C'è la certezza: il Toro resta in A, pari con il Chievo
Nella giornata che sancisce i verdetti relativi alla retrocessione, prima ancora che inizi la partita fra Napoli e Siena il Torino, grazie al pareggio con il Chievo e alla contemporanea sconfitta del Palermo ad opera della Fiorentina, ha l’aritmetica certezza, con una giornata d’anticipo, di restare in serie A, infatti oltre al Pescara sono il Siena e il Palermo a scendere in serie B.
Che dire della gara con il Chievo, sicuramente sul piano del gioco è stata un pelino superiore a quella con il Genoa, ma ci voleva anche molto poco, ed è stata condita da un gol per parte, Théréau (10’) e Cerci su rigore (19’), e da tre belle parate di Puggioni, per il resto, avrebbe detto Franco Califano, è stata noia, non per nulla in più occasioni si sono sentite le urla di Ventura che dava ordini ai suoi giocatori poiché non era del tutto soddisfatto di quello che facevano o di come eseguivano le sue consegne.
A inizio gara il Chievo ha provato a sfruttare le corsie laterali perché in mezzo al campo di spazi non ce n’erano. Il Torino è stato attento a chiudersi bene e ha provato a ripartire, però troppo spesso errori da parte di entrambe le squadre hanno permesso all’avversario di impossessarsi della palla, ma nonostante le difese non siano sempre state impeccabili concedendosi distrazioni evitabilissime, soprattutto quella del Chievo, gli attaccanti non sono stati scaltri da approfittarne. Il gol dei padroni di casa è scaturito da una dormita della difesa granata e dal fatto che per due volte di seguito Di Cesare è scivolato così Théréau ha indirizzato il tiro sul secondo palo e la palla dopo averlo colpito è finita dentro la rete. Il gol del pareggio del Torino, invece, è stato causato da un fallo senza senso commesso da Dainelli su Ogbonna che su sviluppo da calcio d’angolo stava per uscire dall’area clivense palla al piede per trovare lo spazio per reimpostare la manovra offensiva. Il rigore è stato sacrosanto. Detto dei due gol, da segnalare ci sono tre parate importanti di Puggioni, il migliore in campo. Al 18’ Ogbonna imposta e innesca Cerci che al limite dell’area riesce a far pervenire la palla a Basha che va al tiro, ma il portiere del Chievo è bravo a spedire la sfera sul fondo. Sul conseguente calcio d’angolo Di Cesare prova il tap-in, ma ancora una volta Puggioni si supera e respinge. Al 66’ Cerci salta un avversario ed entra in area e il portiere del Chievo in uscita impedisce che la palla appena tirata dal granata finisca in porta. Qualche altra occasioncina c’è stata sia per il Chievo sia per il Torino, però o la mira ha difettato o l’azione non si è concretizzata con il tiro finale.
Nel secondo tempo, complice il fatto che la Fiorentina era passata in vantaggio sul Palermo, la partita è scesa ancor di più d’intensità e per larghi tratti le squadre non proponevano manovre offensive degne di questo nome, solo qualche giocata dei singoli ha provato a spostare il baricentro del gioco verso le aree di rigore, in più di un’occasione il Chievo stava sulla trequarti senza andare a pressare la difesa granata. Il Torino dal canto suo non risultava così determinato quando provava a portarsi dalle parti di Puggioni.
Bisogna dirlo chiaro e tondo che essendo stato raggiunto l’obiettivo stagionale ci sono dei meriti da parte di tutti: della società che ha allestito una squadra qualitativamente sufficiente per raggiungere la salvezza; dell’allenatore che a tratti ha saputo conferire alla squadra gioco e che soprattutto è riuscito a mettere il gruppo nella condizione di provare ad affrontare qualsiasi avversario; dei giocatori che si sono sempre impegnati e sacrificati mettendo in secondo piano la ricerca del successo personale per il bene della squadra. Riconosciuti i meriti però, per onestà, va anche detto molto chiaramente che di questo campionato nessuno può parlare in termini trionfalistici. Limiti collettivi e individuali ci sono stati e sono per buona parte conseguenza di scelte compiute sia nel mercato estivo sia in quello invernale. Ci sono state partite che potevano raggiungere risultati migliori e per conseguirli sarebbe bastato che in campo ci fosse più grinta e determinazione, che si sfruttassero di più le caratteristiche tecniche di certi giocatori, oltre che si utilizzasse prima il 5-3-2 o 3-5-2, che dir si voglia, perché il 4-2-4 o anche il 4-3-3 lasciava il centrocampo in inferiorità numerica creando squilibrio sia alla manovra offensiva, rendendola poco efficace, sia a quella difensiva, ponendola nella condizione, soprattutto nella seconda parte della stagione, di essere troppo vulnerabile.
Per chiudere la stagione manca la gara con il Catania e domenica sera si spera che Ventura mandi in campo quei giocatori che finora hanno trovato pochissimo spazio e che hanno il diritto di potersi mettere in luce almeno in quest’ultima gara. Bakic, Menga e Diop in modo particolare sono giovani che non sono, chi mai e chi pochissimo, stati utilizzati, è evidente che se lo saranno con il Catania non potranno essere giudicati solo per una gara. Per loro dimostrare che sono all’altezza di giocare in serie A è impossibile, ma va assolutamente tenuto conto che non gli è stata data l’opportunità e questo deve far riflettere molto accuratamente la società che per la prossima stagione deve decidere se e quanto può puntare sui giovani, soprattutto se l’obiettivo sarà, come ha detto molte volte mister Ventura, quello di posizionarsi stabilmente nella prima parte della classifica.
La permanenza in serie A è il primo passo, confermarsi non è mai semplice e migliorarsi comporta una programmazione fatta di scelte ben precise e tutte univoche e investimenti in linea con l’obiettivo.
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