Raduno Granata Pesaro, Pasquale Bruno: “Il Toro non è questo: se la società rinnega il passato non ha futuro”

Raduno Granata Pesaro, Pasquale Bruno: “Il Toro non è questo: se la società rinnega il passato non ha futuro”
Pasquale Bruno
© foto di Elena Rossin
Ieri alle 21:55Primo Piano
di Elena Rossin
fonte Elena Rossin

Special guest del Raduno Granata di Pesaro l’ex calciatore Pasquale Bruno, capitano ad honorem e primus inter pares del popolo che rivuole un Toro degno di tal nome, che sia in linea con la storia e che rappresenti davvero i tifosi e lo spirito granata.

Presente a tutti gli eventi della giornata di ieri dalla commemorazione al monumento eretto in ricordo del Grande Torino scomparso il 4 maggio 1949 nella Tragedia di Superga, poi alla Marcia dei tifosi granata sul lungomare di Pesaro e infine alla cena Bruno prima di sedersi a tavola ha preso il microfono e ha fatto un discorso fra le ovazioni e gli applausi dei tifosi. Mario Patrignani, organizzatore del Raduno, dandogli la parola ha detto: “E’ un ragazzo d'oro e la pensa come noi: per salvare il Toro come hanno fatto gli atalantini con Zapata noi regaliamo a Pasquale un boccione di vino delle Marche”.

Ecco che cosa ha detto Pasquale Bruno:  “Grazie, grazie. Ragazzi, sono senza parole. Alzando questo boccione indovinate cosa mi è venuto in mente e mi viene da piangere perché ho ripensato alla finale di Coppa Uefa di Amsterdam (13 maggio 1992, ndr) quando, purtroppo, non abbiamo potuto alzare la coppa. Quella è stata una pagina bella, ma anche triste perché solo noi del Toro potevamo non vincere una finale colpendo tre palli: questa è la nostra storia. In quel percorso perdemmo solo una partita quella al Santiago Bernabéu col Real Madrid, ma poi ci rifacemmo a Torino al Delle Alpi e li battemmo due a zero. Io allora ero giovane e mi auguro che i ragazzini di oggi possano rivedere il vero Toro. Poso il boccione altrimenti mi innervosisco e torno a essere “O’ animale”. Mi piace quando voi, tutta la gente, ancora oggi ricoprite d’affetto me, Annoni, Policano, Martín Vázquez perché vuol dire che abbiamo lasciato il segno. Però sono passati quanti anni? 33, troppi. Questi ultimi sono stati anni di nulla e mi mettono molta tristezza perché il Toro non è questo, non è di chi indossa questa maglia senza spina dorsale. Però tutto nasce a monte. Se la società rinnega il passato non ha futuro. 
Ho fatto leggere a uno di voi un messaggio che mi aveva mandato Cairo quando dopo che aveva rilasciato un’intervista dicendo che “dopo il Grande Torino e il Torino di Radice non c’era più stato nulla e da quando ci sono io ….” e io gli avevo scritto che “c’era stato anche il Toro di Mondonico. Porta rispetto soprattutto a Mondonico e a quella squadra perché quello era il Toro vero, quella era la storia e se tu rinneghi il Toro di Mondonico rinneghi la storia”.
A volte mi sembra che di proposito non ricordi la storia perché è troppo pesante poiché quella del Toro è una storia leggendaria. Mi auguro che succeda qualcosa, sono convinto che alla fine qualcosa succederà. Non so cosa, ma qualcosa succederà.
La cosa che mi dà fastidio è che il 99,9% della gente non lo vuole più e lui continua a stare al suo posto, non capisco il perché.
Credo che nella vita quando si ha la spina dorsale dritta la cosa più bella sia guardare negli occhi la gente e andare in giro a testa alta. Poi si può sbagliare, però se hai spina dorsale qualche cosa fai. Mi auguro che alla fine questo Presidente abbia la spina dorsale e per rispetto di questa storia leggendaria, di questa maglia leggendaria si faccia da parte.
Il Toro è davvero una squadra leggendaria e al mondo non c’è un’altra squadra che abbia passato tutto quello che abbiamo passato noi dal Grande Torino a Meroni e Ferrini, ma anche Amsterdam. Siamo l'unica squadra al mondo che in una finale di Coppa internazionale ha preso tre pali e senza perdere non ha vinto quindi questa è una maglia, una storia che va onorata e rispettata.
I giovani devono poter rivedere quanto prima un Toro vero perché negli ultimi vent'anni hanno visto il nulla. Quanti derby sono stati vinti? Uno perché quelli avevano già vinto lo Scudetto, però quando senti parlare lui sembra che stiamo assistendo a dei miracoli e cose varie. Ragazzi non mi fate tornare a essere “O’ animale”.
Mi dispiace perché oggi non si provano più quelle sensazioni che un ragazzo quella sera al Delle Alpi ha avuto nel vedere il Real Madrid perdere 2 a 0 davanti a 60 mila persone. Io a ripensarci ho i brividi. Questa è la storia. Di quella sera  ho l’unico rimpianto della mia vita qua c'è Alessandro Costa figlio del mitico Franco e suo padre glielo avrà raccontato: dopo il fischio finale siamo andati sotto la Maratona e poi siamo tornati nello spogliatoio, io avevo la maglia di Butragueño, non avevo mai chiesto la maglia a nessun avversario, però quella la volevo e gli ho detto che me la doveva dare e lui mi ha detto chiesto perché e io gli ho risposto che poi glielo avrei spiegato. Era uno scalpo importante. Se fosse possibile tornare indietro non rientrerei subito negli spogliatoi, ma resterei in mezzo al campo e starei ore a vedere quei 60 mila che gioiscono. Ragazzi che emozioni indescrivibili quindi mi auguro, ma veramente di cuore, che i giovani di oggi possano rivedere un Toro-Juve 3 a 0, magari con 4 espulsi dei loro e l'arbitro che sospende la partita.
Dai ragazzi, speriamo perché la speranza è l'ultima a morire. Quest'anno ci stiamo rinforzando infatti abbiamo preso due giocatori dell'Empoli (Anjorin e Ismajli, ndr) che su 38 partite ne ha perse 19 quindi la mentalità vincente la stiamo portando e poi il resto si vedrà. A parte gli scherzi, ho bevuto un po' di birra. 
Comunque grazie di cuore perché è sempre un piacere stare con voi che mi volete bene perché allora eravamo noi a trascinare voi. Io giocavo a destra e Policano a sinistra quindi io ero dalla parte della panchina di mister Mondonico e la prima cosa che facevo quando entravo in campo era salutare la Maratona perché eravamo in una corsa unica, ma al primo stop che sbagliavo il mister mi diceva “saluta la Maratona” e io gli rispondevo “salutami tua sorella”. Nel secondo tempo toccava a Policano stare dalla parte della panchina di Mondonico e io gli dicevo “Poli tocca a te” e lui “lascia stare perché poi il mister si arrabbia”. Che squadra! Noi abbiamo ancora una chat dove ci siamo tutti a distanza di anni, da Martín Vázquez al preparatore, e ogni tanto postiamo foto e ci sentiamo come due giorni fa che era il compleanno di Annoni. Noi eravamo davvero una squadra.
Prima di venire al Toro stavo dai Cugini di Campagna (ride, ndr) e tutti i miei amici a Torino erano tifosi del Toro e quando andavo in giro con loro gli dicevano che erano esauriti perché avevano il benzinaio e tutti i negozianti granata. Un giorno alla presentazione della squadra in piazza Crimea (allora la sede della Juventus si trovava lì, ndr) vennero 300 persone e il giorno dopo, prima che partissimo per il ritiro a Villar Perosa, Bobo e Marchino, mi dissero “andiamo a fare un giro” e pensai che saremmo andati in via Lagrange a pendere un gelato e invece mi portarono in corso Vittorio dove c’era il raduno del Toro che quell’anno era in Serie B e c'erano 3-4 mila persone. Dentro di me ho detto, ma questi sono i esauriti noi in 300 in Serie A e questi in Serie B in così tanti e poi Toro tutto l’anno. Un giorno i miei amici mi dissero “Pasquale andiamo a vedere Torino-Pescara” e risposi perché mai sarei dovuto andare a vedere una partita di B e alla fine ci andammo e al vecchio Comunale c’era lo stadio pieno e allora mi dissi che tanto esauriti non lo erano. Quella stagione con la Juventus vincemmo la Coppa Italia e la Coppa Uefa e arrivammo al 4° posto in campionato e quasi tutti avevano rinnovato, allora io andai in sede e chiesi di andare dal presidente che mi ricevette e gli dissi che quasi tutti avevano rinnovato, ma io non ancora e mi rispose che per me non c’era un nuovo contratto e allora gli chiesi perché e lui mi rispose che l’anno dopo sarebbe arrivato come allenatore Maifredi che si sarebbe portato Luppi e De Marchi e quindi io, Rui Barros e mister Dino Zoff  dovevamo andare via. Ci rimasi male, però mi disse che se avessi avuto una squadra di preferenza come Roma, Napoli, Sampdoria o Fiorentina mi ci avrebbe mandato volentieri accontentandomi. Io sapevo già dove sarei voluto andare però gli dissi che ne avrei parlato con mia moglie e gli avrei fatto sapere. A casa ne parlai con Marcella e le dissi che saremmo restati a Torino e che sarei andato a parlare con Casasco e che avrei giocato nel Toro. Così tornai in sede a parlare col presidente e lui mi chiese dove volessi andare e gli risposi al Toro. Si stupì e mi chiese il perché, la cosa lo faceva diventare pazzo, e gli risposi che la famiglia a Torino stava bene e la bambina non avrebbe dovuto cambiare scuola. Morale della favola, mi ha accontentato e a me è cambiata la vita.
La mia storia la sapete, ero tifoso juventino e il mio sogno di giocare si avverò. Però la maglia del Toro non tutti la possono indossare e se hai sangue forte nelle vene questa maglia ti entra dentro. Se non hai carattere no, ma se hai il sangue che ho io, Policano, Ferrini e tutti quelli che hanno fatto la storia il Toro ti entra dentro e quindi tutto l’amore che voi mi avete dato io lo ricambio perché voi siete venuti a sostenerci a Oporto, a Madrid, ovunque e noi siamo anche stati contestati da voi una volta nella partita con il Parma e la Maratona ci cantò “fuori le p…”, ma ci stava perché evidentemente era un momento così.
Dai ragazzi, forza vecchio cuore granata”.