Al centrocampo del Torino servono giocatori di primo livello
Una costante comune del Torino degli ultimi anni è stata l’avere un centrocampo formato, magari anche da alcuni giocatori che s’impegnavano e ce la mettevano tutta, ma che erano più di quantità che di qualità. Questo ha avuto ripercussioni sui risultati, che hanno permesso alla squadra di assestarsi a metà classifica, però, di non riuscire ad andare oltre. Si può avere una difesa solida finché si vuole e anche un attacco prolifico, ma se il centrocampo non ha giocatori di buon livello è molto difficile raggiungere posizioni di classifica che permettano di disputare l’Europa League, tanto più se si vuole poi restarci in quelle posizioni oppure cercare di arrivare alla finale della Coppa Italia.
Da quando il Torino è ritornato in serie A, campionato 2012-2013, a centrocampo si sono susseguiti, citandoli in rigoroso ordine alfabetico, Acquah, Adopo, Ansaldi, Aramu, Bakic, Barbosa, Barusso, Baselli, Basha, Bellomo, Benassi, Birsa, Brighi, Butic, Celeghin, Cerci, Comentale, D’Alena, De Feudis, De Silvestri, El Kaddouri, Farnerud, Gazzi, Gyasi, Gonzalez, Gorobsov, Graziano, Gustafson, Matera, Kurtic, Lukic, Nocerino, Obi, Bruno Peres, Ruben Perez, Prcic, Remacle, Rincon, Rossetti, Sanchez Miño, Santana, Stevanovic, Suciu, Tachtsidis, Valdifiori e Vives. Alcuni hanno dato l’anima, altri erano giovani del vivaio che sono stati chiamati solo ad allenarsi con la prima squadra magari anche aggregati nelle prime parti dei ritiri estivi, qualcuno ha fatto qualche capatina in campo ma soprattutto panchina, c’è chi ha giocato senza però incidere più di tanto o comunque solo a sprazzi, le meteore, non sono mancati gli infortunati, chi non aveva le caratteristiche adatte al gioco dell’allenatore e, infine, chi aveva grandi potenzialità ma non la testa per sfruttarle. In questi anni in panchina ci sono stati Ventura, Mihajlovic e adesso Mazzarri e la squadra si è posizionata sedicesima, settima con approdo in Europa League solo perché il Parma non aveva avuto la licenza Uefa, nona, dodicesima e due volte nona.
Dal passato bisogna trarre insegnamento se si vuole progredire. Continuare ad avere un centrocampo al massimo di giocatori che danno l’anima, che incidono solo a sprazzi o che hanno potenzialità ma non la testa o il carattere non è sufficiente. Mazzarri sicuramente è consapevole di questo ed è scontato dire che vorrebbe centrocampisti che abbiano come caratteristiche insite in ognuno sia il saper rompere il gioco degli avversari sia il proporre l’azione in fase di possesso. Ora tocca a Cairo e Petrachi consegnare al mister giocatori di questo tipo.