E se la vera prova di crescita fosse proseguire senza Ventura?
Premessa: non si vuole assolutamente dire che Ventura deve andare via dal Torino, che sia ben chiaro e fin da subito. Ma quando si arriva a certi punti è doveroso capire l’assoluto valore del tutto, e per tutto è inevitabile che per prima si testi la società, dalla quale dipende, nel bene come nel male, il futuro. Ventura è alla quarta stagione sulla panchina del Torino ed è riuscito ad ottenere risulti che altri allenatori prima di lui non avevano centrato, magari non per totali loro responsabilità, ma anche solo per non essere riusciti ad ottenere dalla società libertà nella gestione del lavoro e in buona parte giocatori con le caratteristiche che servono all’impianto di gioco. Tutto questo va comunque ascritto fra le difficoltà dei mister che hanno preceduto Ventura sulla panchina del Torino e di contro altare fra i meriti dell’attuale allenatore. L’avere un’idea precisa di cosa la squadra debba fare in campo e il riuscire a valorizzare più giocatori sono dati di fatto che attengono alle capacità di Ventura e su questo non si discute, così come vanno messi nel conto i suoi difetti, ma chi non ne ha?
Ora però il Torino è chiamato alla decisione forse più importante dell’era Cairo: fare un passettino avanti e diventare un club che con continuità frequenta i posti che contano in classifica oppure assestarsi dignitosamente a metà graduatoria vivendo con tranquillità, ma senza particolari ambizioni. E’ evidente che i tifosi vogliano solo ed esclusivamente la prima possibilità. Sta però alla società, e diciamola tutta a Cairo, decidere se c’è la forza e la volontà economica e gestionale per fare quel fatidico passettino in avanti. Se il presidente decidesse che è possibile allora come prima cosa deve capire se proseguire con Ventura oppure se testare e testarsi con un altro allenatore. Mantenere Ventura avrebbe come naturale conseguenza innalzarlo a principale artefice dell’attuale rinascita del Torino, cambiare mister sarebbe senza dubbio un’incognita, ma permetterebbe di valutare se a prescindere dai singoli - che siano calciatori o membri dello staff tecnico, quindi in primis l’allenatore - il salto di qualità interno è una realtà perché ormai ci sono basi così solide da cambiare gli addendi senza mutare il risultato finale. Partiti Cerci e Immobile sembrava difficile che la squadra potesse ripetersi, ma dopo un periodo di assestamento, non senza difficoltà, gli addii eccellenti sono stati superati e oggi in classifica il Torino ha tre punti in più rispetto allo scorso anno dopo ventinove giornate e il percorso fino agli ottavi di finale in Europa League, quindi al momento la squadra ha fatto meglio.
Il Torino senza Ventura riuscirebbe ad ottenere almeno gli stessi risultati? Non è una domanda campata in aria o un tentativo di sminuire i meriti dell’attuale mister o peggio ancora, come pensano i maligni che fingono di essere dalla parte del Toro, un tentativo di destabilizzare, è invece un interrogativo doveroso che guarda al futuro e che tiene conto che il mister ha sessantasette anni e che ci sono società che stanno pensando, se non lo hanno già fatto, di fargli offerte per averlo alle proprie dipendenze. Ragionare con calma e serenità quando non si è pressati dall’incombenza del tempo è propedeutico alla buona gestione che implica accurata ed oculata programmazione, sempre mettendo al primo posto il bene del Toro. S’invoca da più parti che il Torino deve trattenere i giocatori migliori, magari arrivando a cederne uno per fare cassa mantenendo i conti in ordine e avere il denaro per aggiungere qualche altro calciatore di maggiore qualità per ottenere di più, allora è altrettanto giusto riflettere se Ventura è da trattenere a tutti i costi oppure se è giunto il momento per prendere un nuovo mister di altrettanto valore o, perché no, anche superiore. Riflettere non vuol dire mandare via, che sia ben chiaro a tutti.