Torino-Frosinone 1-2: l'analisi tattica
Molto, nostro malgrado, è già stato detto riguardo l'inadeguata impostazione che ha caratterizzato la nefasta prestazione offerta ieri all'Olimpico contro il Frosinone, che, unita al solito atteggiamento rinunciatario prima di passare in svantaggio, ha determinato l'ennesima, cocente delusione. Un copione già letto e riletto insomma, un copione di un film certamente non a lieto fine.
Come già evidenziato ieri sulle nostre pagine, la difesa non ha registrato sensibili miglioramenti nei movimenti di squadra: in molti casi ancora si sente la mancanza di quegli elementi che costituirebbero l'abicì di una retroguardia minimamente funzionante, dall'organizzazione volta a scalare correttamente sugli avversari liberi da marcatura, al tempismo nell'uscire sull'uomo e fa salire il baricentro. Contro il Frosinone si è infatti vista in campo una formazione ancora una volta spezzata in "tronconi", con una mediana troppo poco dinamica per supportare il peso del folto reparto offensivo, ma al contempo incapace di garantire il necessario filtro (altro problema manifestatosi fin dall'inizio della stagione). Insufficienti inoltre i movimenti e gli inserimenti offensivi senza palla, con uno spettro di soluzioni conseguentemente piuttosto limitato: non tutte le gare possono essere risolte dalle deviazioni in porta o dalle sponde di Rolando Bianchi, e la moltitudine di cross scagliata verso il centro dell'area, talora peraltro approssimativamente, può facilmente diventare espediente prevedibile, incolore e indolore rispetto a una difesa avversaria attenta e ben schierata. Ha creato non poche perplessità, inoltre, l'uscita di Lazarevic al 5' della ripresa: sacrosanto concedere l'ingresso in campo a Gasbarroni, migliore tra i giocatori del Toro ieri, ma il giovane sloveno era stato fino a quel momento di gran lunga il più brillante tra i trequartisti in maglia granata, autore di un inizio di ripresa che stava promettendo un apprezzabile contributo al necessario cambio di passo, a fronte di uno Iunco ancora fuori condizione e di uno Sgrigna decisamente avulso dalla manovra e privo di mordente. Facile riscontrare mancanze alla luce di una sconfitta, certo, ma alcuni errori del tecnico Lerda ci appaiono piuttosto ricorrenti e reiterati da ormai più di un mese a questa parte.
Difficile dire se in occasione della prossima gara casalinga di campionato (inframmezzato dall'impegno esterno di Coppa Italia contro il Bari, in programma giovedì), che opporrà i granata all'Ascoli, sarà ancora lo stratega di Fossano a occuparsi di questa squadra, decisamente in preda alla proverbiale crisi di nervi; quel che è certo è che urge un cambio di marcia nell'organizzazione tattica, al di là del modulo. Il 4-2-3-1 potrebbe facilmente diventare un 4-4-2, con mansioni diverse attribuite agli esterni avanzati, per quanto gli uomini adatti a un assetto più equilibrato sembrino mancare nella rosa granata; un 4-3-3, con un De Feudis in più a "portare acqua" per Obodo in cabina di regia (e una sana alternanza De Vezze-Zanetti sul centro-sinistra), e due ali incaricate sia di allargarsi cercando il fondo, sia di inserirsi diagonalmente. Le parole d'ordine, come abbiamo spesso avuto modo di affermare nel recente passato, devono essere "abnegazione", "grinta" e "sacrificio": senza tali elementi appare infatti pressoché impossibile poter sperare anche solo nell'approdo ai playoff.