Non è più accettabile che gli arbitri tolgano punti al Torino: campionato falsato

Non si spegne il dibattito per i ripetuti errori commessi dagli arbitri che pur coadiuvati dalla tecnologia in più occasioni non l’hanno utilizzata.
18.12.2018 07:00 di  Elena Rossin   vedi letture
Fonte: Elena Rossin
Non è più accettabile che gli arbitri tolgano punti al Torino: campionato falsato
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© foto di Federico Gaetano

A calcio si gioca negli stadi alla presenza di migliaia di persone e le partite vengono trasmesse in diretta televisiva e questo aumenta ancor di più il numero di chi le vede, quindi, tutto ciò che accade in campo è di dominio pubblico per cui se si verificano episodi a favore o a sfavore di una o dell’altra squadra è impensabile che non siano conosciuti da tutti. E’ inconcepibile di conseguenza che gli arbitri, che dovrebbero garantire la regolarità del gioco, siano coloro che non vedendo falli, che tutti gli altri hanno visto, influiscano sul risultato di una partita e sulla classifica. E’ vero che non è facile stabilire esattamente l’intensità di un contatto, spintone, trattenuta o colpo con il piede oppure con il corpo che sia, ma questo non basta a giustificare alcune sviste arbitrali clamorose tanto più se finiscono per danneggiare ripetutamente una stessa squadra com’è accaduto al Torino. Risulta difficile non pensare che ci sia una sorta di accanimento volontario perché per il calcolo delle probabilità non può essere che i falli subiti dai giocatori granata siano sempre giudicati ininfluenti. Eppure di fatto se un avversario entra in contatto con un giocatore del Torino in area quasi mai è concesso il rigore, anche se le immagini inequivocabilmente dimostrano che c’è stato il fallo.
Già le immagini bisognerebbe vederle, ma se l’arbitro in campo, quello che prende la decisione definitiva, non va al monitor presente a bordo campo è certo che il fallo non sarà rilevato se non lo aveva già visto. Che un arbitro in presa diretta possa non vedere un fallo o non avere l’esatta percezione dell’intensità è possibile, ma non solo non è possibile bensì è inconcepibile e inaccettabile che non ne ponga rimedio perché adesso a coadiuvarlo, oltre ai due assistenti e al quarto uomo in campo con lui, c’è la tecnologia e altri due colleghi che vedono la partita davanti ai monitor nella tranquillità di una saletta. Allora perché in queste prime sedici partite il Torino ha già subito sette torti, stando solo ai più clamorosi? Domanda fine a se stessa perché gli arbitri non parlano, tanto meno pubblicamente, e, quindi, non è possibile avere risposte.          

A Paolo Casarin, intervenuto ieri a Radio Rai nella trasmissione “Radio anch’io sport” insieme al presidente del Torino Fc Urbano Cairo e a quello del Genoa Fc Enrico Preziosi, è stato chiesto se il presidente Cairo avesse ragione a lamentarsi dei ripetuti errori degli arbitri in campo e di quelli addetti al Var che hanno tolto punti alla sua squadra e perché i direttori di gara non vanno sempre a rivedere le immagini al monitor quando ci sono falli in area e l'ex arbitro di fama internazionale ed ex dirigente arbitrale ha risposto: “C'è un meccanismo che è nato da lontano per necessità, cioè, questo non è uno scherzetto che adesso con quattro fogli di carta, e scritti male tra l'altro, si cerca di demolire. E' inutile che la gente che comanda questo sistema ... , gente che non si sa bene neanche chi sia poiché tutti si nascondono perché quando si chiede da chi dipende il protocollo la risposta è: “Ma ... , sa ... , veramente ... ”. E' un discorso che il calcio professionistico, soprattutto perché poi anche nel futuro sarà solo e unicamente relativo a questo tipo di calcio, ha bisogno di due arbitri uno dei quali di livello, di pari livello, anzi molte volte il Var è ancora più esperto di quello che è sul campo, dotati di tecnologia, che è quella che vediamo tutti, tecnologia che metta l'arbitro nelle condizioni di giudicare come tutti noi vediamo. Non si può che questa figura, l'arbitro, sia l'unico che non vede quando abbiamo visto tutto ciò che succede in campo: è penoso. C'è questo secondo arbitro (l’addetto a Var, ndr) che ha modo di vedere con una tecnologia avanzata che c'è qualche cosa che non va e allora che lo veda. Si legge che se l'arbitro dice di no è no, ma se dice di no e ha ragione va bene e vuole dire che ha visto bene, ma l'arbitro deve essere un po' più umile e dire “Mamma mia se ho visto male”. Il dubbio è la forza di un arbitro, non ne è la debolezza”.
Casarin ha poi confermato che bisogna che i direttori di gara si abituino ad arbitrare in due, quello che è in campo e quello che è al Var. “L’arbitro del futuro non sarà più noto così (per le sviste, ndr) perché sarà semplicemente più giusto”.
Sul fatto che se l’arbitro non ha dubbi e di conseguenza è inutile che vada a rivedere le immagini al Var Casarin ha commentato: “Vuole dire che è un uomo senza dubbi e qualche volta succede che abbia ragione perché non si sbagliano tutte le cose che si fanno, però, se non ha dubbi e sbaglia clamorosamente siccome è un professionista magari dopo gli facciamo fare un po' di riposo così i dubbi gli vengono”.
Sollecitato sul fatto che dovrebbe essere l'arbitro addetto al Var a richiamare l'attenzione dell'arbitro in campo nel caso di falli dubbi sui falli Casarin ha ricordato che: “Se l'arbitro in campo è categorico e dice di aver visto perché era nella miglior posizione è difficile che il Var possa sovrapporsi perché la decisione ultima spetta all'arbitro in campo al termine anche di un percorso comune, quindi, se è sicurissimo di ciò che ha visto ci si trova di fronte a un arbitro che non capisce un granché”.
Casarin è anche intervenuto sul protocollo del Var e ha detto: “Pur capendo il disagio dei presidenti che si sentono danneggiati bisogna pensare che al di là di una resistenza burocratica, che esiste, anche se la Fifa (Fédération Internationale de Football Association, federazione internazionale che governa gli sport del calcio; ndr), che fa parte dell'Ifab (International Football Association Board, organo internazionale che ha il potere di stabilire qualsiasi modifica e innovazione delle regole del gioco del calcio a livello internazionale e nazionale, vincolando alla loro osservanza tutte le federazioni, organizzazioni e associazioni calcistiche, che svolgono il calcio a livello professionale e dilettantistico, escluso il solo livello amatoriale; ndr), è quella che ha lanciato il Var nel Campionato del Mondo esiste un disagio perché il calcio è una roba complessa, è giocato in novecento paesi e molti la pensano in maniera diversa, però, c'è la realtà delle cose che va presa in esame. Bisogna che qualcuno, al di là di questi fogli di carta che non vogliono dire nulla, cioè il protocollo non è la regola del gioco, ma è una procedura che è stata fatta per inserire una cosa nuova (il Var, ndr). Questa cosa nuova è rivoluzionaria perché ha sistemato le linee di fondo cioè i gol, i fuorigioco che sono situazioni complesse e magari su questo faranno dei ritocchi, ma il fuorigioco con la tecnologia è spietato. E poi ci sarà il tempo effettivo perché a forza di Var quando si giocheranno 12-13 minuti di recupero scatterà, con i tempi del calcio, il tempo effettivo ecco chi rimane in mezzo? L'uomo, che è quello che decide soggettivamente. L'uomo non è uno solo, ma sono due e uno di questi ha la tecnologia. Non possono scappare. Uno non può più dire “Ho visto bene” se l'altro gli dice che ha preso una cantonata, quindi, si deve andare a vedere e viceversa. Ad esempio Abisso, l'arbitro di Inter-Udinese, non aveva visto, e mi pare evidente perché stava correndo a metà campo, un fallo di mano da ammonire, ma chi era al Var, mi sembra se non sbaglio Calvarese, lo ha chiamato dicendoglielo e così Abisso è andato al monitor e ha concesso il rigore. Chi ha perso? Non ha perso nessuno, ma ha vinto la regolarità della partita”.
Ribattendo a Preziosi, che lamentandosi anche lui per torti subiti e mancanza di revisione delle immagini da parte dell’arbitro aveva dichiarato che così si favorisce la cultura del sospetto, Casarin ha puntualizzato: “Preziosi mi scusi, ma sto dicendo quello che dice lei”. 

Il fallo in area su Falque in Torino-Roma sul punteggio di 0 a 0 (risultato finale di 0 a 1 per i giallorossi), il gol annullato e regolare a Berenguer in Udinese-Torino per il fischio dell’arbitro anticipato che ha impedito di rivedere le immagini sul punteggio di 0 a 0 (risultato finale 1-1), la trattenuta all’89 in area su Izzo in Bologna-Torino sul punteggio di 2 a 2 (identico il risultato finale), il fallo in area su Belotti al 93’ in Torino-Fiorentina sul punteggio di 1 a 1 (identico il risultato finale), il fallo in area su Belotti nel finale di Torino-Parma sul punteggio 1 a 2  (identico il risultato finale) e gli ultimi due episodi in Torino-Juventus al 6’ la spinta in area di Matuidi a Belotti che stava saltando ed è stato sbilanciato mentre di testa stava per colpire la palla e spedirla in rete sul punteggio di 0 a 0 e all’8’ la trattenuta in area di Alex Sandro ai danni di Zaza sempre sul punteggio di 0 a 0 (risultato finale di 0 a 1 per i bianconeri) non hanno ottenuto e non otterranno mai giustizia, ma quanti altri episodi dovranno danneggiare il Torino facendogli perdere punti per colpe non sue? Gli arbitri vogliono forse essere i responsabili di un campionato falsato? Non consultare il Var commettendo ripetutamente errori fa perdere di credibilità e affossa il calcio perché i tifosi, che sono i clienti, se continueranno a vedere errori arbitrali finiranno per disamorarsi e allontanarsi dal calcio e senza il calcio non esisteranno neanche gli arbitri. La tecnologia c’è e non può essere considerata un nemico, quindi, va utilizzata come prescrive il protocollo e se il campo evidenzia altri fattori di criticità anche le linee guida devono essere modificate in modo che le partite si svolgano nel rispetto delle regole eliminando così sospetti in modo che non si parli più di sudditanza o peggio ancora si arrivi a pensare alla malafede.