Bianchi, quanto pesa il recente passato rossoblù
Cinque anni in granata non possono essere polverizzati da una prestazione insufficiente, che non rende merito a quanto di buono fatto con la Reggina prima e con il Torino poi. Rolando Bianchi ieri ha affrontato il suo passato più brillante non certo al top della forma. E' noto, però, quanto sia sottile la linea di confine tra un periodaccio e una nuova alba per un attaccante. Basta un tap-in da un metro, e le porte ai successivi gol si spalancherebbero. Quello attuale, non è sicuramente il primo momento di crisi che attraversa l'ex bomber del Toro. Di certo, Diamanti a parte, non è supportato da una squadra in grado di consentirgli di rendere al meglio. Tuttavia questo rimane un problema di mister Pioli. E tutto sommato per la formazione di Ventura, non è nemmeno una brutta notizia, in chiave salvezza. Il nodo Bianchi nel capoluogo emiliano ha già aperto un dibattito non solo nell'ambiente felsineo, ma anche tra gli addetti ai lavori di serie A, che pensavano ad un exploit in una piazza meno esigente di quella granata del giocatore bergamasco. Il fardello che si porta dietro l'ex capitano torinista consiste in due nomi: Di Vaio e Gilardino. Il suo compito principale, dall'inizio del ritiro di Andalo, è quello di non far rimpiangere gli attaccanti che negli ultimi anni sono riusciti a far brillare gli occhi al popolo bolognese. Le biografie di questi tre calciatori sono, però, differenti. Nonostante alcune fasi in chiaroscuro, sia l'ex centravanti romano che l'attuale punta del Genoa hanno le spalle diversi campionati di A, con un numero notevole di marcature, rimpinguate poi in casa Bologna. Rolando è stato magistrale in granata (soprattutto in B), ma nel massimo campionato, compreso l'anno eccezionale alla Reggina, ha totalizzato 40 reti. A parlare dunque intervengono i dati, i fatti. Il pedigree di una punta, si misura soprattutto in base alle reti realizzate in carriera nei tornei che contano di più. E Bianchi parte sfavorito rispetto ai due fantasmi che aleggiano su di lui, anche se ha le carte in regola per far cambiare idea agli scettici. D'altronde lo scorso anno, non partendo spesso da titolare in casa granata, ha saputo timbrare il cartellino undici volte. Pertanto sarebbe salutare per la tifoseria del Bologna evitare parallelismi masochistici. L'esercizio del paragone non aiuta né il giocatore, né tantomeno colui che dovrebbe sostenerlo quando non gli riesce nemmeno una sponda.