belotti è cambiato tutto. Immaginare adesso di affrontare il campionato fino a metà novembre senza nessun attaccante è veramente una cosa da irresponsabili. Ma chi ha costruito questa squadra? E’ da irresponsabili costruire una squadra con un attaccante solo senza una riserva. Magari poi i fatti, e me lo auguro francamente, mi smentiranno, ma chi ha costruito questa squadra non poteva non pensare che Belotti avrebbe potuto incorrere, malauguratamente, in un infortunio oppure in una squalifica o in qualsiasi altra evenienza storta, come invece è successo. Ma Maxi Lopez era proprio da buttare via? Era da allontanare velocemente? Abbiamo visto che ha fatto due gol nell’Udinese, non è un fenomeno, sappiamo le difficoltà che aveva con Mihajlovic, però, oggi l’avessimo sarebbe l’attaccante che serve. Sadiq è un punto interrogativo grande come una casa, per adesso è un “Mister X”. Niang come punta centrale? Non lo so, mi auguro che il mister sappia trovare dei correttivi molto molto in fretta, ma di qui a metà novembre, forse anche fine perché Belotti torni in forma dopo un mese di stop, senza l’unico attaccante che avevamo e avendo costruito una squadra senza un piano B mi sembra quanto meno da irresponsabili”.
Non ci sono dubbi che Belotti debba guarire perfettamente e senza rischio di ricadute altrimenti saranno dolori per il Torino e anche per la Nazionale.
“Il mio giudizio sarà smentito e smentibile da chiunque, ma anche domenica scorsa, dopo che già nel primo tempo aveva preso una botta, è stata una follia volerlo tenere in campo per tutta la ripresa. Posso dirlo?”.
Belotti, però, ha continuato a rassicurare Mihajlovic che poteva stare in campo tutte le volte che l’allenatore glielo ha chiesto.
“Certo, però, è un capitale da preservare e ha ragione Cairo quando intervenendo martedì a una trasmissione radiofonica ha detto che devono tutelarlo di più anche gli arbitri perché ormai su di lui si fa tiro al bersaglio, è una caccia all’uomo ogni volta che prende palla, infatti, gli avversari lo colpiscono in tutte le maniere. Proprio per questa ragione dopo che aveva preso la prima botta e con la squadra sul due a zero, magari, lo so toglie. Non so non sono un allenatore, ma si poteva risparmiagli di continuare la partita”.
Maliziosamente si potrebbe dire, alla luce anche del suo precedente ragionamento, che non essendoci in rosa nessun sostituto valido Mihajlovic, ricevendo da Belotti rassicurazioni sulle sue condizioni fisiche, ha preferito lasciarlo in campo.
“Certo, ma comunque si sarebbe potuto fare a meno di lui solo un tempo e non per un mese e mezzo. Sono considerazioni che si fanno dalla tribuna e possiamo essere benissimo smentiti da chi è sul campo o dai medici che accertano le condizioni dei giocatori e, quindi, si trattava solo di una botta e con il senno di poi non si va da nessuna parte, però, ripeto, visto dalla tribuna, dopo la prima botta e sul due a zero, non rischio il giocatore. Sicuramente ci sono tanti ma che noi non conosciamo”.
A inizio stagione il problema dello scorso anno del subire tanti gol sembrava essere in via di soluzione, adesso, escludendo il derby e le quattro reti subite, i gol al passivo in sei giornate sono già sette, in media più di uno a partita. Il problema persiste?
“Quelli con la Sampdoria sono frutto di due svarioni clamorosi e uno di una persona, Moretti, che in genere non ne commette ed è esemplare per i pochissimi che ha fatto. Palla al centro, poiché ha ciccato l’intervento e Zapata ha segnato. Con il Verona la stupidaggine commessa da Molinaro e lasciamo perdere il primo gol subito. La difesa rispetto allo scorso anno è cambiata molto. N’Koulou e Lyanco sono due elementi veramente di prospettiva e in futuro non potranno che far godere i tifosi del Toro e li vedo bene. Ma è tutta una difesa “in itinere” nel senso che si sta ambientando e, forse, non le fa neppure bene tutte le volte cambiare i due esterni, infatti, una volta c’è De Silvestri, un’altra Ansaldi che si alterna fra un lato e l’altro, e poi c’è Molinaro e Barreca, che al momento è infortunato. Forse, però, anche questi sono discorsi da tribuna e non da campo e da tecnici. A me non piace il 4-2-3-1, ma è un giudizio personale. Il centrocampo lascia troppe responsabilità alla difesa. Rincon va bene, ma Obi si sa che ha i muscoli di cristallo, non lo si scopre oggi che se gioca due-tre partite poi si rompe. Domenica scorsa e nello stesso derby se si fosse messo Acquah dall’inizio non si sarebbe avuto nessun tipo di cambio perché Valdifiori era appena rientrato dall’infortunio. Io preferisco un centrocampo più folto e non con solo due uomini in modo che protegga maggiormente la difesa. Invece, il nostro centrocampo non è abbastanza fornito. Baselli ha piedi buoni ed p un giocatore che mi piace tantissimo, ma non dà quella grande copertura alla difesa anche dal punto di vista fisico. Rincon fa quello che può perché da solo non può coprire tutto il centrocampo e Falque, Ljajic e Niang rientrano quando ne hanno voglia o quando possono farlo. Niang, tranne nella mezzora dopo il gol, era stato evanescente e quasi invisibile sia davanti sia dietro, Falque e Ljajic sono costretti a un lavoro ultra dispendioso. Non ho mai studiato da allenatore e non m’immagino di diventarlo oggi, ma, ripeto, a me non piace questo tipo di schema, preferisco molto di più il 4-3-3 oppure in alcune partite addirittura il 4-4-2. Sono gusti miei, ma alle volte se si è più coperti la difesa fa meno fatica. Adesso giochiamo abbandonando il centrocampo e tutti avanti o tutti indietro, il vecchio gioco di Tapattoni o di Lippi era copriti bene fino alle spalle e poi davanti qualche cosa s’inventa. E’ cambiato il mondo del calcio e si punta a segnare un gol in più dell’avversario piuttosto che prenderne uno in meno, speriamo vada bene”.
Tenuto conto di tutto, il Torino deve ridimensionare l’obiettivo finale Europa League oppure forte del sesto posto in classifica al pari del Milan e con tre altre squadre a un punto in meno deve provare lo stesso a lottare?
“Lottare. Di disputare un campionato stile Sassuolo, Udinese, Bologna, con tutto l’affetto e la stima per queste squadre, né carne né pesce perché tanto in B non si va non ci penso proprio. Giochiamo tutto il campionato sperando di vincere il derby di ritorno e di dare così un senso alla nostra stagione come avveniva in passato? Assolutamente no. Preferisco lottare, avere tanti bei propositi e ambizioni e poi, magari, rimanere con un pugno di mosche in mano. Voglio una squadra pronta e che lotti per traguardi importanti e prestigiosi. Di fare un campionato mediocre da centro classifica anche no, non siamo il Chievo, il Bologna, il Sassuolo o l’Udinese. Con che gusto andremmo allo stadio? Io l’anno scorso dopo gennaio, quando orami ogni ambizione di andare in Europa era tramontata, non avevo così voglia di andare allo stadio e ci andavo per il gusto di vedere la squadra avversaria come giocava o qualche giovane che cresceva. Il calcio ormai è fatto così, ci sono due-tre squadre che lottano per lo scudetto e le tre che retrocedono si conoscono già all’inizio del campionato, al massimo sono in quattro a lottare per non andare in B come nel caso del Crotone l’anno scorso e tutto il resto è un vivacchiare giornata dopo giornata. Tutto questo non m’interessa e non mi piace”.
Cambiando argomento, è in uscita il suo nuovo libro “Meroni. L’artista campione” edito da Priuli e Verlucca. Che cosa emerge di Meroni?
“Il libro sarà in edicola abbinato al quotidiano “La Stampa” da sabato quattordici ottobre e mi sono divertito tantissimo a scriverlo e spero che si divertirà altrettanto chi lo leggerà perché Gigi era un personaggio straordinario, come calciatore e come uomo, e gli anni in cui è vissuto sono favolosi. Erano gli anni sessanta quelli della rivoluzione, della fantasia al potere, dei blue jeans, della guerra in Vietnam, della minigonna, dei Beatles, dei cantautori italiani e ogni capitolo l’ho abbinato a una canzone di quel tempo. Di Meroni emerge che era veramente un artista in campo e fuori nella vita e, soprattutto, un uomo che sapeva rendere facili anche le cose più difficili”.