Toro, due volte incredibile
Cinquanta minuti da stropicciarsi gli occhi, da darsi i pizzicotti per essere certi, di essere svegli, finalmente il Toro, quello che da quasi cinque anni i tifosi aspettavano, gioco, corsa, voglia, reparti stretti, difesa attenta ed attacco pungente, con un centrocampo pronto ad azzannare caviglie ed avversari. Un modulo che esalta i giocatori, e non, viceversa, undici giocatori in campo per glorificare il modulo di gioco, tanta sostanza e tanta qualità, con i giocatori liberi d’inventare per se stessi, per i propri compagni, e per la tifoseria.
Alzi la mano chi non ha pensato alla fine del primo tempo che questo era il Toro più bello dell’ultimo lustro, chi non ha parlato di calcio moderno, chi non ha glorificato giocatori e Lerda, capaci finalmente, seppur per un tempo, di riconsegnarci dignità e speranza. Tutto questo giocando a pallone, o se preferite, semplicemente al calcio, cioè, sfruttando sovrapposizioni, inserimenti senza palla, raddoppi di marcatura, giocando sullo spazio e non unicamente sull’invenzione del singolo, con gli esterni liberi, e sottolineo liberi, di offendere. Una squadra il Toro, finalmente, con quel pizzico di cuore che non guasta mai. Incredibile e lo è ancora di più se si pensa alle difficoltà delle prime giornate, ai continui innesti partita dopo partita, alla diffidenza dei media, al fatto che al Toro è tutto più difficile.
Poi succede quello che non ti aspetti, il ritorno alla normalità, alla sofferenza, ritornano i dubbi che ti avevano accompagnato, antiche paure mai sopite, e quello che prima ti aveva esaltato, ora ti deprime. All’undicesimo minuto del secondo tempo Ludi ferma fallosamente un grandissimo Lazarevic lanciato a rete, rosso diretto, punizione dal limite, Novara in dieci. Sembra l’inizio, in parte lo è, ma della fine. Il Toro si spegne, si accende la formazione di Tesser. La squadra di Lerda sembra quasi avere paura, il Novara invece cresce. Rubinho, che fino a quel momento si era segnalato solo per sbilenchi rilanci di piede comincia ad essere decisivo. Al 29’ il Novara resta in nove, Porcari che era stato già ammonito in precedenza, si rende autore di un brutto fallo ai danni di Rivalta, seconda ammonizione ed espulsione giusta. È finita? No, tutt’altro. Il Toro soffre, regala palloni al Novara, che pur in nove non rinuncia ad attaccare, e sfiora il pareggio prima con Marianini, poi con Bertani e Ventola. Il Toro sembra in bambola, sfrutta malissimo i due contropiedi che il Novara forzatamente deve concedergli, prima con Obodo, e poi con Sgrigna. Arretra pericolosamente il proprio baricentro, e, invece di far girare la palla in tranquillità, si affida a lanci lunghi che spesse volte hanno l’unico effetto di riconsegnare la palla all’avversario. Finisce insomma in sofferenza, con i secondi che sembrano quasi minuti, una partita iniziata nel migliore dei modi.
Incredibile, ma vero. Benissimo undici contro undici, male in vantaggio di un uomo, malissimo con due uomini in più.
Un citazione va anche al Novara, perché per giocare al calcio bisogna forzatamente essere in due, il fatto che il primo tempo di Torino-Novara sia stato più bello di molte partite della massima serie, tecnicamente e tatticamente, è merito anche di questa neopromossa.
In
Lerda: squadra come piace a lui, almeno nei primi 50’, corta, pronta a ripartire su ogni pallone, attentissima in difesa. L’investimento sul gioco che mi ero auspicato quest’estate, quando ancora non si conosceva il nome del nuovo tecnico comincia a pagare, che poi lui sia anche un cuore granata, non può che raddoppiare il mio piacere.
Lazarevic: il migliore in campo, attacca e difende con la stessa grinta, sfrutta lo spazio, perde pochissimi palloni, propizia l’espulsione di Ludi. Una spina nel fianco della difesa del Novara.
Iunco: ancora una volta tra i migliori, svaria a destra e sinistra, gioca sempre palloni importanti, aiuta il proprio compagno di fascia, trova l’assit con un lancio perfetto.
Bianchi: un gol d’autore, capisce di non essere l’unica arma del Toro e spesso si mette a disposizione dei compagni anche in versione assit-man. Un po’ stanco nel finale. Capitano autentico.
Sgrigna: per 40 minuti sciorina calcio con una semplicità che è dei campioni, poi cala alla distanza, pur restando ampiamente positivo.
Ogbonna: è un piacere rivederlo in forma, se non ancora al top, un po’ meno per il proprio avversario al quale non regala proprio nulla. Rischia di rovinare una partita perfetta con un dribbling al limite della propria area di rigore che per poco non ci costa il gol. Una leggerezza che non si può permettere.
Rubinho: bruttissimo con i piedi, brasiliano “fasullo”, efficacissimo con mani e corpo. Compie la sua parata più difficile nel primo tempo, almeno tecnicamente, su una punizione dal vertice destro dell’area di rigore, nella seconda frazione viene chiamato più volte in causa e se la cava sempre egregiamente.
Di Cesare: meno tonico rispetto alle precedenti uscite rimanendo pur sempre positivo.
De Vezze: una roccia a centrocampo, calamita palloni in quantità industriale, vince quasi tutti i tackle, e si propone più volte come creatore di gioco. Ultimi 20 minuti in affanno, proprio come il Toro.
Rivalta: si guadagna onestamente la pagnotta, di più in quel frangente non si poteva chiedere.
Out
D’Ambrosio: primo tempo bellissimo, spinge, recupera, difende. Ripresa quasi anonima, eccezion fatta per una proiezione sul finale di partita, dove poteva servire Bianchi meglio piazzato. Insomma lui non è un giocatore qualunque, e quindi mi aspetto sempre prestazioni al top.
Garofalo: evidentemente avere Sgrigna sulla stessa fascia ne limita le sue proiezioni offensive, quando si affaccia nell’area avversaria lo fa sempre bene, tranne l’ultimo passaggio, quindi vanificando quanto di buono fatto fino a quel momento. Ripresa in veste di difensore “aggiunto”, visto che raramente si proietta in avanti.
Obodo: l’unico dei centrocampisti di Lerda che abbia anche la capacità d’inserirsi tra le linee avversarie. Lo fa in un’unica occasione, e per poco non trova il gol. È l’unico squillo della sua partita, che lo vede partire dalla panchina, il resto poca cosa, in un momento che invece poteva sembrare, idealmente, proprio il suo.
De Feudis: troppo, troppo timido. Imperdonabile per un giocatore che ha le sue caratteristiche tecniche. Qualcuno parla di lavoro oscuro, io invece penso, che lui debba forzatamente appoggiare anche la fase offensiva. Ne ha le capacità, quindi non gli chiedo niente di straordinario, almeno per lui.