Zac al Toro, bene all'inizio poi...
Zaccheroni arrivò al Torino a tre giorni dall'inizio del campionato, quando Cairo cominciò a manifestare la sua voglia di cambiare il tecnico ogni volta che gli volava una mosca al naso. Il mister romagnolo sembrava quasi un lusso per il Toro neo promosso in serie A. Cairo lo incontrò ai funerali di Facchetti e lì scattò l'idea di farlo arrivare al Toro. L'inizio fu positivo, d'altronde Zac aveva sempre manifestato di essere un simpatizzante granata, sia chiaro, quel Toro di Radice che vinse lo scudetto con quel pressing che fece innamorare molti. A febbaio cominciò la sua parabola discendente con sei sconfitte consecutive. L'epilogo lo conosciamo, dopo la secca sconfitta con il Chievo ritornò De Biasi. Di Zaccheroni si ricordano le sue conferenze stampa dove spesso parlava di regole e moduli, secondo il manuale di Coverciano, la sua voce bassa e il forte accento romagnolo. Un uomo perbene, silenzioso, tranquillo, che non ha mai alzato la voce e non si è mai nascosto di fronte ai problemi, nell'insieme il miglior allenatore mai avuto dal Torino. Disse che non amava prendere le squadre in corsa, ma al richiamo del granata prima, quando ancora c'era la speranza che con Cairo sarebbero tornati i fasti del passato così a quelli della Grande Signora, non ha potuto dire di no. Ora di Torino ritroverà, lui che è un buongustaio, i ristoranti del Quadrilatero Romano e magari riceverà qualche tiratina d'orecchie da parte di Eraldo Pecci, ma d'altronde dire no alla Juventus sarebbe stato da fessi, anche se adesso sono tutti c.... suoi.