Limpotenza: Non riusciamo a capire cosa sbagliamo
Le parole di Valerio Di Cesare “Non riusciamo a capire cosa sbagliamo”, dette alla fine della partita con il Vicenza, suscitano un moto di tenerezza nei confronti dell’uomo che con disarmante sincerità ammette l’impotenza sua e dei suoi compagni, ma al contempo fanno montare una rabbia sorda che proviene dal profondo dalle viscere e solo la razionalità e l’educazione, che impongono di non lasciarsi andare alla becera e inutile violenza, impediscono di prendere a calci nel sedere tutti i granata. L’impotenza appunto. Il peggiore dei mali. Molto peggio del menefreghismo. Molto peggio del sabotaggio. Peggio perché porta all’immobilismo psicologico che il tempo trasforma in paura, che frena non solo la testa, ma anche le gambe. Rimedi immediati all’impotenza non ve ne sono, solo il tempo e la pazienza possono guarirla. Ma tempo non ce n’è più. Anzi di tempo ne è stato sprecato fin troppo e la pazienza è esaurita.
Soluzioni? A questo punto paiono tutte una roulette russa, vale a dire un azzardo potenzialmente letale: si carica la rivoltella con un solo proiettile, si fa ruotare velocemente il tamburo e si chiude la pistola senza guardare, poi la si punta alla tempia e si preme il grilletto. Non c’è il proiettile sei vivo, c’è il proiettile sei morto. Esattamente come cambiare l’allenatore: dà la scossa, annullando l’impotenza e il Toro smette di collezionare errori fatali e magari alla fine riesce pure ad agguantare i playoff; non dà la scossa e si continua a ripetere per altre dodici volte partite uguali alle prime trenta e si finisce il campionato a metà classifica di serie B.
Lerda, confermato alla guida del Torino da Cairo, ripete come un mantra: “Abbiamo sbagliato troppo”, “Io ho voglia di continuare a combattere. Credo in questo gruppo, credo nelle loro qualità tecniche e morali”, “Ne verremo fuori”, “Si deve fare di più, curando ancora meglio i piccoli particolari che sono poi quelli che fanno la differenza”. Che il ciel lo aiuti. Il Livorno è alle porte e Novellino vorrà fare bene davanti a quello che fu il suo pubblico e poi deve anche assolvere al compito per il quale è stato ingaggiato, ovvero portare gli amaranto a disputare i playoff.
Un discorso a parte va fatto per gli episodi arbitrali. Non può essere un alibi per il Toro e non lo è, ma per giustizia va fatto. Nell’arco del campionato gli arbitri e gli assistenti in qualche occasione hanno usato un metro di giudizio non univoco. Al Toro sono stati dati contro rigori discutibili e per episodi analoghi non sono stati assegnati tiri dagli undici metri. Episodi che hanno influito sul risultato finale delle partite nelle quali sono avvenuti. Cairo e Petrachi, ovvero i vertici della società, non sono andati in conferenza stampa a lamentarsene. Ma se questo fa loro onore, alla lunga rischia di divenire una debolezza societaria. Riguardare tutte le partite fin qui disputate e confezionare un dvd con gli episodi che hanno danneggiato il Torino e poi portarlo a Marcello Nicchi, presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, e a Roberto Rosetti, responsabile del Can di B, sarebbe giusto. Ai vertici arbitrali non andrebbe chiesto di essere compensati per i torti subiti, ma si dovrebbe pretendere che nelle restanti dodici partite il Torino non subisse più neppure una decisione arbitrale che possa dar adito ad un piccolo dubbio. Una ferma richiesta di questo tipo è obbligatoria per una società seria, che vuole essere rispettata.