La lucida analisi di Sirigu e il botta e risposta fra Immobile e Cairo: il Toro merita il primo non l’altro scenario
Il Toro è salvo, ma è da rifondare da cima a fondo dopo due annate che hanno visto la squadra granata inanellare record negativi e sconfitte umilianti passando dai preliminari d’Europa League a due soffertissime salvezze racimolate a due e a una giornata dalla fine dei rispettivi campionati. I colpevoli sono quasi tutti, si salvano solo Moreno Longo e Davide Nicola chiamati a evitare la B e accorsi al capezzale di una squadra allo sbando e riusciti nell’impresa tra mille difficoltà grazie alle proprie forze e alla ferrea volontà di non far naufragare se stessi e il Toro. E alcuni giocatori hanno contribuito alle due salvezze impegnandosi molto più di tanti altri, anche se non sempre ci sono riusciti fino in fondo.
Chi ha preso le decisioni, quindi a iniziare dal presidente Urbano Cairo, è inevitabilmente il maggior responsabile della deriva del Torino. E adesso è lui che deve dimostrare che ha la capacità di risollevare il Torino. Sia chiaro, nessuno gli chiede di allestire una squadra che vinca il campionato o che lotti per la Champions e neppure che alla fine della prossima stagione arrivi in Europa League perché le cose vanno fatte per gradi e con una programmazione ragionata e coerente con i fatti che sono scelta di dirigenti competenti ai quali vanno dati obiettivi e budget e poi lasciati liberi di fare il loro lavoro e se non si rivelano all’altezza rimossi. Scelta dell’allenatore che deve essere ascoltato sulla scelta dei calciatori che servono al suo sistema di gioco e agli obiettivi da raggiungere e anche in questo caso se non ingrana va prontamente esonerato. Ed infine la scelta dei giocatori che non devono concepire il Torino come vetrina per mettersi in mostra in modo da approdare poi altrove in cerca di fama e soldi. Non ultimo, terminare la costruzione del Filadelfia portandovi anche il Museo del Toro come da tempo programmato e non ancora realizzato, iniziare e portare a termine nel più breve tempo possibile la ri-costruzione del centro d’allenamento per le giovanili, il Robaldo, e strutturare il vivaio in modo che torni a sfornare giocatori che poi formino lo zoccolo duro della prima squadra consapevoli di quali sono i valori granata e che cos’è il Toro, quindi, in grado di onorare entrambi.
Delle pochezze dell’ultimo periodo del Torino Fc è emblematico il botta e risposta fra l’ex giocatore Ciro Immobile e il presidente Urbano Cairo, andato in scena ieri sera al termine del pareggio con la Lazio. Dai due post si evince chiaramente che il giocatore ha utilizzato il Torino per rilanciarsi e il presidente ha scelto per due volte un giocatore che aveva bisogno di lasciarsi alle spalle due periodi negativi. La scelta sbagliata del presidente è stata non tanto la prima, ma la seconda poiché già sapeva che Immobile dopo aver dato l’addio al Torino senza mostrare gratitudine e avendo fatto male altrove aveva chiesto di ritornarvi in quanto gli serviva come trampolino di lancio. E pur non avendo fatto bene come la prima volta sfruttando l’occasione di andare verso altri lidi lo ha subito fatto. Una squadra in generale non si costruisce su calciatori che hanno bisogno di rilanciarsi, ma su elementi validi che possono farla crescere in modo duraturo e, soprattutto, non si danno seconde chance a chi già una volta non ha voluto sposare fino in fondo la causa.
Il post di Immobile: “Tutti sanno chi è Ciro Immobile. Dentro il campo, e soprattutto fuori. Posso accettare le critiche al calciatore, non gravi offese diffamatorie all’uomo che sono. Soprattutto se quest’ultime arrivano da dirigenti del mondo del calcio. Al termine della partita di questa sera il Presidente del Torino Urbano Cairo mi ha raggiunto all’ingresso dello spogliatoio della Lazio iniziando ad offendermi, a scagliarsi verbalmente nei miei confronti rivolgendomi gravi accuse infamatorie, accusandomi di aver giocato la partita con “il sangue agli occhi”, e altre cose riguardanti anche la gara d’andata di questo campionato disputata contro il Torino, arrivando perfino a dirmi che ho giocato quella gara positivo al COVID. Non smetterò mai di ringraziare il Presidente Cairo per avermi dato la possibilità di consacrarmi nel Torino come calciatore, ma non posso sorvolare su un episodio che oltrepassa la dimensione calcistica. Tutti sanno chi è Ciro Immobile; un calciatore, sì, ma soprattutto un uomo rispettoso delle regole e dei principi della lealtà. Non posso tollerare ingiurie ed infamie che diffamino, senza alcun valido motivo, la mia persona.
Ciro Immobile”
La replica di Cairo: “Ciro Immobile mi ha attaccato dal suo profilo Instagram dopo la partita con la Lazio . Ho risposto al suo post e pubblico il testo anche qui . Ciro Immobile mi accusa di averlo affrontato a fine gara e sostiene che tutti sanno chi e’ Ciro Immobile. Ebbene ...: “ Anch’io so chi e’ Ciro Immobile . Un calciatore che è venuto al Torino dopo un campionato deludente al Genoa per rilanciarsi . Ventura gli ha dato fiducia e lui ha fatto bene al Toro . Io pensavo che rimanesse volentieri almeno un altro anno e lui , Ciro Immobile, invece ha fatto il diavolo a quattro per andare al Borussia Dortmund. Ha avuto un altra stagione deludente e il Borussia lo ha prestato al Siviglia. Anche li , Ciro Immobile, non è andato bene e allora mi ha telefonato e mi ha chiesto per favore di tornare al Toro . Io , che gli ero affezionato, l’ ho accontentato. Ha fatto un girone di ritorno non molto brillante, ma io che ,ci tenevo molto a lui ,lo avrei voluto riscattare comunque. Ma lui, Ciro Immobile, questa volta nn mi ha chiamato personalmente, ma mi ha fatto dire dal suo procuratore, che per motivi personali non poteva restare a Torino. E allora non l’ho riscattato perché ho capito chi e’Ciro Immobile...”.
Ieri sera, per fortuna, è andata in scena anche l’intervista di Salvatore Sirigu che anche lui è arrivato al Torino per rilanciarsi dopo la fine della sua avventura al Paris Saint Germanin e i passaggi al Siviglia e all’Osasuna. Il portiere al Torino ha fatto benissimo fino al termine della scorsa stagione poi in lui forse si è rotto qualche cosa perché non ha visto in tutti il suo stesso impegno e ha meditato, o forse anche di più, di andare via, ma la cosa non si è concretata ed allora avendo un contratto è rimasto però le sue prestazioni in questa stagione sono state altalenanti e, va detto con franchezza, non all’altezza di quanto aveva fatto vedere in precedenza. Bisogna però dire che ieri sera, e anche in qualche altra partita come ad esempio in quella con il Verona non tanto tempo fa, sono state le sue parate a garantire il pareggio e la salvezza proprio quando ce n’era più bisogno. E’ vero che anche i pali lo hanno aiutato sia sul rigore di Immobile sia sul tiro di Lazzari, ma come si suole dire aiutati che il ciel ti aiuta. La lucida analisi dei problemi del Torino che poi Sirigu ha fatto è sinonimo di quanto lui, che è uno che parla poco ma ragiona e bene, sia un giocatore che serve al Torino e che andrebbe ascoltato e si comprende anche perfettamente che se qualche volta in campo o in allenamento se l’è presa con i compagni ne aveva ben donde e magari se ha detto anche qualche parolina ai dirigenti o al presidente che non è piaciuta molto tutti i torti non li aveva. “E’ normale che ce la stiamo godendo e che la godremo anche dopo – ha esordito così il portiere granata nel commentare la salvezza raggiunta -. Io cerco di razionalizzare un po’ perché oggi, stranamente, ero molto teso prima della partita, ma dal riscaldamento in poi sono stato molto razionale e sono ancora in quella fase dentro la partita, forse non lo so, e per il momento sto pensando a un po’ di cose”. Alla domanda del giornalista sul fatto che si era parlato molto di psicologia e di mente in queste ultime settimane, qual è stato il problema e qual è stata la forza di questa sera? Sirigu ha allora iniziato la sua analisi dei problemi del Torino: “Forse ci ha tradito un po’ la parte mentale che ci è mancata e, probabilmente, è anche subentrata un po’ di paura. Ci sono varie componenti che dovremo cercare di analizzare bene ora che è finita la stagione e si ha anche il tempo materiale di assimilare tutto e metabolizzare e ripartire. Cosa che l’anno scorso non è tanto successa per vari motivi, per questa pandemia, per i calendari diversi rispetto al normale. Siamo andati incontro a diverse difficoltà, purtroppo, e ce ne siamo assunti completamente la responsabilità. Nel calcio sono cose che succedono però è innegabile che quando una squadra come il Torino si trova a doversi salvare a una partita dalla fine con una partita quasi decisiva devi capire che cosa è andato storto e devi capire come migliorare le cose che non sono andate, anche se ci metti buona volontà. E Bergomi, uno che di calcio e di dinamiche calcistiche se ne intende, dallo studio gli ha detto che era stato il leader della squadra e adesso ci hai anche spiegato il motivo perché questa tua tranquillità o questo tuo mood di partita lo hai trasmesso a tutta la squadra con interventi e hai dato sicurezza a tutto il reparto anche se ha rischiato molto la tua squadra. E poi gli ha chiesto ma ti sei dato una risposta sul perché si è arrivati a fare questo tipo di stagione? E lui ha risposto: “Sono una persona che analizza moto a bocce ferme, credo che dall’anno scorso dove facemmo 27 punti all’andata e facemmo molto bene, poi avemmo delle difficoltà soprattutto dopo aver perso sette a zero con l’Atalanta. Quella è stata una massacrata e mi sono accorto che dopo esserti reso conto che si è così vulnerabili entrare in campo è molto, molto diverso. Ogni volta che gli avversari attaccanti sono un pochino più in palla di te e non vuoi prendere gol, ma la paura subentra nelle gambe. Ed è la cosa che è successa l’anno scorso e che portò anche, purtroppo, all’esonero di Mazzarri. Era una squadra che non reagiva e la pandemia …”. Interrotto dal giornalista che gli ha chiesto basta una partita, seppure così pesante nel risultato, a condizionare le prestazioni successive? Ha detto: “E’ iniziato da lì e sono iniziate a subentrare delle cose mentali che prima non avevamo. Entravamo in campo con un atteggiamento diverso. Poi c’è stata la pandemia, ci siamo fermati tanto. Abbiamo ripeso senza capire quando dovevamo rigiocare e quando il campionato è ri-iniziato ci siamo resi conto che ci dovevamo salvare assolutissimamente perché dietro qualcuno faceva punti e la classifica cominciava ad accorciarsi. Ci siamo salvati comunque non dico tranquillamente, ma non immaginando di poter fare un finale di stagione così, io per primo, però ci siamo salvati tranquillamente. Lì non abbiamo avuto il tempo materiale perché, credo, che facemmo 14 giorni di vacanza e poi ripartimmo quasi subito con un allenatore nuovo, secondo me, cambiò solo l’allenatore e io ho molta stima in Giampaolo come allenatore ma, purtroppo, non eravamo una squadra pronta per lui. In quel momento eravamo una squadra un po’ malata e che aveva bisogno di essere curata da queste paturnie che continuavamo ad avere. Il nostro problema non era il gioco, noi siamo sempre stati giocatori che abbiamo fatti un modulo, aggressivi, che ripartivamo in contropiede e sviluppavamo il gioco in maniera diretta più che in maniera costruttiva. Abbiamo cercato di cambiare e d’impegnarci per cambiare il nostro gioco, ma il problema non era quello, ma, forse, la testa. I risultati aiutano, ma quando i risultati cominciano a non arrivare più ti fai ancora più domande, ancora più paure. La prima parte di stagione è stata molto, molto difficile. Poi, piano piano, ci siamo resi conto che dovevamo semplificarsi come squadra e a un certo punto ti guardi e dici ragazzi qua bisogna salvarci e pensare da piccola. E non è facile soprattutto quando hai in squadra tantissimi ragazzi che non hanno mai giovato e non sanno neanche che cosa significa salvarsi in Serie A. Giocatori di qualità, giocatori forti, ma che si trovano lì e magari la partita che non devi perdere la perdi. E ci si salva anche così, magari delle volte, capendo anche il momento, capendo la partita che vai ad affrontare e cercando di non perderla. In questo noi siamo mancati clamorosamente, purtroppo. E’ stato il nostro difetto quest’anno”.
Ha detto bene Bergomi sottolineando che Sirigu è un leader perché il portiere lo ha rimarcato a parole e con i fatti non facendo mancare il suo apporto nel momento cruciale. Mai nessuno pubblicamente aveva parlato come lui in tutto questo periodo così nero. Per quello che ha detto e per come lo ha detto Sirigu è leader vero, forse, molto più di tanti altri. Sicuramente ha sviscerato e compreso appieno quali sono i problemi del Torino e partire dalle sue parole servirebbe veramente per voltare pagina e imboccare una strada più consona alla storia granata. Chissà se sarà ascoltato e se nel Torino faranno di tutto per trattenerlo, uno come lui è evidentemente importantissimo. Sempre che lui voglia restare fidandosi di eventuali promesse che potrebbe ricevere sul rifondare la squadra e allestirla in modo che faccia almeno un campionato senza patemi arrivando nella prima parte della classifica.
Per vedere l’intervista di Sirigu cliccare sul seguente link:
https://sport.sky.it/calcio/serie-a/2021/05/19/lazio-torino-sirigu-intervista-video
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Per vedere il post di Cairo in risposta a quello di Immobile cliccare sul seguente link:
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