ESCLUSIVA TG – Damascelli: “Tra Milan e Torino ci sono variabili imprevedibili, sarà partita aperta”
Tony Damascelli è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Con Damascelli, giornalista de “Il Giornale”, abbiamo fatto il punto sulla partita di oggi pomeriggio fra Milan e Torino.
Fra Milan e Torino che partita sarà?
"Sarà una partita instabile perché in classifica c'è un solo punto di differenza, diciannove a diciotto, a favore del Milan, ma entrambe le squadre sono già staccate rispettivamente di sette e otto punti dalla Sampdoria che è l'ultima del gruppetto di testa, anche se nell’anticipo di ieri ha perso tre a zero con il Bologna, e sette-otto punti sono tantissimi e denotano e ribadiscono l'instabilità e l’incostanza sia del Toro sia del Milan. Dal Milan ci si aspettava molto di più e devo dire che i cinesi avevano sventolato bandiere con eccessivo entusiasmo e i tifosi rossoneri, che negli ultimi anni erano in astinenza, avevano pensato a chissà che cosa e, invece, così non è stato. Da parte del Toro come al solito ci risiamo. Ci risiamo vuol dire che la squadra alterna prestazioni buone, anche se quattro vittorie sono poche, a una serie di prestazioni o incolore oppure modeste e i sei pareggi finora ottenuti lo confermano. Ritengo che Mihajlovic abbia molte idee e sia un professionista vero, però, spesso e volentieri la squadra si trova in difficoltà. A parte l'infortunio fisico di Belotti e quello tecnico del rigore sbagliato, o ben parato da Sorrentino in un momento decisivo per il risultato segnali questi che sottolineano il momento di iella del Torino, ci sono congiunture e quando, poi, il giocatore migliore va in tilt, proprio per un calcio di rigore, i granata si trovano in difficoltà.
Tornando alla domanda su che partita sarà, posso dire che sarà una partita con un punto interrogativo, ma non nel pronostico bensì sulla prestazione delle due squadre perché non si sa bene che cosa possa dare il Milan e che cosa possa dare il Toro. Il Torino ha un giocatore che può cambiare la partita, però, è una’eterna promessa, ovviamente sto parlando di Ljajic. Ljajic è un ragazzo che conosco benissimo come calciatore. Quando è arrivato in Italia lo ritenevo il classico talento slavo che un giorno può essere migliore di Messi e il giorno dopo bisogna inseguirlo per il campo con un bastone perché è indisponente, perché è pigro, perché e narciso ed egoista. Ljajic non riesce mai a mediare, a modulare l'equilibrio in modo stabile per crescere, a trentatré-trentaquattro anni sarà ancora una promessa. Cosa si può chiedergli di più? Nulla, perché se non riesce a fare questo completamento Sinisa Mihajlovic, che può dare lezioni a chiunque sia tecniche sia d'esperienza di campo, non può riuscirci nessun altro. Poi, ci sono altri giocatori che sono promesse anche loro. Baselli, che conosco dai tempi dell'Atalanta, è un po' come Montolivo, ragazzi destinati a diventare qualcuno, ma che un giorno sì e un giorno no si fanno prendere dal nervosismo, sbagliano gol o ne fanno di bellissimi, come l'ultimo realizzato da Baselli. Sono ragazzi che devono crescere.
A un certo punto la domanda per tutti e due i club è identica: che cosa vogliono fare da grandi i proprietari di questi club? Quelli del Milan nemmeno si conoscono, mentre quello del Torino si conosce e si riconosce. Così come Cairo è un grande imprenditore per quel che riguarda la fase editoriale della sua carriera, così nel calcio ha scelto un profilo più basso. Bisogna capire. La cosa più importante per Cairo, e non solo per lui, è tenere i bilanci a posto e sotto quest'aspetto chapeau a Cairo, ma da altro punto di vista si può anche crescere e migliorare. C'è un esempio analogo che è quello della Lazio che ha prudenza nei conti e nei salari e in questo momento, rispetto al Torino, ha dieci punti in più e deve ancora recuperare la partita con l'Udinese, che ha appena cambiato allenatore. Tornando alla questione su che cosa vogliono da fare da grandi questi due club, è difficile rispondere. Entrambi hanno una storia immensa. Quella del Torino appartiene alla Storia del calcio andato, alla Leggenda, mentre quella del Milan è fra le più contemporanee e le più vicine a noi e l'uscita di scena dell'artefice di questa storia, Silvio Berlusconi, ha creato uno tsunami e non si capisce più niente. Al Tonino, invece, si capisce benissimo quello che sta accadendo. La stessa conferma di Mihajlovic in un momento delicato significa che Cairo vuole tenere la barra dritta, però attenzione, non si vive solo di Fede, non si vive soltanto di Vecchio Cuore, ma si vive anche di fatti e di risultati e diciotto punti in tredici partite non sono il totale corretto di una squadra che vuole crescere”.
Ljajic in questa stagione sembra migliorato ed è meno indolente e lo abbiamo visto anche tornare indietro per recuperare palla, cosa che in passato era una chimera. Con il ritorno al 4-3-3 forse è un po' penalizzato rispetto a quando giocava da trequartista dietro la punta Belotti e questo potrebbe un pochino metterlo in crisi. Ma se si ripensa alla partita con l'Inter il Torino ha tenuto testa ai secondi in classifica e non era scontato, poi, però, con il Chievo è stato fatto ancora una volta un passo indietro. Che cosa si può dire?
"E' proprio per questo motivo che ho fatto delle lunghe premesse, ma dalle premesse poi bisogna passare ai fatti. Ljajic l'anno scorso in campionato aveva segnato dieci gol, Mentre quest'anno è fermo a tre, anche se c'è ancora molto campionato da disputare. Ljajic deve crescere perché se cresce lui cresce anche il Toro. Belotti sappiamo quello che sa fare, è un combattente, è un Graziani e un Pulici messi insieme, non si tratta di una bestemmia di quel grande Torino che ho conosciuto e frequentato, ma voglio solo dire che Belotti ha insieme il carattere e la tecnica, la sfacciataggine, la voglia di Toro che pochissimi hanno avuto in questi anni. Se cresce Ljajic anche Belotti se ne avvantaggia, il talento deve essere il fiore che profuma tutti, altrimenti, è un lusso che nessuno si può permettere. Questo deve essere capito da Ljajic, lo sa benissimo Mihajlovic, e lo deve capire anche il presidente perché a ventisei anni bisogna decidere che cosa fare nella vita professionale pur avendo grandissime doti. Perché Ljajic ha un tiro potente e alle volte perfido, una tecnica che nessuno può contestargli, soprattutto nel breve, però, tutto questo non basta in quanto i calciatori che arrivano dalla Serbia, gli atleti che arrivano dalla Serbia qualsiasi disciplina sportiva pratichino, dal tennis alla pallacanestro, dalla pallavolo alla pallanuoto insomma negli sport con la palla, sono tutti degli artisti, è difficile trovare degli sgobboni o gente modesta perché sono tutti dei violinisti dello sport e in particolare nel calcio e di esempi ne abbiamo avuti mille. Ora sta ad Adem Ljajic, l'ho reso troppo protagonista, però, a me piacciono i giocatori bravi non nel senso manzoniano, anche se Ljaijc lo è anche, e quindi ogni tanto deve prendersi la squadra sulle spalle. Deve farlo, non c'è bisogno di avere la fascia del capitano perché la fascia da capitano la si prende nel momento in cui la squadra ti affida il pallone, ti affida le sorti di una partita e tu in cambio devi dare alla squadra una svolta caratteriale”.
Sul Milan che cosa si può dire?
“Il Milan è una squadra che a differenza del Toro non ha punti di riferimento fissi, infatti, un giorno l'elemento che spicca è André Silva, che ha segnato con l'Austria Vienna, un giorno è Cutrone, un altro è Borini, un altro è Çalhanoğlu, e non dico Bonucci apposta perché quando si investono quaranta milioni in un difensore significa che si sta cercando di fare un colpo rompendo la vetrina e prendendo chissà che cosa, ma in effetti non è stato preso nulla di che se non un buon giocatore, però, quaranta milioni potevano essere investiti diversamente.
Il Milan è una squadra che ha bisogno di un capo fuori e in campo. Oggi non ha un punto di riferimento e lo stesso Vincenzo Montella, che è un ragazzo per bene, un allenatore professionista serio, si ritrova in una sorta di vento continuo che gli gira intorno e non riguarda solo il suo ruolo, la sua panchina, il suo futuro, ma riguarda proprio l'identità di questa squadra. Nessuno può dire quando arriva il Milan: sappiamo già come gioca oppure dobbiamo fermare questo o quell'altro giocatore. Nella squadra c'è un solo fuoriclasse e non è Donnarumma, ma si chiama Suso. Quando non c'è Suso la squadra gira diversamente, non parlo ovviamente della partita di Europa League contro l'Austria Vienna perché l'unica impresa in Europa l'ha fatta l'Atalanta con cinque gol segnati all'Everton a Liverpool, ma parlo di un giocatore che può cambiare la partita, un po' come Ljajic per il Torino, però, l'infortunio e il fatto che non possa risolvere tutto lui da solo lo mettono a rischio di perdersi. Questo ragazzo di Cadice, che ha ventiquattro anni, dovrebbe cambiare squadra, lo dico in maniera secca, per non perdersi perché è questo che rischia restando al Milan. Lui è uno spagnolo che fa parte della Nazionale e nessuno lo discute, però lo ripeto, rischia di perdersi poiché in questa squadra non cresce, a meno che a gennaio, cosa che escludo, il Milan non prenda un paio di giocatori che permettano di cambiare i connotati della squadra”.
A parte Belotti e Ljajic da una parte e Suso e qualche altro giocatore a rotazione dall'altra, chi o cosa, magari la tattica, potrà decidere questa partita?
"La tattica è sempre importante perché se uno è indisciplinato o anarchico non può fare la differenza, quindi, dico Belotti, voglio dire Belotti, devo dirlo, perché è il giocatore che può veramente cambiare il risultato questo per quel che riguarda il Torino, mentre per quel che riguarda il Milan è molto difficile da dire, è un vero punto interrogativo. Non saprei dire con quale formazione Il Milan giocherà perché Montella è costretto dagli infortuni e da mille problemi anche interni, con tutti che continuano a soffiargli addosso, a cambiare formazione. Quindi, dovrei dire, se c'è Suso ed è al cento per cento allora sarà lui l'uomo che farà la differenza insieme a Jack Bonaventura. Ecco sono questi due giocatori. Bonaventura mi piace molto perché un ragazzo pulito nel gioco ed è pulito anche lui come persona. Non ho citato anche un altro giocatore che mi piace molto ed è Romagnoli, ma è entrato in questo tritacarne milanista. E' un ragazzo che è destinato a una grande carriera purché non rimanga coinvolto anche lui in una depressione tecnica.E nel Torino un altro giocatore che può cambiare la partita e Iago Falque, uno che ha nel dribbling e nella conclusione improvvisa un qualcosa d'imprevedibile. Mi aspetto comunque una partita aperta e non credo che sarà chiusa tatticamente, ma giocata a viso aperto".
Salvo errori in fase difensiva che potrebbero compromettere, su entrambi i fronti, quanto di buono fatto in attacco.
"Se c'è una cosa imprevedibile non è il gol, ma l'errore perché non fa parte del gioco proprio a differenza del gol che può anche essere previsto. Non si può pensare che un difensore faccia l'errore di Bonucci com'è accaduto con l'Austria Vienna o che un portiere si faccia passare la palla sotto le gambe oppure che uno in difesa scivoli consentendo all'avversario di trovarsi a tu per tu con il portiere. Queste sono cose che non si possono studiare prima della partita, invece, i gol sì. Nel senso che si può prevedere un calcio di punizione, una combinazione in area, un dribbling, ma l'errore è un punto interrogativo. Speriamo di non vedere troppi errori da parte di Milan e Torino perché quando si vedono significa che c'è una modestia generale".