Tutto gira intorno alle motivazioni: derby, Europa e mercato
Da vent’anni il Torino non batte la Juventus, l’ultima vittoria risale al nove aprile 1995. Per raggiungere il sesto posto e quindi disputare i preliminari d’Europa League, anticamera della coppa vera e propria, i granata devono conquistare più punti possibili a iniziare dal derby e sperare che Fiorentina, oggi sesta con cinque punti in più, o Sampdoria, quinta con sei, commettano passi falsi, così come il Genoa che condivide la stessa posizione, settima, del Torino. I giocatori che hanno mercato, Darmian, Peres, Maksimovic e Glik, più di tutti gli altri, potrebbero chiedere di essere ceduti, al momento l’unico che ha detto di essere disposto a restare è il capitano. Tre punti focali sui quali sono determinanti le motivazioni, senza quelle i primi due obiettivi non si raggiungono e va dà sé che, come ha chiaramente detto il presidente Cairo anche ieri intervenendo all’Università Cattolica di Milano, se un giocatore non è motivato a restare rende al cinquanta per cento ed è praticamente impossibile trattenerlo, anche se si vorrebbe che restasse, i casi Cerci e Immobile fanno scuola.
A questo punto il primo obiettivo, quindi il derby, non dovrebbe mancare di motivazioni, anzi, anche perché è una super vetrina e quindi anche i giocatori che avessero già deciso di andarsene hanno tutta la convenienza a fare bene per mettersi in mostra maggiormente, più pretendenti hanno meglio è per loro ovviamente. Stesso discorso vale per il sesto posto perché più la propria squadra fa bene più i giocatori acquistano valore e hanno la possibilità di essere richiesti da club, stranieri o italiani non ha importanza, che hanno come obiettivi i primi posti della classifica e magari che disputano la Champions League. Senza dimenticare che i suddetti club offrono ingaggi ben superiori, doppi e anche più, di quelli che stipula il Torino con i suoi tesserati.
Il terzo punto è croce e delizia prima di tutto per i tifosi che vorrebbero solo che la loro squadra fosse rafforzata e che i migliori non andassero altrove a cercare fortune più prestigiose. Il discorso però è molto semplice, anche se per nulla piacevole. Cairo giustamente sa che i conti devono essere in ordine per non avere problemi, quindi sta attentissimo ai costi: complessivamente non si spende più di quanto s’incassa. I tifosi vorrebbero che utilizzasse suoi capitali per arricchire il Torino e quindi garantirgli obiettivi superiori, nel calcio non funziona più così: i mecenati non esistono più, né in Italia né all’estero, e i club devono vivere autofinanziandosi. Farsene una ragione è l’unica cosa possibile, alternative non esistono. Se Darmian, Peres, Maksimovic e anche Glik ricevessero offerte irrinunciabili diranno addio al Torino e Cairo avrà il dovere di incassare dalle loro cessioni il massimo possibile, ma su questo non ci sono dubbi che cercherà di farlo, dopo però avrà l’obbligo di rimpiazzarli non con giocatori-scommessa, ma con elementi validi che permettano al Torino di restare nella parte sinistra della classifica e di lottare per il quinto posto, l’unico che garantisce la partecipazione all’Europa League. Anche il Presidente non sfugge alla legge della motivazione, il mercato estivo dirà fino a che punto lo è. Oggi comunque tocca ai giocatori e a Ventura essere motivati a tal punto da battere la Juventus, maestra proprio in fatto di motivazioni.