Il tetto al monte ingaggi del Torino oscilla tra il limite e la saggezza
Non fare il passo più lungo della gamba è un detto popolare che invita alla cautela e all’accortezza per evitare di compiere qualche cosa che va oltre le proprie possibilità. E’ una massima di buon senso sempre valida e se applicata alla gestione delle risorse economiche assume un valore, se possibile, ancora maggiore. Non si può, quindi, ritenere che se una società, nello specifico di calcio, s’impone un tetto al monte ingaggi faccia male, anzi, però, come in tutte le cose c’è sempre il rovescio della medaglia, infatti, c’è il rischio che questo tetto diventi un limite perché se qualche altro club offre emolumenti superiori i giocatori, ma anche gli allenatori, i dirigenti o qualunque altro dipendente sono tentati di andare da chi gli permette di guadagnare di più e molto spesso lo fanno.
In questi giorni il Torino è al centro di tira e molla da parte di Bruno Peres che in linea di massima ha accettato di ritornare in granata, ma che non vuole rinunciare allo stipendio base e ai bonus che gli garantisce la Roma in virtù anche del fatto che i giallorossi disputano la Champions e mirano allo scudetto e di conseguenza elargiscono premi, in caso di raggiungimento degli obiettivi prefissati, di non poco conto. In queste situazioni di tira e molla poi s’inseriscono altre società, nel caso di Peres il Besiktas, che sono disponibili ad offrire di più e spesso soffiano il giocatore che, come dargli torto, si accasa da chi gli dà uno stipendio superiore. Ovviamente il Torino non fa altrettanto perché vuole mantenere i suoi conti in attivo e non dispone delle entrate che hanno le società che disputano le coppe internazionali o che si piazzano ai primi posti della classifica, piazzamenti che garantiscono anche maggiori introiti dagli sponsor, dal marketing e dagli incassi al botteghino.
Altro esempio d’attualità tra il limite e la saggezza del tetto al monte ingaggi sono le sirene del Napoli che stanno cercando di convincere Sirigu a lasciare il Torino, anche in questo caso il club partenopeo elargirebbe al portiere granata e della Nazionale uno stipendio superiore oltre alla possibilità di disputare la Champions e di lottare per lo scudetto.
Non è la prima volta che il Torino si trova in situazioni di questo tipo e, sia ben chiaro, nessuno pretende che la società granata faccia il passo più lungo della gamba, ma avere una certa flessibilità non guasterebbe. Se un giocatore è oggettivamente forte e può contribuire concretamente a far fare il salto di qualità alla squadra allora in via eccezionale il limite del monte ingaggi va assolutamente messo da parte e si deve concedere uno stipendio base e bonus superiori. Lo si deve fare senza temere che poi gli altri giocatori chiedano adeguamenti o che potenziali nuovi pretendano anche loro di più, a tutti questi va detto chiaro e tondo che non essendo così forti non meritano più di quello che hanno ottenuto o che gli viene proposto. La deroga al limite del monte ingaggi va fatta solo sulla base dell’oggettiva meritocrazia. Va da sé che se un giocatore non è così forte allora sforare il limite del monte ingaggi non ha senso, ma allora perché incaponirsi nel cercare d’ingaggiarlo quando si può trovarne un altro di valore tecnico equivalente e che magari non pretende uno stipendio da giocatore di qualità superiore? Nel caso, invece, di giocatori che hanno dimostrato di saper fare la differenza e che vengono contattati dà chi offre loro di più uno sforzo economico va fatto altrimenti si rischia di perderli e d’indebolire la rosa anziché rafforzarla.